CAPITOLO 2

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Direi che rimandare la sveglia per tre volte sia abbastanza.

L'agitazione per il primo giorno di scuola, il lungo viaggio di ieri o forse la litigata con mia madre; non so chi delle tre abbia influito di più sul mio sonno visto che avrò dormito DUE DANNATISSIME ORE.

Nonostante avrei tanto voluto fosse tutto un sogno, questo primo sguardo conferma tutto il contrario.

Con gli occhi pieni di sonno cerco di mettere a fuoco la stanza ancora estranea e fin troppo grande per una come me.

Mi sono sempre piaciuti gli inizi.

Il primo episodio di una serie TV.

L'inizio di un rapporto o di una relazione, il primo bacio.

L'inizio di un libro, quando lo leggi per la prima volta.

Il primo ascolto di una canzone.

La prima volta che vedi qualcuno e nella tua mente si insinua la prima impressione.

Quando siamo agli inizi è ancora tutto sconosciuto, come coperto da un velo.

La cosa che mi ha sempre affascinata è come cambia il nostro rapporto con una persona o una cosa, come lo sconosciuto diventa conosciuto, abitudinario, esplorato e infine noioso.

Una differenza abissale e straordinaria tra il prima e il dopo.

Quando si è agli inizi è bello pensare: chissà quanto questa cosa diventerà mia, chissà se ha quello che cerco, quello che bramo più di ogni altra cosa.

Chissà che cosa diventeremo alla fine.

Vado nel bagno in camera per fare una doccia.

Chiamarlo "bagno" è più che riduttivo, la doccia è come se fosse una stanza a se, poi c'è anche la vasca, due lavandini e uno specchio che occupa metà della parete marmorea sopra di essi.

Il mio sguardo si sofferma su una ragazzina dai capelli castani scuri caratterizzati da una forma che ricorda le onde del mare, la luce giovane del sole enfatizza i suoi riflessi naturali sul rossiccio. Il suo viso snello è ricoperto da pelle dal colore olivastro. Inizia a spogliarsi per entrare in doccia scoprendo il suo corpo esile e lasciando i vestiti per terra.

Poi l'acqua scivola su di me.

Scendo giù a fare colazione con i capelli ancora bagnati e vedo solo una figura seduta al tavolo, a momenti mi viene un colpo, è come se realizzassi solo adesso il fatto di dover vivere veramente con questa persona e quindi vederla tutti i giorni.

Lo osservo e sembra così innocuo: i capelli scuri gli ricadono sul viso nascondendoglielo, non seguono un ordine preciso. Ha gli occhi chiusi e la mano a pugno con la quale si sorregge la testa. Sul tavolo in marmo, con l'altra mano stringe una tazza di caffè; questa posa fa gonfiare i muscoli del braccio e del petto enfatizzandoli al massimo.

Nella cucina riecheggia solo il suono del suo respiro profondo.

D'un tratto si risveglia dalla sua quiete e i nostri occhi si uniscono per un intervallo di tempo che mi sembra fuori dal normale e che non riesco a conteggiare.

Il suo sguardo è pesante, come se mi schiacciasse, non riesco a reggerlo così lancio il mio fuori dalla finestra.

Come spiegare l'eternità racchiusa in un istante?

Sento la tensione scorrere dentro di me come fosse elettricità.

Dico la prima cosa stupida che mi viene in mente <<E così... Logan non è il tuo vero nome...>>

Persa dentro di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora