CAPITOLO 19

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Lezione numero 19: diffidate dei sorrisi, fidatevi piuttosto di uno sguardo malevolo. Dietro i primi molte volte si nascondono persone dall'animo nero, dietro il secondo prima o poi scorgerai dell'affetto.

La clessidra temporanea tra il capitolo precedente e quello attuale ha perso molta sabbia. Di cose ne sono successe e alcune persone ne hanno risentito, tra cui io naturalmente. Mentre il fatidico Ceto interiore scalpita, smanioso di raccontare con i suoi ruggiti ciò di cui parlerò a breve, voglio assolutamente prendermi qualche riga in più per fornirvi un quadro completo della situazione.
Il mondo dei libri è sempre stato un mondo confortevole per me. Fatto di guerre non mie, lacrime di visi estranei e denti di sorrisi che in realtà nascondevano sofferenze.
Ma tutto ciò non mi apparteneva. Non ero io quella che piangeva, non era la mia vita che stava andando a rotoli e non erano mie le amicizie che avevano deciso di voltarmi le spalle. Io mi limitavo a leggere di tutto questo, rifugiandomi nell'inchiostro delle parole e nel profumo di carta di quei libri. Nel frattempo stavo bene. Mi immergevo nelle loro emozioni e stavo alla grande, cazzo.  Adesso quando vedo un libro le uniche immagini che compaiono nella mia testa sono di occhi inferociti e sussurri maligni.
Sta buono, Ceto, il tuo momento sta per arrivare. Pazienta un altro pochettino mentre racconto ai nostri lettori le dinamiche che mi hanno portato rabbia, la stessa di cui ti sei nutrito in questi giorni.
Era una normale giornata di luglio ed io ero distesa sul letto godendomi l'aria fresca del climatizzatore. Ero in procinto di addormentarmi, ma proprio in quel momento il mio cellulare aveva deciso di squillare. Una volta letto la scritta "GIUNTI", è stato in quell'istante che la confusione mi ha assalita. Non avevo ordinato alcun libro, quindi mi ero chiesta immediatamente quale fosse il motivo di quelle telefonata. Poi, però, una specie di interruttore si era acceso nella mia testa lasciandomi sperare che mi stessero chiamando per parlarmi della possibilità di lavorare lì in quanto avevo lasciato il curriculum due mesi prima. Di fatti le mie aspettative non erano state affatto deluse e mi avevano proposto di aiutarli per tutto il mese di agosto e i primi dieci giorni di settembre. Inutile dire che ero al settimo cielo. Una lettrice e presunta scrittrice che inizia a lavorare in una libreria anche se per poco? Un sogno. Mi ripetevo che questa era la mia occasione, che nessuno avrebbe potuto ostacolarmi e che avrei fatto vedere a tutti la mia passione per i libri. Dentro di me nutrivo la speranza che, al termine del contratto che avevo firmato che prevedeva un impiego di breve durata, ci potesse essere la possibilità di una proposta temporanea più duratura. Piccolo spoiler: ad oggi sono piuttosto sicura che non arriverà e anche se dovesse arrivare non accetterei mai. No, non per il luogo di lavoro bensì per le persone che mi affiancano quotidianamente. La freddezza con cui mi trattano, la sufficienza con cui mi squadrano e l'irritazione che sprigionano in mia presenza mi ha fatta sentire indesiderata, a disagio e fuori luogo per tutto il tempo. Venivo rimproverata anche quando non facevo niente di sbagliato, mi venivano date colpe che non mi appartenevano e mi rifilavano occhiate malevoli anche quando non me lo meritavo. Insomma, le mie colleghe si sono comportate da vere stronze. Ma non tutte.
Esausta di sentire gli artigli del mio Ceto che graffiano le pareti interne della mia mente, lascio che sia lui a dominare le brevi lettere che dedicherò alle tre ragazze. Preparate i pop-corn.

