CAPITOLO 1

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Sono sveglia.

Sono le 5 del mattino di martedì 7 settembre e io sono sveglia.

Potrei alzarmi dato che il sonno ha deciso di abbandonarmi totalmente, ma questo vorrebbe dire iniziare la giornata, e non ne ho per niente voglia.

Potrei rimanere qui a fissare il soffitto, ma questo mi porterebbe a pensare, mi porterebbe ad addentrarmi e perdermi dentro questa mente che poi ricade sempre negli stessi argomenti. Ragionamenti che cerco di evitare come se fossero frecce infuocate che vogliono infilzarsi prepotentemente nella mia pelle sottile, fino a squarciarla infinite volte.

Fastidioso quasi quanto una persona che non fa altro a parte rimuginare sui suoi problemi, lamentandosi e basta, portando all'esasperazione e alla finzione di interesse le persone che la ascoltano.

Beh, io non sono così, sappiate che se c'è qualcosa che mi turba, le uniche a esserne a conoscenza siamo io e io. Me la sono sempre cavata da sola e continuerò così.

Snervata da questo tempo fermo e noioso mi alzo e dopo essermi data una sistemata al viso, metto dei leggings , una felpa nera sopra un top sportivo e la scarpe da ginnastica. Esco da camera mia facendo lo slalom tra gli scatoloni sparsi nel corridoio, ma mi soffermo a guardare mia madre che dorme tranquillamente nel suo letto, che è per metà vuoto.

Scuoto la testa e esco velocemente da questa casa tirando su il cappuccio della felpa.

Ed ecco qui davanti a me l'alba. Sarà stupido ma il sole non ancora completamente sorto, mi fa sentire al sicuro e protetta. La sua luce arancione e calda è come se accarezzasse il mio viso con una delicatezza soave. Quasi fosse una coccola.

Vedere la mia città ancora dormiente e spopolata mi rasserena.

Metto le cuffiette mentre cammino a passo sostenuto per poi iniziare a correre. Alzo il volume della musica al massimo sperando le mie canzoni possano far smettere di vociferare i miei pensieri, mi piacerebbe tanto avere un attimo di pace.

La corsa, inizialmente lenta, diventa sempre più veloce, però è un ritmo che riesco a sostenere tranquillamente, d'altronde che cosa sono atleta a fare sennò.

Le strade sono ancora abbastanza vuote e la cosa mi piace, odio il traffico, l'inquinamento causato dalle macchine e il casino che fanno. Per non parlare di tutti gli incidenti che avvengono ogni giorno, i migliaia di animali feriti o addirittura morti.

Noi, per avere un privilegio, ovvero quello di spostarci in macchina, disboschiamo e creiamo strade sulle quali spesso, investiamo queste povere creature, a volte senza nemmeno accorgercene.

Arrivata a un incrocio guardo attentamente prima di attraversare, l'altro semaforo è rosso, quindi passo senza fermare la mia corsa.

In quel instante scorgo un movimento con la coda dell'occhio e qualche secondo dopo sento un forte colpo alla gamba sinistra seguito da uno stridio di freni e dalla mia caduta sull'asfalto con un suono cupo, quasi divertente.

Mi metto a ridere.

<< Non ti hanno insegnato a guardare prima di attraversare?! >> Urla una voce maschile e potente.

Degli anfibi color pece occupano totalmente la mia visuale impedendomi di guardare altro. Alzando lo sguardo, osservo dei pantaloni scuri, sono pieni di tasche e molto più larghi rispetto alle gambe di chi li sta indossando. Sopra, una maglia a maniche corte dello stesso colore dei pantaloni avvolge perfettamente un petto ampio, delle larghe spalle e il rigonfiamento dell'inizio delle braccia possenti, che ricadono elegantemente lungo i fianchi terminando con delle grandi mani riempite di anelli, certuni color acciaio, altri neri.

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