Capitolo 8 - Via alle indagini

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-R-robert, ma é tutto vero?- esordisce mia madre quando scendo dall'auto.

-Si mamma, l'ho visto con i miei occhi.

-Oddio, ma come Robert? Hai visto l'omicidio?

-No, non l'omicidio, ma sono stato la prima persona a uscire dopo che esso era accaduto e a vedere tutto.

Mio padre per il momento sta restando fuori dalla conversazione, ma dopo poco anche lui si inserisce:

-Hai sentito qualcosa, lo sparo se eri fuori?

Ancora quella domanda, e la risposta sarebbe stata la stessa.

-No, cioè sí lo sparo c'è stato ma io non l'ho sentito, non riesco ancora a capire il perché...

-Ah, giusto, ormai tutti usano i silenziatori.

Ecco, allora se lo confermava anche mio papà doveva essere andata proprio così, anche se non ne ero ancora totalmente sicuro.

-Tesoro, ascolta, se vuoi stare da solo ti capiamo benissimo, diccelo e togliamo subito il disturbo, dopo tutto quello che é successo sarai sconvolto.

Mia mamma aveva ragione in parte: in effetti avevo appena iniziato a formulare e a realizzare la realtà, e sapevo che appena entrato in casa sarebbe stato ancora peggio, vedere con i miei occhi che qualcosa mancava, qualcuno mancava.

D'altra parte, però, so che avrei bisogno dei miei genitori: affrontare tutto da solo, soprattutto il primo giorno, sarebbe stato molto difficile.

-No mamma, davvero, credo sia meglio se restiate con me.

Così ci incamminiamo dentro la casa, che anche se siamo in tre ora mi sembra triste e vuota, e prepariamo il pranzo.

Come ci aspettavamo, nessuno ha fame e mangiamo praticamente 50 grammi di pasta ciascuno.

Dopodiché andiamo in salotto e decido di accendere il televisore, ed ovviamente tutti i telegiornali non fanno altro che parlare degli omicidi di stamattina: "morto con due colpi di pistola il geometra James Terrence e per un infarto il diciassettenne Dustin Hopper".

Alla vista di questo titolo mi si contorce lo stomaco, era impossibile riuscire a credere a quello che era successo, e che era proprio successo a noi.  

Quando succedono omicidi, sembrano sempre cose surreali, cose estranee a noi.

E poi leggi il nome di tuo figlio al telegiornale, e capisci che ti eri sempre sbagliato.

Insomma, cosa avevamo fatto per meritarci questo?

Perché era morto, perché lui?

Chi o cosa gli aveva causato l'infarto?

Non riesco a smettere di chiedermelo, vorrei sapere e capire tutto il prima possibile, non che mi avrebbe fatto rassegnare o tranquillizzare, ma non potrei resistere a lungo tormentandomi tutto il tempo con questi pensieri.

Il problema è che non riesco proprio a pensare ad altro, d'altronde, come si fa a pensare ad altro quando, poche ore prima, tuo figlio è morto, e nessuno sa come o chi l'abbia ucciso.

Ma forse, il fatto che mi preoccupa di più, è che c'era qualcosa che non quadrava: James.

Non c'entrava assolutamente nulla, o meglio, c'entrava con noi e con Addie, ed era questa la cosa grave. 

Ho come il presentimento che qualcosa non vada: non possono essersi casualmente trovati allo stesso tempo nello stesso luogo, e poi lì morire, uno in un modo e uno in un altro. 

Omicidio a BrooklynDove le storie prendono vita. Scoprilo ora