Cara Monia,
vorrei cominciare da te poichè il meglio si lascia per ultimo e dato che sei la prima capirai che non sei tu. Dentro quel piccolo negozio sei stata capace di fare buon viso a cattivo gioco, tuttavia improvvisamente gli aggettivi si sono scambiati e non sono del tutto sicura che tu te ne sia accorta. La tua natura da stronza non ha potuto fare a meno di uscire. Non mi dimentico di certo di quella volta che sei andata da Alessandra e ti sei inventata che sono stata con il cellulare durante il turno lavorativo. Adoro il fatto che la tua vigliaccheria abbia condotto i tuoi piedi direttamente dalla nostra collega piuttosto che da me, ma lo accetto e sai perchè? Perchè solo dopo ho capito quale fosse il tuo intento. Farmi passare per la superficiale di turno, quella che non rispetta le regole del lavoro e quella a cui non frega un cazzo proprio di quest'ultimo. Ma io ho la coscienza pulita, sento di aver fatto tutto ciò che andava fatto lì dentro. Mancano solo quattro giorni al termine del mio contratto e dopo non ci vedremo più, ci puoi giurare. Non che la cosa ti importi, di questo sono certa. Il tuo gioco, tuttavia, aveva uno scopo ben preciso e l'ho capito solo dopo. Il tuo intento non era quello di sfigurare la mia immagine solo perchè sei una stronza patologica, ma quello di farlo per poterti tenere stretto questo posto di lavoro. E sai che ti dico? E' tutto tuo. Ti prego, però, di fare attenzione a quanto sto per dirti: non hai voluto tu che me ne andassi, non hai voluto tu che subissi i tuoi torti, non hai voluto tu che l'opinione delle colleghe su di me fosse negativa. No, cara mia. Tutto questo l'ho voluto io. Perchè non me ne frega più un cazzo di questo lavoro, perchè non me ne frega un cazzo di voi e perchè vi ritengo le persone meno professionali di questo pianeta. Ti ho permesso di assumere questo atteggiamento nei mie riguardi poichè la mia permanenza alla libreria aveva breve durata, ma con la consapevolezza di adesso sappi che non è finita qui.

Cara Tea,
ebbene sì, è arrivato il tuo turno. Tu sei la responsabile lì dentro, ma lasciami dire che questo ruolo lo meriterebbe qualcun altro. Magari una persona in grado di gestire la folla, una persona più organizzata e soprattutto una persona capace di fare BENE il suo lavoro e quella persona, a parer mio, è Alessandra. Ad ogni modo, non sarà di certo la mia opionione a cambiare le cose lì dentro e dato che tra quattro giorni me ne vado, me ne sbatto il cazzo di chi sia repsonsabile o meno. Tu sei stata la più stronza. Sei stata solo una fottuta merda, e per te non spreco ulteriore riga. Non ti meriti nemmeno questo. Sappi solo che prima o poi arriverà quella persona che ti farà il culo ed io sarò lì a godermi lo spettacolo.

Cara Ale,
tranquilla non temere, non sarò cattiva come lo sono stata per le due lettere precedenti.
Tu sei stata l'unica là dentro ad aiutarmi veramente, a spiegarmi come fare correttamente il mestiere e accollarsi tutte le mie chiamate in caso di aiuto. Ti sei messa a disposizione davvero e l'ho apprezzato tantissimo. Hai ingoiato il rospo in momenti in cui mi meritavo una bella strigliata, nonostante ciò hai continuato a porre fiducia nei miei riguardi. Non posso che ringraziarti di questo. Forse sei l'unico ricordo bello di lì. Oltre al fantastico odore dei libri, è chiaro. Ci sono stati momenti in cui mi hai fatto ridere, e in mezzo alla montagna di disagio che avvertivo dentro di me sono stati attimi di sollievo quelli. Grazie per l'aiuto che mi hai dato seppur non me lo meritassi al cento per cento. Sei una bella persona, dentro e fuori. Non lasciare che qualcuno ti dica il contrario perchè mentirebbe. Ti auguro il meglio.

(La Giunti a cui ho fatto riferimento in questo capitolo si trova all'interno del Centro Commerciale Poseidon, presso Carini, un paese in provincia di Palermo :) )

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