CAPITOLO 11

5 0 0
                                        


PEYTON
Dopo essere sopravvissuta a un'altra giornata di scuola sono a casa sul divano ma il campanello che squilla non mi vuole dare tregua.
Mi alzo senza voglia e mi trascino fino alla porta.
<<Ciao Petty.>> Impossibile non riconoscere la sua voce.
<<Papà? Ma cosa ci fai qui, non ci vediamo da un sacco.>> Mi fa piacere vederlo dopo tutto quello che è successo.
Prende della chiavi in tasca e le sventola davanti a me. Un sorriso si apre sul suo volto dalla carnagione olivastra ricoperto di barba sale e pepe.
<< Tuo padre mantiene le promesse. Ti ho preso una cosetta, vieni. >> I papà e le loro sorprese...
Usciamo di casa e superiamo il giardino dirigendoci in strada dove una moto nera ci attende.
Non può essere. Mi ha preso veramente una moto.
<<È quella che volevi vero?>> Si volta a guardarmi con attenzione.
Non riesco a trattenere l'emozione, mi butto su di lui per abbracciarlo più forte che posso.
Mi era mancato abbracciare mio padre, quasi mi ero dimenticata della sensazione di sicurezza
<<Grazie, grazie papi. È bellissima! Certo che era quella che volevo!>> Non riesco a trattenere l'euforia.
<<Dopo tutto quello che abbiamo passato, te la meriti.>> Mi accarezza i capelli sorridendomi.
<<Tu come stai papà?>> Voglio saperlo veramente, siamo sempre stati tutti così chiusi in famiglia.
<<Va bene, va alla grande. Non ti devi preoccupare per me piccola.>> Mi sorride.
Ma a me si stringe il cuore dentro il petto perché so che non è così, nessun papá sta bene senza sua figlia così come la sua bambina non sta bene senza il suo eroe indiscusso.
Lui è stato costretto ad andarsene da mia madre e io penso che questo non potrò mai perdonarglielo.
Ma d'altra parte, se tieni veramente a qualcosa lotti per tenertelo stretto. Non te lo fai portare via senza battere ciglio.

Passiamo tutta la serata insieme, mangiamo fuori, parliamo della scuola, della nuova casa, di David.
<< E qualche ragazzo che ha adocchiato la mia bambina non c'è?>> Aiuto.
<<Papà, mi rifiuto categoricamente di parlare di ragazzi con te.>> Incrocio le braccia sul petto.
<<Però posso dirti di si, potrebbe esserci qualcuno.>> Scoppio a ridere quando per un pelo non gli vanno di traverso gli spaghetti.
<<E non c'è qualche donna che invece ha adocchiato il mio papà?>> Lui tossisce.
<<Mi rifiuto categoricamente di parlare di donne con te. >> Imita la mia voce in un modo fin troppo divertente.
<<Dai papà, non parlo così!>> Scuoto la testa in segno di disapprovazione ma sotto i baffi nascondo una risata che non ci mette molto a uscire.
Poi mi riaccompagna a casa, lui prende la macchina e se ne va. Lui torna alla sua vita e io alla mia. E non so quando lo rivedrò.
I tempi in cui tornavo a casa e lui mi chiedeva come fosse andata scuola, i tempi in cui lo sentivo russare nella camera di fronte alla mia sono finiti. Ora lui è lontano da me, lontano da sua figlia, l'unico posto dove un padre non dovrebbe mai stare.
Ma cerco di tirarmi su, come ogni dannata volta.
HO UNA MOTO!!!
Ancora non ci credo, non vedo l'ora di usarla.

Il mattino dopo prendo la mia moto nuova di pacca, la accendo e inizio a guidare verso scuola.
Per raggiungere il parcheggio devo affrontare una piccola salita ma abbastanza ripida. Mi volto nel momento in cui qualcuno mi suona il clacson.
<<Quell'idiota di Eduards.>> Sospiro annoiata.
Quando riporto il mio sguardo davanti a me noto che c'è una transenna esattamente di fronte a me. Non riesco a frenare in tempo e ci vado a sbattere in pieno. La transenna cade con un forte rumore metallico e finisce sotto le mie ruote. Freno immediatamente e poggio per terra l'unico piede con cui tocco.
Ma la moto è terribilmente pesante e inoltre sono anche in discesa. Sento che mi sta per cadere. E se dovesse cadere mi trascinerebbe giù con lei.
Delle mani coperte da dei guanti in pelle nera afferrano il manubrio della mia moto. Il suo odore mi investe.
<<Tutto bene?>> Il suo tono di voce non è per niente tranquillo. Sembra quasi preoccupato per me.
Io lo guardo negli occhi incapace di chiedergli aiuto. Come al solito sento qualcosa che mi blocca, che mi dice che devo farcela da sola e che sicuramente non ho bisogno del "suo" di aiuto.
<<Scendi Blake, ci penso io.>> Ha ancora la visiera specchiata del casco abbassata perciò la sua voce arriva ovattata; ma la rabbia nel suo tono si percepisce forte e chiara.
Scendo dalla moto unattimo prima che ci si sieda lui. Sembra quasi che gli vada piccola da quanto è possente. Con un piede sposta la transenna da sotto la mia moto e poi continua la salita verso il parcheggio con la massima tranquillità.

Persa dentro di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora