CAPITOLO 3

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Lezione numero 3: mai ignorare il tuo corpo. Lui è il tuo maggiore punto di riferimento. Se qualcosa non va, sarà il primo a fartelo presente.

Per poter aprire la parentesi più delicata di quanto siano state le sedute dallo psicologo, devo fare un passetto indietro che mi riporta al 2020.
Il pieno lockdown aveva sferrato un pugno alla mia ragione facendola piegare più di quanto già non fosse e aveva caricato una buona dose di energia alla mia ansia e allo stress che mi avevano portata a pianti interminabili in giorni altrettanto infiniti.
Non mangiavo né dormivo bene e avevo solo bisogno di staccare dalla DAD (questo acronimo indica la didattica a distanza, per chi vivesse sotto i tombini e non sapesse a cosa io mi stia riferendo).
Ad ogni modo, seppur per poche ore, avevo trovato il modo per non perdere del tutto il senno: leggevo, leggevo, leggevo.
Cosa che ho sempre fatto, chiariamo questo punto. Tuttavia durante il lockdown era diventato come una droga e necessitavo di una dose giornaliera. Era come se la mia testa rischiasse di staccarsi dal resto del corpo e volesse rotolare via, lontano da me e da quella che stava diventando una vita insostenibile.
Ad ogni modo, quei mesi confinata dentro casa erano diventati la perfetta occasione per il mio cervello di trasformarsi in un motore attivo di pensieri che ... non avevo mai avuto. (Non mi riferisco ai pensieri in generale ovviamente, posso assicurare di essere una persona che pensa molto e sono sicura che questa frase stia provocando una grassa risata ai miei amici e che diventerà una buona scusa per prendermi per il culo a riguardo. Ad ogni modo facevo riferimento a pensieri su... una persona).
Lei stava diventando un'ossessione e non capivo come fosse successo.
La immaginavo in posizioni che persino PornHub avrebbe censurato e il mio corpo voleva che fosse dannatamente reale.
Mi ero ritrovata frastornata e incredula. Il fatto di star provando qualcosa di più mi faceva sentire una stupida e soprattutto mi faceva avvertire speranze che persino il bambino più ingenuo avrebbe compreso che fossero vane ed infantili.
Insomma, erano lì e col passare dei giorni (tre mesi sono abbastanza lunghi da poter fare i conti anche con emozioni spiacevoli) avevo imparato ad ignorare ciò che mi opprimeva. Sembravo una fanciulla che si nascondeva sotto le lenzuola nel disperato tentativo di non farsi prendere dal mostro, come se il tessuto bianco fosse chissà quale trincea da combattimento e potesse difendermi dall'esercito nemico.
Comunque non sarebbe servito a niente: mi avrebbe presa e uccisa in pochi secondi con altrettanti bocconi.

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