Capitolo 28

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"Non so se me lo ricordo o se me lo hanno detto, ma quando ero piccola mia madre mi diceva «Dammi la mano per attraversare la strada», e io le dicevo «No, non te la do. Te la presto» Perché dare la mano mi suonava  come staccarmela e darla via, ma dare una mano non è un po' quello? Dare una mano a qualcuno è molto più che fare un favore. Non si tratta di spendere qualche minuto in più o di prestare una maglietta che non indossi, si tratta di donare una parte di te stesso, si tratta di donare te stesso. Stringere la mano è afferrare e afferrarti all'altro. Quando il mondo diventa un abisso e tutto cade, le tue mani non si aggrappano a qualcosa, si aggrappano a qualcuno, qualcuno che non ti lascia cadere. Quando hai dato la mano non c'è modo di lasciarla andare, non è più tua, è unita a quella dell'altra, le due mani sono una sola."

( Mar, Casi Angeles) 

POV:REBECCA

Il petto di Riccardo mi scalda la guancia. Sono sveglia, ma mi prendo un attimo per godermi il tepore sotto le coperte. Schiudo gli occhi e lo sorprendo a fissarmi. Istintivamente, mi copro la faccia con una mano. Devo avere un aspetto orribile. Ieri sera non mi sono nemmeno struccata, avrò sicuramente il mascara colato e sembrerò un cucciolo di panda.

«Buongiorno», mi sorride, facendo scorrere le sue dita tra le ciocche dei miei capelli.

«'Giorno» mormoro con la voce ancora impastata dal sonno.

Il suo braccio mi avvolge, tenendomi stretta, e appoggia la testa contro la mia. Sospira. «Sembra che tu sia stata creata per stare tra le mie braccia.»

Resto immobile, senza nemmeno respirare. Un po' perché sentirsi dire una frase del genere da Riccardo Montanari toglie davvero il respiro, e un po' perché ho paura che, se mi muovo o dico qualsiasi cosa, questo momento così perfetto potrebbe svanire.

«Sai» inizia a dire a voce così bassa che quasi non lo sento, «pensavo che stamattina al mio risveglio non ti avrei trovato. Sono felice di essermi sbagliato.» Mi posa un bacio sulla testa.

Mi scanso, liberandomi dal suo abbraccio. «Non vado da nessuna parte,» gli dico, guardandolo seriamente negli occhi, «eccetto in bagno, perché mi scappa da morire.» Mi alzo ridendo, mentre lui mi lancia un cuscino dietro.

Quando torno dal bagno, trovo Riccardo già vestito con dei pantaloni della tuta grigia mentre si sta infilando la maglietta. Mi blocco sulla soglia, incantata da quegli addominali perfetti che fino ad 'ora ho visto solo in foto. Lui mi nota subito, alza un sopracciglio con un sorrisetto divertito «Cosa c'è, hai visto qualcosa che ti piace?»

Direi proprio di sì!

Mi mordo il labbro, cercando di fare la disinvolta. «Forse» rispondo, sforzandomi di non arrossire.

Lui mi squadra dalla testa ai piedi, facendo scorrere il suo sguardo sulle mie gambe scoperte. «Anch'io»

Mi rendo conto di indossare ancora la sua maglietta, che mi arriva appena a metà coscia, come un vestito molto corto. Il suo sguardo non fa che accendermi come una scintilla su una candela. Una candela imbevuta nella benzina.

Faccio un passo verso di lui, ma Riccardo mi porge la mano «Vieni, andiamo a fare colazione.»

Esito per un momento. Prendersi per mano è una cosa nuova per noi. Gli ho già stretto la mano in passato, ma non ci siamo mai tenuti per mano così, in un gesto intimo.

Poi, senza pensarci troppo, afferro la sua mano. Il calore della sua pelle contro la mia mi fa venire le vertigini. Lo seguo, lasciandomi condurre in cucina. Mentre attraversiamo il salotto, una voce ci sorprende «Deduco che stanotte vi siate divertiti.»

Oltre le nuvoleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora