CAPITOLO 23

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Lezione numero 23: lascia la penna che compone il libro della tua vita e dalla in mano a qualcuno di cui ti fidi. Chi sta scrivendo?

"Aveva desiderato il suo corpo nel buio della sua cameretta e nella quiete della sua mente durante la notte. Aveva permesso alle immagini piene di lei di prendere il sopravvento così tante volte che ormai era impossibile non esserne innamorati. Di solito erano i suoi occhi a portarla al limite della follia. Come se quest'ultimi nascondessero mondi lontani dall'immaginazione umana. Come se le dessero l'occasione di essere felice, seppur per poco. Si chiedeva se fosse possibile sentirsi al sicuro in uno sguardo, sentirsi a casa nel marrone di due iridi che nemmeno le appartenevano. Ma lei sentiva nel profondo del suo cuore che quelle due piccole sfere avessero il potere di attraversarle l'anima e portare con sè un piccolo pezzo. Ogni. fottuta. volta. E c'erano anche le sue labbra. Ah, quelle maledette! Come si poteva sfuggire a due pestifere tanto crudeli? La risposta era sempre la stessa, eppure non riusciva a darsi pace e tentava di scavare nella sua testa una soluzione, qualcosa che l'aiutasse a non perdere il lume della ragione. Solo dopo si sarebbe resa conto del suo errore: cercava nello stesso luogo in cui lei non faceva altro che tormentarla. Si era ripetuta tante volte che avrebbe dovuto darsi una svegliata, un taglio capace di lasciarle la cicatrice il cui compito era ricordarle di porre fine a quella silenziosa autortura. Ma come poteva scacciare via per sempre l'immagine del suo corpo? Come poteva liberarsi di qualcosa che desiderava ardentemente? L'essere umano è la forma di vita che tende sempre a correre incontro ad un dirupo non accorgendosi, spesso, che la caduta è proprio dietro l'angolo e che l'impatto è inevitabile. Ma lei sembrava essersi gettata in volo ed era sospesa a mille metri d'altezza, le vertigini che stringevano in una morsa la sua razionalità come se fossero un promemoria delle conseguenze terribili che avrebbero travolto la sua vita. Perchè giù avrebbe trovato il suo nome scritto come l'ingresso all'inferno, e lei non poteva far altro che entrare. Perchè sarebbe bruciata tra le fiamme pur di avere un solo minuscolo elemento di lei sotto pelle, per averla con sè per sempre, per imprimere per bene il suo profumo sotto le narici, per toccare ancora e ancora quei capelli, per baciare quel collo, per toccare ogni curva di quel corpo semplicemente meraviglioso. La sua anima piangeva, il suo cuore sanguinava ed il petto esplodeva. Aveva bisogno di lei e quella consapevolezza la spaventava come il mostro sotto il letto ad un bambino. Avrebbe voluto chiedere a sua madre di guardare per sicurezza, non poteva rischiare di essere divorata mentre dormiva. Tuttavia ormai era scomparso ogni singolo pezzo che la qualificava. Non le era rimasto più niente poichè tutto apparteneva a lei. Avrebbe dovuto dire di no, urlarlo così forte che qualsiasi persona, persino all'altro capo del mondo, lo avrebbe sentito e magari qualcuno sarebbe accorso per aiutarla. Ma come sempre non aveva avuto il coraggio, così si era nascosta nel suo guscio. Ma anche lì lei era arrivata rompendo ogni cosa la separasse dalla sua razionalità. Era come una piccola strega che si inerpicava furtiva nel suo spirito per innescarle la maledizione, la peggiore di tutte: l'amore. La stronza mica lo faceva apposta. Forse era entrata lì dentro con l'intento di dare un'occhiata, un pò come si fa con un negozio di abbigliamento qualsiasi. Eppure il suo tocco l'aveva ammaliata, l'aveva scossa dal torpore che si portava dentro, l'aveva distratta dalle urla della sua parte infanta che soffriva nonostante gli anni passati a soffocare quegli abusi, l'aveva fatta sua con un sorriso e una carezza che non si sarebbe mai dimenticata. Era rovinata e lo aveva compreso troppo tardi, quando ormai non aveva più alcuna via d'uscita. Avrebbe voluto confessarle tutto per il semplice gusto di sbatterle in faccia quanto potere avesse su di lei e farla sentire dannatamente in colpa per questo. Ma sapeva che avrebbe rovinato ogni cosa e questo pensiero bastava per ripensarci. Ritornare sui propri passi era il tipico atteggiamento di chi la codardia l'aveva con sè come un'ombra, di chi non la lasciava andare per nessun motivo al mondo poichè, se solo ci avesse provato, sarebbe stata costretta a gettare la maschera e tutto ciò che la proteggeva sarebbe svanito in un attimo. E lei non poteva permettere che i suoi sentimenti fossero esposti al giudizio della stessa persona per cui li provava. Chissà cosa avrebbe pensato, chissà come l'avrebbe guardata, chissà cosa le avrebbe risposto. Preferiva di gran lunga che quelle domande rimanessero tali piuttosto che dare loro la possiblità di trasformarsi in risposte che non era pronta a sentire. Parole che non sapeva se avrebbe mai detto guardandola negli occhi. Lettere d'amore infinite che la rendevano ridicola, scritte mentre il cuore minacciava di sgusciare fuori dal petto. Sguardi intensi che lanciava quando lei ne era del tutto ignara. Insomma, tutto doveva restare nell'ombra e lei sarebbe rimasta al sicuro. Ma le preoccupazioni non l'abbandonavano. E sei lei avesse capito tutto da sola? E se un giorno le avrebbe mandato un messaggio in cui diceva di voler chudere l'amicizia tra loro? Il solo pensiero la terrorizzava. Come poteva sopportare di non averla più nella sua vita? Sapeva che nei momenti bui a mettere a tacere il resto del mondo era la sua voce. Non aveva idea di come facesse, ma la strega ci riusciva. Inevitabilmente tutto cessava di esistere e rimaneva solo quella musica dal suono acuto, ma confortante. Fastidioso a tratti, ma che non avrebbe scambiato nemmeno per la miglior sinfonia dell'universo. Perchè lei era l'immagine delle note musicali, una farfalla che svolazzava e i colori di un colibrì. Era la bellezza di un tramonto, il calore di una famiglia e la felicità del Natale. Lei era semplicemente tutto e nemmeno lo sapeva"

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⏰ Ultimo aggiornamento: 19 hours ago ⏰

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