2- Raccoglitori e potenziali regine

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Stavolta l'aveva combinata grossa. Morgana lo sapeva. Non aveva mai avuto un incontro ravvicinato con il re ma aveva sentito un sacco di storie su di lui. Per lo più si trattava di pettegolezzi e sua nonna le aveva insegnato a non dare troppo credito alle voci di corridoio che cambiavano versione a ogni ora ma Morgana era sempre stata curiosa, non pettegola ma curiosa sì, molto.

E ora eccolo lì davanti a lei, ancora a terra con una mano alla base della schiena a massaggiarsi il didietro reale.

-Perdonatemi, vostra altezza! Io non avevo compreso che eravate voi.

In cambio William le riservò un'occhiata al veleno, la stessa che venne captata da Muffin, il pastore tedesco di Morgana, che prese a ringhiare contro il sovrano annusando nervosismo nell'aria.

-Ehi, buono, buono, cane.

-Muffin.

-Che?

-Si chiama Muffin, non cane. Con tutto il rispetto, Vostra Altezza.

William inarcò le sopracciglia, fece per rispondere ma un altro paio di voci si mise in mezzo a loro.

-Sire!

-Altezza!

Il re chiuse gli occhi. La pacchia era finita.
In pochi secondi una delle guardie di palazzo lo raggiunse insieme a Philip, il suo assistente.

Lo aiutarono a rialzarsi come se fosse un perfetto imbecille e mentre uno lo guardava con preoccupazione e apprensione, la guardia, l'altro lo fissava con rimprovero, Philip.

-Altezza, avevate promesso.- lo rimproverò.

-Ho mentito. Sono il re, posso fare quello che voglio.

-Avete delle responsabilità, sire.

-Mettermi davanti tre raccoglitori pieni di facce di donne potenziali regine non è una responsabilità. È come scegliere un accessorio su Amazon.

Philip sospirò.
Morgana osservava tutto in silenzio. Aveva tutta l'intenzione di dileguarsi ma non poteva, il protocollo le imponeva di restare sul posto almeno fino a quando il re non le avesse dato il permesso.

-Lo è sire, è una vostra responsabilità dare al regno un erede.- insistette l'assistente del re che solo allora si accorse di lei.

Si schiarì la voce.

-Morgana? Che fai qui?

-Oh ehm...niente di che, ero in giro con Muffin.

Lui la guardò, la guardava sempre, e lo faceva in un modo che a lei metteva un po' di ansia addosso.
Conosceva bene Philip, era stato il suo primo fidanzato, la prima storia della sua vita. Era finita un anno prima, per volontà di Morgana.
Non era stata una storia lunga, giusto qualche mese, lei non sentiva lo stesso trasporto di lui e così aveva rotto ma Philip non era uno che demordeva, e più spesso di quanto lei avrebbe voluto la braccava, sbucava fuori quando non era atteso, tentava in tutti i modi di riconquistarla. Per Morgana era un vero strazio.

-Vi conoscete?

-Certo, sire. Molto molto bene, anche.

A quel punto accadde che William guardava Morgana, lei stava sbranando il suo ex con lo sguardo e quest'ultimo faceva finta di niente.
Non era tanto per l'ammissione sottintesa a infastidirla quanto il fatto che a sentirle era il re, di cui fino a quel momento aveva solo sentito parlare mentre adesso conosceva, o comunque immaginava, dettagli e cose della sua vita che avrebbero dovuto restare private.

O forse, più semplicemente a Morgana stava fastidio qualunque cosa uscisse dalla bocca del segretario del re.
Questo era un fatto.

-Se non è chiedere troppo, Altezza, gradirei tornare al mio lavoro.

-Quale?- replicò lui perfettamente conscio di non sapere assolutamente niente della sua salvatrice.

-Sono una cameriera a palazzo, sire.

-Ma dai? E com'è che non ti ho mai vista prima?

-Non saprei.

-Mmh...

-Posso?

-Mmh?

Morgana sospirò e alzò gli occhi al cielo.
William la guardò con uno squarcio di divertimento nello sguardo.

-Mi date il permesso di andare?

-Oh quello. Sì, sì certo. Vai pure.

La donna non se lo fece ripetere due volte e partì a passo di razzo verso l'inizio della foresta per fare ritorno a palazzo.

-Ora, se non avete intenzione di scappare ancora possiamo ritornare al nostro lavoro, Altezza.

-E sia, tanto oggi non me ne va bene una.

*

Le successive tre ore William le passò a scartare ogni singola potenziale regina.
Sentiva addosso l'espressione di rimprovero del suo segretario ma scelse di ingnorarlo completamente. Svolgeva il suo lavoro in modo egregio ma era anche un gran rompipalle.
Era più piccolo di lui di qualche anno, tre o quattro, e lavorava al suo fianco da almeno sei anni.
Era discreto e preciso. Troppo preciso.
William non era preciso, anzi, confusionario al limite del patologico era una descrizione che gli calzava a pennello.

-Altezza, così non va. Le avete scartate tutte.

-Ma che motivo c'è di prendere moglie? Io non la voglio. Non le sopporto le donne. Una notte con loro mi basta e avanza.

-Il regno ha bisogno di un erede.

-E glielo darà Penelope. Mia sorella ci vive appresso a tutte le stronzate dell'amore.

-Altezza, vi prego. Non vi costa nulla fare uno sforzo.

-Mi costa invece. Mi costa tempo ed energie. Tutte cose che potrai usare facendo altro.

-Tipo?

-Boh. Qualcosa di più interessante sicuro.

Il segretario sospirò esausto e al limite della pazienza. Perché per stare appresso al re la pazienza doveva essere un dono innato proprio.

-Ci sarebbe sempre Cassandra.

-Assolutamente no!

Piuttosto avrebbe sposato la prima donna che le passava davanti.

-Sarebbe perfetta per questo ruolo. Fareste felici i sudditi, il regno ne avrebbe giovamento, i gossip su di voi terminerebbero in tronco, e il parlamento sarebbe più che soddisfatto.

William non ne poteva davvero più.

-Philip, ascoltami bene, piuttosto che sposare la mia psicopatica ex fidanzata, abdico e sparisco nel deserto.

-Siete esagerato.

-Sono realista.

Detto questo si alzò, fece il giro della sua scrivania e in men che non si dica fu davanti alla porta.

-Ma dove state andando, ora?

-È quasi ora di pranzo.

E significava una cosa soltanto: stare con la regina, sua madre.

Il contratto: Un Amore...RealeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora