Capitolo 1

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A Shoat Brana tutti credevano negli dei, esseri superiori, dai poteri sovrannaturali, che potevano controllare gli uomini e interferire con lo scorrere degli eventi, ma, com'è noto, ci sono destini che sono già scritti, storie destinate a essere, fati che persino gli dei stessi, seppur assillati dalle continue preghiere degli uomini, si rifiutavano di cambiare.
Almeno così sarebbe stato per Rajani, destinata alla morte fin dal suo primo respiro.
Ed era per questo motivo che non le era mai importato di seguire le regole ed era fuggita dalla sua stanza.
Tentava di guardare cosa stesse accadendo intorno a sé pur tenendo la testa bassa, non si sarebbe persa quel giorno per nessun motivo, anche perché non era sicura che le sarebbe mai ricapitato di riuscire ad assistere a un matrimonio.
Quando sei re hai tanti nemici e potresti morire da un giorno all'altro... e quando sei un agnello sacrificale sai che il figlio potrebbe succedergli e che, quindi, potresti morire da un giorno all'altro.
Seduti sulle prime file c'erano gli uomini, unici detentori di potere e poteri all'interno di quella società, a seguire le loro mogli, portavano in testa un velo blu, tratto distintivo delle donne sposate.
Dietro ancora le giovani fidanzate, con morbide stoffe viola che pendevano dal capo, e le giovani senza promesso sposo, coi loro veli rosa.
In fine, c'erano le vedove, nascoste dietro lunghi veli neri che ricadevano in parte anche sul volto.
Era lì che sedeva Rajani, quello era l'unico modo per mimetizzarsi e non destare attenzione.
Dopo la morte di un marito, la moglie doveva portare il velo del lutto per almeno cinque anni, poi avrebbe potuto decidere di risposarsi, ovviamente lo stesso trattamento non era riservato agli uomini, loro potevano fare un po' come volevano, anche lasciare una moglie per un'altra restando impuniti.
La musica degli strumenti a fiato si propagò per la stanza mentre la principessa Aadhya percorreva la navata nel suo abito blu notte, i vistosi gioielli dorati tintinnavano ad ogni  suo passo.
Rajani si emozionò durante tutta la cerimonia, ma il momento più toccante fu quando le ancelle sostituirono il bel velo viola sul capo della principessa, con quello blu.
Chissà se anche gli altri erano commossi come lei, forse la consapevolezza che non avrebbe mai vissuto un momento simile la rendeva incline ad emozionarsi con più facilità.

Quando il matrimonio finì e tutti si accinsero a lasciare la stanza, lei si mischiò tra gli ospiti, restando ai margini per non dare nell'occhio.
Non avrebbe dovuto trovarsi lì, non sarebbe potuta uscire dalla sua ala del palazzo per nessun motivo, lei e le sue sorelle, così le chiamavano nonostante non lo fossero davvero, erano confinate nelle loro stanze e potevano avere contatti solo coi pochi esseri umani autorizzati: le istitutrici, le guardie e la regina Denali.
Erano state ben educate all'obbedienza e all'ascolto, per loro era un onore sacrificarsi per il regno e per sua altezza, ma Rajani non era influenzabile, la sua indole era testarda, disubbidiente e libera, tante volte era uscita dall'ala a lei riservata per recarsi in biblioteca, rubava libri e pergamene per ampliare la sua istruzione, alla quale avevano un accesso limitato: delle donne colte sarebbero state meno inclini a piegarsi ai voleri dei loro sovrani.
Rajani era comunque consapevole che non avrebbe avuto via d'uscita e quindi accettava la sua condizione e avrebbe altresì accettato la triste fine che le era destinata.
Tuttavia, nel frattempo, non avrebbe rinunciato a spiare la vita degli altri fuori dalla sua gabbia, da dietro il velo nero che nascondeva la sua identità.
Il banchetto di nozze ebbe luogo in giardino, tutti erano occupati a festeggiare, così Rajani si avventurò per il palazzo, non avrebbe mai più avuto l'opportunità di vagare indisturbata, avrebbe solo dovuto prestare attenzione all'eventuale presenza di guardie.
La biblioteca era una stanza che conosceva molto bene, era labirintica, chiunque non conoscesse quel luogo avrebbe potuto perdere tra gli alti scaffali.
Ne approfittò per dare un'occhiata ai libri che avrebbe potuto prendere la prossima volta, era semplice per lei accedervi: si calava giù dalla finestra della sua camera, che stava proprio sopra, e vi si intrufolava.
Le altre stanze non sapeva nemmeno cosa fossero, sale da pranzo? Sale da ballo? Non era in grado di riconoscerle.
Il sole penetrava dalle finestre facendola sudare sotto il tessuto scuro.
Camminando, Rajani si trovò all'interno di una stanza ricca di opere d'arte, rimase meravigliata nell'osservare i loro colori, voleva imprimerli nella sua memoria e ricordarli per sempre, come ogni cosa che accadeva nella sua vita, poteva essere l'ultima.
«Cosa fate qui?»
Rajani sussultò al suono di quella voce, asciugò velocemente le piccole lacrime che si erano formate ai lati dei suoi occhi.
«Io...» cosa avrebbe dovuto dire? Se quell'uomo avesse capito che si era intrufolata nel palazzo avrebbe potuto pensare che voleva rubare o peggio, la sua identità sarebbe stata svelata.
Poi un lampo di genio: «Io avevo bisogno di un momento» lasciò andare tutte le lacrime che aveva trattenuto alla vista delle opere.
«Oh, signora, mi dispiace molto, non volevo spaventarvi o mettervi in imbarazzo, sono mortificato» il giovane di fronte a lei era visibilmente confuso dalla sua reazione, ma sembrò crederle.
«Ho perso mio marito da poco e i matrimoni mi mettono tanta tristezza, non volevo dare nell'occhio e mi sono allontanata, non so come io sia finita qui dentro, mi sono fatta guidare dai ricordi e...» balbettò tra i singhiozzi.
«Non preoccupatevi, restate qui tutto il tempo di cui avete bisogno» si voltò rigido, poi ruotò il capo «E vogliate scusarmi ancora»
L'uomo camminò via, passandosi una mano tra i ricci castani, lasciando la "povera vedova" in lacrime.
Rajani tentò di rallentare il suo respiro che si era fatto pesante per la paura, la scelta più saggia sarebbe stata quella di tornare nella sua stanza, le sarebbe bastato raggiungere la biblioteca, uscire dalla finestra e arrampicarsi sulla parete, ma voleva davvero assistere al banchetto, così lasciò perdere le idee assennate e si recò in giardino.
Anche lì tentò di restare nell'ombra mentre la gente festeggiava e ballava, dopotutto, le donne vedove dovevano affrontare un lungo periodo di lutto, non sarebbe stato scortese se non avesse preso parte alle danze.
Un bicchiere tintinnò, attirando l'attenzione generale sul re e la sua famiglia.
«Miei cari sudditi» parlò «È meraviglioso per me avervi qui oggi per festeggiare la mia adorata figlia e suo marito. Questo è un giorno ricco di emozioni, poiché Aadhya è la prima dei miei figli a unirsi in matrimonio, sono molto orgoglioso di lei e vorrei proporre un brindisi ad ognuno dei miei sei figli» alzò il calice e tutti lo seguirono.
Rajani sperò che nessuno si accorgesse che lei non stesse bevendo.
Scrutò uno ad uno i volti dei principi seduti a quella tavola, non capì come avesse fatto a non notarlo prima: alla destra del re, il giovane che aveva incontrato.
Rajani trattenne il respiro.
L'unico a poter sedere alla destra del re era il suo erede, il principe Yuvraaj. Aveva appena avuto un incontro ravvicinato con la persona che aveva rovinato la sua intera esistenza.
Adesso che lo aveva di fronte, per la prima volta nella sua vita, riusciva a provare odio nei suoi confronti, quella che fino a quel momento era stata una figura astratta a cui dovevano obbedienza e sacrificio aveva un volto.
Più passavano le ore, più Rajani si sentiva soffocare, con l'austero vestito e il velo, che le copriva il volto, non era semplice respirare.
Il banchetto sarebbe finito di lì a poco, ormai la sera stava calando e quando la luna sarebbe stata alta in cielo, gli ospiti sarebbero andati via.
Rajani pensò che quello fosse il momento perfetto per addentrarsi tra gli alberi finché gli ospiti non avrebbero liberato il giardino e lei sarebbe riuscita a sgattaiolare furtivamente nella sua camera.
Poggiò la schiena contro il tronco di un albero, non aveva molto da fare, se non attendere.
La scoperta di quella sera l'aveva turbata, il suo incubo aveva un volto adesso, era giovane come lei, erano nati lo stesso giorno, lo sapeva, eppure lo aveva sempre immaginato come un uomo anziano, con una folta barba bianca e la pelle raggrinzita, ricurvo su sé stesso e un bastone che lo accompagnasse.
Quella forse era l'immagine che Rajani avrebbe sperato di vedere il giorno del rito, ma il loro incontro non era avvenuto in quelle circostanze e di fronte a lei si era presentato un giovane in perfetta salute, coi capelli ancora di un intenso color castano, la pelle ambrata e gli occhi lucenti, perfettamente in grado di camminare e sorreggersi.
Chissà come sarebbe stato quando si sarebbero rivisti, sperava in un giorno molto lontano, voleva passare più giorni possibili nella sua stanza ad attendere la sua chiamata.
«Rieccovi. Un altro momento di malinconia?»
Rajani sussultò sentendo la voce del principe.
«Perdonatemi, non volevo spaventarvi, vi ho vista allontanarvi e ho pensato di controllare se steste bene»
Lui l'aveva vista! Forse non passava così tanto inosservata.
