XXXIII. Disintegrato

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Quando giunse a corte cercò disperatamente di ascoltare le voci di corridoio delle serve, doveva capire se il peggio era accaduto. Il pensiero che il suo Re fosse morto la distruggeva.

Le serve però non erano d'aiuto. Myra si sentiva sprofondare in una fossa, sentiva il suo fiato farsi più corto mentre arrancava nel fango e sentiva che qualcosa la tirava giù fino a impedirle di vivere. Nessuno sapeva nulla, nessuno parlava.

Iniziò a mordersi le labbra facendosele sanguinare in preda allo sconforto. Rifletté d'un tratto sulla sua vita: aveva dato tutta la sua vita a lui. Non aveva più rivisto la sua famiglia, neppure suo fratello e non si era mai sposata pur di restare accanto a lui. L'aveva visto sposarsi e mettere al mondo dei figli di cui si era occupata con amore. E adesso era disperso o molto più probabilmente morto.

Pianse fino a quando gli occhi si gonfiarono e il naso iniziò a farle male a causa dei fazzoletti di stoffa che stava riempiendo di muco.

D'un tratto nella sua testa si insinuarono pensieri orridi: non aveva più senso per lei vivere. Perché doveva continuare a restare lì se non aveva più uno scopo? Chi era davvero? Perché era disposta a tanto per lui?

Il suo dilemma esistenziale proseguì e vide davanti a sé tanti scenari possibili e realizzabili: pensò di salire sulla torre più alta della fortezza rossa e lasciarsi cadere, pensò di strozzarsi con una corda, pensò di pugnalarsi dritto nel cuore.

Il cuore, che ironia. Lei non sentiva più di averlo. Era come se si fosse lacerato nel corso degli anni e non sentiva più il suo stesso battito.

Una mano si posò sulla sua spalla facendola sobbalzare, poi si girò e incontrò gli occhi verdi della sua amica e collega dai capelli rossi.

- Non essere in pena. Lui è qui... ed è meglio che tu vada. - sostenne lei con voce calma.

Myra aggrottò le sopracciglia. Come faceva a sapere ciò a cui stava pensando? Si asciugò le lacrime con la manica del vestito marrone e piantò gli occhi in quelli dell'altra per capire se stesse dicendo la verità.

- Ha bisogno di te. E non spaventarti quando lo vedrai... è cambiato molto stando a ciò che ho sentito. Si dice anche che il maestro Orwyle sia già all'opera. È nella sua stanza. - spiegò lei. Ma Myra era già balzata in piedi, come guidata da una potenza irrefrenabile.

La giovane serva non vide in che modo il Re era stato trasportato nella Fortezza Rossa, all'insaputa di tutti. Non seppe mai che fu chiuso all'interno di una banale cassa mentre esso ancora si contorceva dal dolore e che qualcuno per celarlo al meglio aveva disposto dei panni sporchi al di sopra.

Quando entrò nella stanza del Re spalancò la porta facendola cigolare. La scena che le si parò davanti fu per lei surreale; la regina reggente Alicent era al capezzale di suo figlio. Non pianse, non gridò. Era solo lì, che lo guardava. Quando la regina voltò il capo e si accorse di Myra, le due rimasero in silenzio.

Alicent rimase per un lungo momento immobile, gli occhi sbarrati per la sorpresa di vedere Myra nella stanza. Sembrava assuefatta dai pensieri che le vorticavano nella mente. Forse si chiedeva come aveva fatto a entrare o chi l'aveva informata. Forse prese perfino in considerazione l'idea di cacciarla, di dirle di sparire ma non trovò la forza per farlo. Forse, in fondo al suo cuore spezzato, comprendeva che la giovane donna aveva il diritto di essere lì.

Era la prima volta che si guardavano negli occhi dopo anni. Myra aveva sempre evitato la regina, nascondendosi dietro la protezione che Aegon le riservava. Nessuno sapeva del fatto che il re le aveva concesso delle giornate libere o che le lasciava delle monete.

Infine, Alicent sospirò profondamente, abbassando lo sguardo sul figlio che giaceva immobile davanti a lei.
- Vieni avanti. - sussurrò, quasi sconfitta.
- Sapevo che sarebbe finita così. È stata la sua arroganza e la sua avventatezza a fargli questo. Non c'è nulla da fare, ormai. - disse con lentezza, si alzò e fece un passo indietro, lasciando il posto a Myra accanto al letto.

La serva avrebbe voluto dirle che non era stata la sua arroganza a prevalere. Aegon aveva combattuto senza avere esperienza perché credeva che solo in quel modo avrebbe meritato il trono di spade.

Prima di uscire la regina si fermò sulla soglia, voltandosi appena per mormorare con voce spezzata un sottile "mi dispiace".

Myra non capì a chi dei due fossero rivolte quelle parole, ma decise che in quel momento non le importava affatto.

Le parole della regina reggente rimasero sospese nell’aria, impregnando la stanza di una pesantezza che Myra avvertì nel profondo del suo essere. Si accostò con passo tremante al letto del re, il cuore che aveva ripreso a battere per la paura. Gli occhi le si riempirono di lacrime nel vedere le condizioni di Aegon.

Il lato sinistro del volto era segnato da ustioni profonde, la pelle viva e di un colore rosso intenso. L'occhio sinistro, gonfio e quasi chiuso, pulsava come a voler dimostrare un tentativo di riprendersi da quell'orribile tortura.

L'addome invece era stato fasciato da strati di bende per nascondere le conseguenze del fuoco di drago, con la pelle bruciata che sembrava ritrarsi per il dolore e l'orrore.

Le gambe di Aegon erano disposte in modo innaturale, una delle due era stata bendata e fissata a un'asta di ferro e sospesa in alto. Era chiaro che avesse più di qualche osso rotto. Ogni respiro che emetteva era accompagnato da un rantolo, un suono che lacerava l'anima di Myra.

La serva fu incapace di trattenere le lacrime che ormai le scivolavano copiose lungo le guance. Si abbassò, quasi temendo che un movimento brusco potesse spezzare qualcos'altro in quello che ormai non era più neanche un uomo. Con estrema delicatezza, prese la mano di Aegon, cercando di non toccare le aree bruciate. La sentì fredda e priva di forza, come se la vita stessa stesse scivolando via da lui.

Myra portò la mano del Re alle labbra, lasciando un bacio lieve, intriso di una devozione che nessuna parola avrebbe potuto esprimere.
Resta con me. Ti prego, Aegon. Resta.

Aegon non aprì gli occhi, né si alzò. Il latte di papavero lo aveva avvolto in un sonno profondo, un rifugio misericordioso dalle sofferenze che altrimenti lo avrebbero divorato. Myra rimase lì, accanto a lui, tenendogli la mano come se quel semplice contatto potesse infondergli la forza di cui aveva bisogno per sopravvivere.

Il mondo sparì dai pensieri di Myra. Aegon era vivo e lei doveva fare qualcosa per lui.
D'un tratto non c’erano più conflitti, né draghi, né ruoli o imposizioni sociali. Esistevano solo lei e il suo re morente, uniti in quell'ultima, straziante veglia.

I'm the King - Aegon II Targaryen Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora