VIII La Scommessa

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L'incontro con Alexander era terminato da appena un'ora, ma la sua voce continuava a risuonare nella mia mente come un tamburo inquietante. Camille ed io uscimmo dal locale senza scambiarci una parola, ognuna di noi immersa nei propri pensieri. Fuori, l'aria era fredda e pungente, ma non bastava a dissipare il senso di oppressione che mi aveva accompagnato per tutta la sera. Il rumore del traffico si confondeva con i nostri passi, ma quel sottofondo costante non riusciva a distrarmi dal vortice di riflessioni che mi tormentavano.

"Pensavo che sarebbe stato diverso" mormorò Camille mentre si stringeva nel suo cappotto, spezzando il silenzio. Le sue dita sottili stringevano nervosamente la sciarpa, come se volesse proteggersi non solo dal freddo, ma da qualcosa di molto più oscuro e insidioso. "Alexander è... più spaventoso di quanto mi aspettassi."

Annuii. "È abituato a giocare secondo le sue regole. Abbiamo appena visto una piccola parte del suo potere." La verità era che il nostro incontro non era stato altro che una partita a scacchi mentale, un preludio alla tempesta di manipolazioni che sarebbe seguita. Alexander sapeva esattamente come tirare i fili e mantenere il controllo senza mai scoprirsi. Ogni parola che avevamo scambiato era stata misurata, e ogni silenzio calcolato. Avevamo avuto un assaggio della sua influenza, ma il suo vero potere rimaneva nell'ombra.

Camille sospirò, il suo respiro trasformandosi in una nuvola bianca nel freddo della notte. "Pensi davvero che possiamo fidarci di lui?"

Quella domanda mi tormentava da quando ci eravamo sedute davanti a lui. Fidarsi? Di Alexander? La fiducia era una parola troppo semplice per descrivere quello che avremmo dovuto fare. "Non abbiamo altra scelta" risposi, con un tono che sapevo essere troppo rassegnato. "Siamo entrate nel suo mondo, e ora dobbiamo seguire il gioco." La verità, però, era che non ci sentivamo mai del tutto al sicuro. Alexander non ci avrebbe mai rivelato le sue vere intenzioni; il suo mondo era costruito su segreti e maschere. Ma cosa avremmo potuto fare, se non andare avanti?

Camille si voltò verso di me, con un'espressione di preoccupazione profonda. "E se il prezzo fosse troppo alto Renée? Se alla fine di tutto, non ci fosse nulla da guadagnare?"

Sospirai. Non avevo una risposta chiara. Alexander ci aveva fatto capire che ogni passo avanti sarebbe stato una scommessa, un rischio calcolato. Ma eravamo già troppo coinvolte per tiraci indietro. "Dobbiamo essere pronte a tutto" dissi infine. "Non possiamo fermarci ora." Le parole mi lasciavano un retrogusto amaro. Essere pronte a tutto significava sacrificare parti di noi stesse, o forse perdere di vista chi eravamo davvero. Ma ormai eravamo troppo dentro per uscirne indenni.

Rientrammo entrambe a casa mia con un misto di inquietudine e determinazione. Lo spazio luminoso e moderno che avevamo scelto per l'appartamento, con le sue linee minimaliste e i colori neutri, mi dava una strana sensazione di distacco quella sera. Camille si sedette subito alla scrivania, sommersa da alcuni suoi schizzi e dai tessuti che aveva raccolto per la collezione su cui stavamo lavorando. Io mi versai un bicchiere di vino, sperando che l'alcol potesse placare almeno un po' i miei pensieri. Sapevamo che Alexander avrebbe richiesto molto da noi, e che quel "prezzo" sarebbe stato esigente. Ma non potevamo lasciare che la paura ci paralizzasse. Avevamo una missione: scoprire la verità che si celava dietro quei misteri. E se Alexander era la chiave per svelare quel segreto, allora avremmo dovuto giocare le nostre carte con attenzione.

Ma mentre Camille si concentrava sui suoi disegni, io non riuscivo a fare lo stesso. Avevamo sempre usato il lavoro come un rifugio, un modo per scappare da tutto il resto. Il mondo della moda, per quanto frenetico e a volte superficiale, era uno spazio che controllavamo, un regno in cui eravamo padrone del nostro destino.

Camille ed io eravamo una squadra perfettamente bilanciata, entrambe mente e mano delle nostre creazioni. Non esisteva una netta separazione tra visione e strategia, tra estetica e concretezza. Ogni idea che prendeva forma nei nostri bozzetti era frutto di un dialogo continuo, in cui Camille apportava la sua sensibilità creativa e io contribuivo con un'attenzione meticolosa al dettaglio. Nessuna delle due si limitava a un singolo ruolo: insieme, plasmavamo ogni progetto, curando ogni aspetto, dal concept alla realizzazione finale, mantenendo un controllo totale sull'intero processo creativo. Questo approccio ci aveva permesso di costruire qualcosa di veramente unico.

Seams of Fate / Jude BellinghamDove le storie prendono vita. Scoprilo ora