Air conditioning.

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Avvertivo un dolore sordo che pulsava attraverso il mio corpo.
Avevo subito un colpo evidente da qualche parte, ma non riuscivo a identificare esattamente dove.
La mia testa girava in modo incessante, come se fossi intrappolata in un vortice di confusione.
Era successo tutto così in fretta.
Il suono della voce di Diego, che urlava il mio nome, rimbombava nella mente, aggiungendo un senso di nausea alla vertigine già presente.
Con cautela, iniziai ad aprire gli occhi.
La luce che filtrava mi fece strizzare le palpebre, mentre il mondo intorno a me prendeva lentamente forma.
Mi trovavo su un tetto di un grattacielo, circondata da un mare di edifici che si estendevano fino all'orizzonte, come una foresta di cemento e vetro.
Il cielo sopra di me era cupo, di un grigio opprimente, che sembrava riflettere l'inquietudine che provavo dentro.
L'aria era fredda, il vento sferzava il mio viso con una brutalità che mi faceva stringere i vestiti più vicino al corpo.
Le luci scintillanti sotto di noi illuminavano la città come un tappeto di stelle artificiali, ma c'era qualcosa di profondamente sbagliato in quel silenzio innaturale.
Nessun suono di traffico, né voci, né il familiare ronzio della vita urbana.
Era come se la città fosse un dipinto immobile, una scena congelata nel tempo.
Cercavo di mettere a fuoco l'ambiente intorno a me, ma la confusione mi avvolgeva ancora come una nebbia densa.
Sentivo il mondo girare leggermente sotto i miei piedi, il corpo pesante e debole, quasi come se ogni movimento richiedesse uno sforzo sovrumano.
Le forze mi mancavano, le gambe tremavano mentre tentavo di rimanere in piedi.
Mi resi conto di non essere sola; potevo sentire la presenza di Cinque non lontano da me.
Voltandomi lentamente, lo vidi disteso a pochi metri di distanza, immobile, con gli occhi chiusi.
Il cuore mi saltò in gola per un attimo, ma mi costrinsi a calmarmi.
Dovevo avvicinarmi a lui, dovevo sapere che stava bene.
Con le poche forze che mi restavano, mi inginocchiai accanto a lui, con la testa ancora pulsante e il respiro affannoso.

"Cinque..."

Sussurrai, la mia voce era tremante e debole.
Iniziai a scuoterlo delicatamente, ma lui non dava segni di risveglio.

"Cinque, svegliati!"

Ripetei, la mia voce era sempre più insistente, mentre continuavo a scuoterlo, sperando disperatamente in una risposta.
Finalmente, dopo quello che sembrava un'eternità, Cinque gemette e aprì lentamente gli occhi.
Li sbatté un paio di volte, come se cercasse di mettere a fuoco il mio volto.
Un piccolo sorriso ironico si formò sulle sue labbra mentre la sua tipica espressione sarcastica tornava a galla.

"Non ti preoccupare" disse con voce roca, "Ho solo deciso di fare un pisolino nel posto più comodo possibile. Peccato per l'aria condizionata un po' troppo forte, però."

Nonostante la gravità della situazione, le sue parole mi strapparono un lieve sorriso.
Ancora in ginocchio, mi tolsi la polvere dai vestiti e dai capelli, un gesto automatico, mentre il mio sguardo rimaneva fisso su Cinque.
Lui fece lo stesso da seduto, rimuovendo la polvere dalla divisa e dai capelli arruffati.

Cinque si alzò lentamente.
Anch'io mi rimisi in piedi, avvertendo ancora un leggero tremore nelle gambe, mentre osservavo l'ambiente che ci circondava.

"Che posto è?" chiesi, con la voce che tradiva un po' di incertezza.

"Sembra uno spazio temporale abbandonato"
rispose Cinque, il volto era teso in una riflessione profonda. "Ma non capisco perché il vortice ci avrebbe portato qui."

Cinque rimase in silenzio per un momento, cercando di collegare i pezzi del puzzle che sembrava non voler combaciare.
Il vento freddo continuava a soffiare, e l'assenza di suoni urbani rendeva l'atmosfera ancora più surreale.
Dopo un attimo, Cinque mi lanciò uno sguardo.

"Dobbiamo scendere da qui e capire meglio dove siamo."

Senza aggiungere altro, si concentrò per usare il suo potere, afferrandomi per il braccio.
Sentii un leggero strattone e poi, in un batter d'occhio, il mondo intorno a noi cambiò.
Ci ritrovammo in strada, proprio sotto il grattacielo. Le luci della città continuavano a brillare, ma il silenzio innaturale persisteva.
Il pavimento di asfalto sotto i nostri piedi era freddo e umido, e l'unico suono che si sentiva era il nostro respiro.
Mi guardai intorno, cercando segni di vita, ma tutto sembrava congelato in un'istantanea.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 04 ⏰

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