Sono stanca di essere sempre la cattiva della situazione. Faccio le cose perché voglio farle, non perché me lo chiedano altri. Perché qualcuno le deve fare, altrimenti gli amici non ricevono i regali, le vacanze non si organizzano, le situazioni non si calmano, le uscite non si fanno, le persone non sorridono, gli appunti non si studiano, il senso di colpa di essere inutile non si placa. Dunque, non posso aspettarmi alcun ringraziamento.
Le persone non sorridono... non che mi aspetti di essere tanto importante da cambiare in alcun modo la giornata di qualcun altro. Ma se non faccio tutto questo, sento che nessuno mi sorriderà più. Il che, beh, è molto più egoisticamente diverso.Dunque, non posso aspettarmi ringraziamenti. E nemmeno li voglio, in realtà.
Il problema nasce quando smetto di fare una qualunque di queste cose. Quando smetto di essere organizzata, precisa, cordiale, gentile, disponibile.
Mi guardo allo specchio e vedo un vortice buio tenuto a stento sotto controllo dalle mille mani da cui mi sono circondata. Ogni giorno mi ripeto che la vita che vivo mi basta. La guardo e dico, va bene. Mi piace. Le attenzioni che gli altri mi danno per ciò che faccio mi basta.
Poi arrivano i momenti non sereni. E quelle mani che dovevano tenere fermo il vortice diminuiscono, rendendo ancora più difficile alle restanti di non farlo esplodere.
Non ricordo una cosa e all'improvviso ho mancato di rispetto qualcuno. Va bene, prendiamoci la colpa e diciamo che ci dispiace. Non importa che l'amico che ti aveva detto che ci sarebbe stato sempre per te ti abbandona. Non importa che l'amica che si definisce tanto sensibile verso tutti alla fine non pensa a come ti senta tu e alle mille cose della tua vita per cui potevi essere distratta. Non importa che l'amica che ti aveva abbracciato qualche giorno prima prende le difese di un altro. Rabbia, via.
Faccio presente un impegno preso e all'improvviso ho mancato di rispetto qualcuno. Non importa che abbia ricordato mille volte che cosa si sarebbe dovuto fare una volta arrivata la notizia. Non importa che l'amico che conosce la situazione finanziaria in cui sono mi si mette contro per spalleggiare la ragazza che è già stata in torto con me altre volte. Rabbia, via.
Chiedo delle informazioni su una cosa accaduta e all'improvviso ho mancato di rispetto qualcuno. Non importa che mi sia stato detto che si trattava di un discorso non privato. Non importa che l'amico più pettegolo del mondo mi faccia sentire in torto per una curiosità espressa una sola volta, senza che conoscessi i contorni della situazione. Non importa che riconosca negli occhi dell'amico un modo di vedermi tanto brutto da lasciarmi senza fiato. Rabbia, via.
Sono stanca e rispondo male e all'improvviso ho mancato di rispetto qualcuno. Non importa la reazione eccessiva delle successive due giornate, ho sbagliato io. Non importa che quella stessa persona mi abbia preso come suo pungiball di parole per anni, ma appena lo faccio io per esasperazione non va bene. Rabbia, via.
Sono al telefono durante una vacanza e all'improvviso ho mancato di rispetto qualcuno. Non importa se erano chiamate importanti di lavoro a cui non potevo non rispondere. Non importa che sia stata con le persone che erano con me tutto il tempo e questa cosa mi ha portato via solo qualche ora di pochi giorni, dovevo prestar loro più attenzioni, va bene. Rabbia, via.
Inizio a lavorare e all'improvviso ho mancato di rispetto qualcuno. Non importa che riesca a conciliare casa, studio, due lavori, tirocinio e tesi, devo semplicemente fare meno cose. Non importa che io sappia di potercela fare, non ce la farò, quindi è diritto di tutti dirmelo senza mostrarmi alcun supporto, è diritto di tutti mettermi pesi non miei sulle spalle e incoraggiarmi a fallire senza che se ne rendano neanche conto. Rabbia, via.
E altre migliaia di situazioni, ogni giorno, tutti i giorni, ogni ora, per sempre. Ma mi dico che la mia vita mi basta così. Sempre sulla costante elsa di una lama, l'elsa in mano a persone che non sono io. E glielo lascio fare. Ecco qual è l'altra mia grande colpa, lasciarglielo fare. Però appena dico di no a situazioni, commenti, giudizi, sono la stronza.
Sono la grande, cattiva, me.
E so quanta squallida commiserazione susciteranno queste parole. Sembro diventare un mostro agli occhi di tutti, anche di quelli che ritenevo più vicini. Sanno che non farei mai certe cose, non userei mai certi toni, non mi inserirei mai in certe discussioni, se non avessi delle ottime motivazioni. Ma il fantastico arriva qui. L'eccezionale, la linea che sembra separarmi. Il mio cervello non riesce a smettere di chiedersi perché una persona faccia una certa cosa. Non la etichetta come cattiva a prescindere. Ognuno ha la propria vita. Certe atmosfere sono evitabili semplicemente rendendosi conto di come sta qualcun altro. Parlandone. Domandando.
Non mi ricordo più quand'è stata l'ultima volta che qualcuno mi ha chiesto come stessi per davvero. Non in preda al senso di colpa di qualcuno che non ti vede né chiede tue notizie da troppo tempo. Non per la voglia di qualcuno di evadere dalla propria vita entrando in quella di un altro. Non per la domanda in sé di circostanza.
A me non lo chiedono mai, come sto. Non per davvero. Mi guardano, vedono i mille problemi che sfiorano il mio volto e se ne vanno. Forse sono impauriti. Già in tanti mi hanno detto che i pesi che porto dentro non riescono ad affrontarli. Che fanno male. A loro, capite? Come se non aggiungessero un altro grande macigno su di me con quelle parole.
E alla fine, quando scoppio, e qualcuno si interessa a me perché inizia finalmente a vedermi, come stai non è più un come stai. Come stai è perché sei così stressata. Come stai è covi tanta rabbia solo perché hai troppe cose da fare, e non riesci più a gestirle. Come stai è devi smetterla di comportarti così, non va bene. Come stai è non mi piace vederti in questo stato.
Come stai è l'ennesimo giudizio, scritto con l'inchiostro rosso del sangue d'un amico avvelenato dall'incomprensione.
Ma anche ora, non so cosa mi aspetti dagli altri. Non saprei neanche rispondere per davvero ad un vero come stai. So solo che il vortice dentro di me si mi sta dilaniando. E sto tentando di fermarlo con ogni strappo di carta possibile, prima che il fiume mi allaghi.
E forse un semplice come stai, ne vuoi parlare, scevro di giudizi e ripieno di comprensione è tutto ciò che mi serve per tenerlo un altro po' sotto controllo.
Ma va bene così.
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La Pesca Dell'Immaginazione
Short StoryCi sono storie destinate ad essere raccontate in lunghe pagine d'inchiostro, senza una fine. Catturano prima la mente, poi l'anima del lettore in un viaggio che continuerà nei suoi ricordi futuri. Ma non sempre tutte le storie possono essere descrit...