«No, io... sono solo molto stanca, altezza, spero possiate perdonarmi se non vi avevo riconosciuto, ma le lacrime mi offuscavano la vista e con il velo di fronte agli occhi non vedo molto chiaramente...»
Si inchinò, evitando di continuare a blaterare inutili scuse, avrebbe preferito che si scordasse della sua esistenza.
«Non curatevene, signora, mi auguro solo che stiate bene»
Rajani annuì.
Il buio era ormai vicino, il cielo cominciava a imbrunirsi quel tanto che bastava a rendere le figure ombrose, quindi non doveva preoccuparsi che lui potesse scorgere il suo viso oltre il tessuto velato.
«Vorrei tenervi compagnia se non vi spiace» la sorprese.
«Oh, non preoccupatevi, tornate pure alla festa, sarà a dir poco magnifica» il flebile suono di una musica allegra li raggiungeva fin lì, ciò voleva dire che gli invitati si stavano ancora intrattenendo tra i balli.
«Davvero, mi farebbe molto piacere conoscervi, dato che non ho assolutamente idea di chi possiate essere. Vogliate perdonarmi, ma tra tutte le centinaia di invitati non ho scorto nessuno come voi»
Rajani sudò freddo.
«Come me?» Lui non poteva vedere i suoi occhi sgranati, ma sicuramente aveva percepito il tremolio della sua voce.
«Sembrate sola, i vostri parenti non vi si avvicinano neanche, non avete parlato con nessuno per tutta la giornata» i suoi occhi la scrutarono.
Era rimasta sotto il suo sguardo attento per tutto il giorno e non se n'era accorta e la cosa peggiore era dover inventare, su due piedi, una scusa che fosse plausibile.
«In famiglia amiamo le feste, hanno ballato per tutto il tempo. Io non ho potuto per ovvie ragioni» indicò il suo vestito.
Non sapeva nemmeno di chi fosse, lo aveva rubato da un armadio del palazzo, nell'ala della servitù. Si chiese se il principe si fosse accorto che non era un abito pregiato.
Lui esitò.
Il cuore di Rajani martellava contro il suo petto, sentiva la fronte imperlarsi di sudore, si stava cacciando in guai molto seri. Se l'avessero scoperta e rinchiusa per il resto della sua vita? Non osava pensarci.
Le sue sorelle, a differenza sua, erano estremamente ubbidienti, non si sarebbero mai sognate di fuggire, restavano chiuse lì, non avevano mai visto nulla la di fuori di quelle mura, non voleva essere come loro.
«Qual è il vostro nome? Se non sono indiscreto» Il buio non le permetteva di vedere l'espressione di Yuvraaj, ma dal suo tono poteva dedurre la curiosità nel suo sguardo.
Ecco, l'aveva fatto, aveva chiesto il suo nome.
Doveva forse inventarne uno?
«Maya» disse senza pensarci troppo.
«Molto lieto, signora» chinò il capo.
Rajani si sentiva soffocare, voleva solo che lui se ne andasse e la lasciasse da sola, la sua presenza era ingombrante quanto un elefante in una stanza, aveva deciso che lo odiava, lo disprezzava con tutta sé stessa, lei esisteva solo perché lui potesse diventare un uomo potente.
«Chiamatemi Maya, per favore» doveva fingersi lusingata? Lo avrebbe fatto, ma allo stesso tempo il suo desiderio di fuggire via si faceva sempre più forte.
La musica non giungeva più alle loro orecchie, il chiacchiericcio si dissipava, i festeggiamenti erano volti al termine e Rajani doveva trovare un modo per liberarsi di lui e di fare in modo che non si accorgesse che non aveva l'ombra di un parente a quella festa.
«Ecco, credo che la festa sia terminata, probabilmente la mia famiglia mi starà cercando, altezza. Vi porgo i miei saluti» Rajani si inchinò e finse di correre in direzione dal palazzo.
«Aspettate, Maya» la chiamò.
Rajani si voltò, ma senza avvicinarsi.
«Vi vedrò alla notte degli elementi?» Chiese.
Rajani restò immobile per qualche istante che le parve infinito. La notte degli elementi era un'antica festa che celebrava le quattro divinità che conferivano poteri agli uomini: Vaayu, Bhoomi, Jharana e Aag. Aria, terra, acqua e fuoco.
Non aveva mai avuto il coraggio di presentarsi, le ricordava troppo del rito e lei non voleva pensarci oltre lo stretto necessario, ogni giorno in cui apriva gli occhi e respirata, inevitabilmente, glielo ricordava, era il perché della sua esistenza.
Prima che il buonsenso potesse prendere il controllo del suo corpo si trovò ad annuire con convinzione.
Stupida. Pensò.
Corse via sperando che lui smettesse di seguirla con lo sguardo.

Ciao lettori!
Ecco il primo capitolo di Sacritale, fatemi sapere cosa ne pensate🧡

Sacritale - racconto di un sacrificioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora