XXXI. Disperazione

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Le candele tremolavano fioche lungo le navate del Tempio, creando un'atmosfera di pura spiritualità. Ogni passo di Myra risuonava in quello spazio sacro.

I suoi occhi scuri, velati dalla stanchezza e dalla disperazione, erano fissi sulle statue degli dei che la circondavano. Il viso della Madre, scolpito nel marmo, sembrava osservarla con una compassione che Myra non riusciva più a sentire.

Non era mai stata una fanatica religiosa. Non le era mai importato niente. Eppure, una piccola speranza era sempre presente in lei e la guidava verso scelte mirate.

Si inginocchiò davanti all'altare, le mani giunte e ben strette, le dita tremanti per il dolore che si celava nella sua mente e per il terrore che la stringeva come una morsa. Aveva aspettato tanto. Ogni giorno trascorso ad Approdo del Re era stato un tormento, un calvario di attese vuote e speranze infrante. La guerra portava via tutto, consumava ogni cosa, e ora c'era anche quella strana consapevolezza che aveva acquisito per colpa della sua collega. Sperava di sbagliare.

Aegon.

Immaginava le ali dorate di Sunfyre librarsi maestose nel cielo, illuminando la terra come un presagio di gloria e di ritorno. Ogni mattina, quando l'alba tingeva di rosso il cielo e Approdo del Re non era ancora del tutto sveglia, scrutava l'orizzonte, cercando quelle ali d'oro con una speranza febbrile, solo per poi trovarsi di fronte al vuoto.

Madre misericordiosa iniziò a pregare, con il capo basso.

Ti prego, fa che lui torni. Lui non è perfetto, ha commesso tanti errori, lo so, ma non merita la morte. Non ancora. Ti supplico, abbi pietà di lui, abbi pietà di me.

Ogni parola era un coltello che le scavava il cuore. Sapeva che Aegon non era un uomo giusto e che le sue debolezze gli avevano procurato molti guai. Tuttavia non era crudele, non era uno spietato assassino come suo fratello. E soprattutto, non era un guerriero.

Fa' che Sunfyre protegga il mio Aegon e che voli più veloce degli altri draghi. Fa' che voli alto e difenda il mio re con tutti i suoi denti e artigli.

Le sue mani non erano macchiate di sangue, il suo cuore era indurito dal dolore ma non era oscuro e privo di sentimenti.

Le aveva detto "ti amo" per la prima volta dopo sei anni. E il tono con cui lui l'aveva detto non lasciava intendere un suo ritorno. Era l'affermazione più potente di cui fosse capace, era la dichiarazione dei suoi sentimenti più esplicita e bella che potesse fare.

Myra non poteva perderlo. Si rese conto che l'unica cosa che voleva era proprio lui.

Ma nonostante tutto, Myra vedeva in Aegon una scintilla, qualcosa di vulnerabile e prezioso che il mondo intero non era mai riuscito a spegnere e probabilmente nessuno avrebbe mai notato. Era per quella scintilla che pregava, non solo per l'amore che provava, ma perché sentiva che, in qualche modo, lui poteva ancora essere salvato.

Le lacrime le rigavano le guance mentre il vento freddo dell'esterno si insinuava nel tempio, facendola rabbrividire. Guardò ancora il volto della Madre, poi accese una candela. In lontananza intravide la regina Alicent che pregava, probabilmente anche lei sperava nel ritorno dei suoi due figli.

Fu allora che lo sentì. Un ruggito lontano, profondo e risonante, che fece vibrare l'aria e il pavimento sotto i suoi piedi. Il cuore di Myra saltò un battito. Si alzò di scatto, correndo verso l'uscita del tempio con il respiro mozzato.

Riconosceva quel rumore. Era un drago. 

Uscendo nel cortile, vide l'intero cielo dominato da un'enorme ombra, le ali immense di un drago che oscuravano il sole. Ma non erano le ali dorate di Sunfyre quelle che vedeva. Erano scure, antiche, quasi sovrannaturali nella loro maestosità.

Vhagar.

L'enorme creatura sorvolava  le mura di Approdo del Re, il suo ruggito terrorizzava gli abitanti.

E su di lei, piccolo come un'ombra contro l'immensità di quel drago, c'era Aemond.

Myra poteva immaginare il suo viso affilato e austero, compiaciuto per la sua vittoria in guerra.

Myra lo osservò, il cuore stretto in una morsa di paura e angoscia.
Se Aemond era lì, dopo poco avrebbe visto Sunfyre tagliare il cielo e Aegon alzare la spada al cielo in segno di trionfo.

Ma la realtà colpì la serva come un colpo d'ascia: non c'era nessun segno di Sunfyre, nessuna traccia del drago dorato.

Dov'è Aegon?

Mise le mani a mo' di cannocchiale per scrutare meglio il cielo. Magari era solo troppo in alto per essere visto. Oppure si era solo fermato. Pregò e sperò di avere ragione, ma la consapevolezza arrivò prepotente e si abbatté su di lei.

Il cielo si faceva sempre più scuro, mentre Vhagar atterrava con una potenza che fece tremare la terra. Myra, in ginocchio, fissava la scena con occhi vuoti, il cuore ormai ridotto in brandelli. La sua mente rifiutava di accettare la verità che si stava definendo davanti a lei, ma il suo cuore sapeva.

E mentre il principe Aemond si dirigeva verso la Fortezza Rossa, le porte della città si aprirono lasciando entrare i soldati superstiti. La folla in un primo momento si accalcò per accogliere i propri cari dalla guerra. Myra fu spintonata e si trovò avanti a quella calca, costretta a constatare che Aegon non fosse neppure a cavallo.

Ser Criston Cole era a capo di quel corteo.

Le teste di centinaia di migliaia di uomini e donne si rivolsero però verso uno spettacolo ben più cruento di quello che si aspettavano: su un carro era stata posizionata la testa di un drago, era rosso e in putrefazione. Le mosche si accalcavano su quel relitto, mangiando ciò che un tempo le avrebbe uccise con un singolo fiato.

- Osservate: la testa di Meleys, il drago della traditrice nera Rhaenys Targaryen! -

Myra deglutì e sentì il popolo agitarsi.

- È un brutto presagio. - disse qualcuno.

Ma Myra non pensava a quel drago, né a chi lo cavalcava. Nella sua testa si delineava un concetto ben più macabro.

Anche i draghi possono morire.

I'm the King - Aegon II Targaryen Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora