SEI

28 7 7
                                    

HAILEY

Attraverso la folla di uomini accalcati al bar, cerco di raggiungere il palco per iniziare a ballare. Non mi è mancato affatto il mio lavoro; il giorno di pausa da questa routine è sempre rigenerante. Mi sento come un fiore che fiorisce incontaminato, lontano dall'ambiente malsano in cui sono immersa quotidianamente.

Lancio uno sguardo a Rajin, al bancone e accelero il passo, sperando di non essere fermata. Temo quello che potrebbe dirmi dopo avermi vista in condizioni pietose a causa della droga. Provo vergogna e so che è da codardi evitarlo, ma preferisco rimandare l'inevitabile confronto fino a quando l'episodio sarà dimenticato. Al momento, preferisco questo a un'altra ramanzina. Ne ho avute già troppe di recente; desidero solo una pausa dal sentirmi una nullità.
-Hailey, vieni qui- mi chiama. Cazzo, penso tra me e me, chiudendo gli occhi per un attimo e prendendo un respiro profondo. Devo trovare il coraggio per affrontare un'altra scenata. Okay, cosa sarà mai un'altra in più?
-Hey Rajin, tutto bene?- Chiedo, fingendo innocenza mentre mi avvicino al bancone. Mi faccio strada tra gli uomini cercando di evitare il contatto, ma è quasi un'impresa. Nonostante i miei sforzi, loro si avvicinano con la scusa dello spazio limitato, una cosa che odio profondamente. Rajin, però, capisce la situazione e mi fa spazio dietro il bancone, proteggendomi da sguardi e mani indesiderate. -No, niente di preoccupante- sospira, -anzi, sono molto felice per te. Hai ricevuto un bel po' di soldi da un cliente.-
Resto sbalordita; non mi è mai successa una cosa simile. -Davvero? Ma... chi è quest'uomo?- Rajin fa spallucce. -Non ne ho idea. Sonya era nel tuo camerino per ripulirlo e ha trovato una borsa nera piena di banconote, con un bigliettino che riportava solo il tuo nome. Tranquilla, non credo voglia nulla in cambio; probabilmente ha semplicemente apprezzato il tuo spettacolo. Tutto qui.- Annuisco e mi sento incredibilmente sollevata. Ringrazio mentalmente quell'uomo per avermi sollevato dalle preoccupazioni per qualche mese e mi affretto a tornare sulla pista. Ma Rajin mi afferra per il braccio. -A proposito, tutto bene?- Chiede visibilmente preoccupato ed io credevo di essermela cavata. Annuisco, pregando che non faccia altre domande a cui non saprei rispondere.

-Va bene- conclude, ma la voce trasmette poca convinzione. In quel momento, Sonya richiama la sua attenzione, chiedendogli qualcosa. Ne approfitto della distrazione per sgattaiolare via e raggiungere il mio camerino. Trovo una grande borsa di stoffa nera proprio sul pavimento, lo stesso che mi ha sorretta quando la droga ha avuto effetto due giorni fa. Sospiro e chiudo il regalo nell'armadietto, per evitare che qualcuno possa appropriarsene entrando. Sto per lasciare la stanza, ma torno sui miei passi e afferro la mia amata busta di plastica. Rientro in sala e, quasi immediatamente, sento le pareti girare e la testa diventare leggera. Sorrido agli uomini che mi aspettano già pronti ai piedi del palco e ricevo commenti disgustosi e fischi di apprezzamento. -Posso portarti in camera?- Grida uno dei tanti ma la sua voce sembra lontana, quasi ovattata.
Scoppio a ridere mentre mi avvolgo attorno all'asta di metallo e tra una giravolta e l'altra, intravedo qualche uomo che si masturba con la stessa mano in cui porta la fede.

Mi sento leggera come una piuma; l'intera stanza è avvolta in colori strani, anzi, in una serie di sfumature. Ora è prevalentemente blu, vedo tutto di un blu intenso.
Poco a poco, il colore si dissolve nel verde, poi nel marrone, nell'arancione, fino a scurirsi e diventare rosso. Sento la musica penetrare nel mio corpo attraverso le orecchie, risuonare dentro di me, mentre la vista si annebbia completamente. È come se fossi finita in un'altra cazzo di dimensione. Mi trovo ai piedi di una casa avvolta dalle fiamme di un incendio; posso persino percepirne il calore e il fumo soffocante. Tutto sembra scorrere al rallentatore, come se il tempo si fosse fermato.
Attraverso le finestre senza vetri, scorgo una figura nera che mi osserva: un uomo senza volto che si erge tra le fiamme e mi chiedo... perché non sta bruciando? È circondato da detriti, resti di impalcature e frammenti di ciò che una volta era una casa di legno.
Perché non ha paura di morire? O perché non è ferito? Semplice, non appartiene a questo luogo, neppure per un istante.
Davanti ai miei occhi, compare la scena di me ubriaca, consumata dal desiderio e dal piacere per chi dovrei invece evitare a tutti i costi: la persona che mi ha soggiogata e distrutto la vita. E io gli cedo la corda con cui strangolarmi, accettando le regole di questo gioco perverso, scegliendo l'elemento più pericoloso e distruttivo. L'ho scelto per caso o perché mi ricordava lui? Mi chiedo, ma so che non avrò mai una risposta. D'altronde, ho mai preso decisioni razionali da quando esiste Dorian Hunderson?

Baby, don't blame me [ANTEPRIMA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora