☾︎𝖙𝖍𝖎𝖗 𝖙𝖜𝖔☽︎

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32 |𝗖𝗢𝗡𝗙𝗨𝗦𝗜𝗢𝗡 |

Bill tornò a casa quel pomeriggio, stanco ma soddisfatto per i progressi fatti con il nuovo album. Appena aprì la porta, fu accolto da un silenzio rotto solo dal sottofondo della televisione, che trasmetteva a volume basso un vecchio film che ormai nessuno stava più guardando. L'aria in casa era calda e accogliente, un contrasto piacevole rispetto al freddo autunnale che lo aveva accompagnato per tutto il tragitto di ritorno. Lasciò le scarpe con un gesto rapido e la giacca scivolò via dalle sue spalle, lasciata appesa con distrazione all'ingresso.

Attraversò il corridoio in punta di piedi, cercando di non fare rumore, e si diresse verso il salotto. La vista che lo accolse lo fece sorridere: Miranda era distesa sul divano, addormentata, con il loro gatto Pumba che si era comodamente accoccolato sul suo ventre, come un piccolo guardiano peloso che vegliava su di lei. Pumba aprì gli occhi per un istante quando Bill entrò, ma non si mosse, sembrava quasi che volesse proteggere qualcosa con quel suo atteggiamento da sovrano pigro.

Bill si avvicinò lentamente, il cuore che gli si scaldava al vederli così, si sedette delicatamente al fianco di Miranda e, con gesti affettuosi, iniziò ad accarezzarle i capelli, morbidi e ancora caldi di sonno. Lei si svegliò piano, sbattendo le palpebre per riabituarsi alla luce soffusa del pomeriggio ormai inoltrato.

«Eii...» biascicò Miranda, la voce ancora velata di sonno. Le sue labbra si incresparono in un dolce sorriso, mentre il suo sguardo trovava quello di Bill.

«Scusa se ho fatto tardi, Kirsche... Io e gli altri stiamo lavorando al nuovo album,» si giustificò lui, con un tono che mescolava stanchezza e orgoglio.

Miranda gli sorrise con dolcezza, allungando una mano per accarezzargli la guancia in un gesto che sembrava voler cancellare ogni traccia di preoccupazione. «Non preoccuparti, Billy, non fa nulla,» sussurrò, la sua voce ancora soffice, come il tocco delle sue dita.

Pumba, noncurante della scena, si stiracchiò appena, poi si accoccolò di nuovo, come a voler ribadire la sua autorità su quel momento di quiete.
Bill guardò Pumba accoccolato sul ventre di Miranda e sorrise distrattamente. «Ma guardalo…» mormorò, con un tono affettuoso e divertito. «Mi ha rubato la ragazza,» aggiunse, facendo scivolare via la frase come se fosse solo una battuta. Il suo sorriso era rilassato, senza malizia, ma Miranda rimase per un attimo spiazzata dalle sue parole. Non era la prima volta che Bill lasciava intendere qualcosa di più, ma lei decise di non dire nulla. Non voleva metterlo in imbarazzo per quel lieve errore o magari rovinare quel momento di tranquillità tra loro.

Più tardi quella notte, però, Miranda non riusciva a trovare pace. Si girava e rigirava nel letto, i pensieri che vorticosamente la tenevano sveglia. Sospirando, decise di alzarsi e di andare a fumare una sigaretta sul balcone, sperando che l’aria fresca potesse aiutarla a calmare la mente. Quando aprì la porta, però, vide che Bill era già lì, seduto su una delle sedie, perso nei suoi pensieri.

Con il passo leggero, Miranda si sedette di fianco a lui, ma il movimento improvviso lo fece sussultare. borbottando qualche insulto in tedesco mentre si riprendeva dallo spavento. Il suo viso si rilassò subito quando si rese conto che era solo lei. La risata genuina di Miranda riempì l’aria notturna, e Bill, sorridendo a sua volta, scosse la testa divertito.

Il silenzio che seguì fu quasi piacevole, interrotto solo dal suono leggero della città addormentata e dal crepitio della sigaretta tra le dita di Miranda. Ma qualcosa premeva dentro di lei, qualcosa che non poteva più ignorare.

«Bill…» iniziò a dire, rompendo quella pace fragile che si era creata tra loro. Lui si girò verso di lei, gli occhi ancora velati di confusione e un pizzico di preoccupazione. «Noi… cosa siamo?» domandò, la sua voce ferma, ma carica di incertezze.

Bill la guardò per un momento, chiaramente sorpreso dalla domanda. «In che senso?» chiese, cercando di guadagnare tempo per capire meglio cosa stesse succedendo. Miranda sorrise, ma era un sorriso un po’ amaro, e distolse lo sguardo, sistemando i capelli rossi dietro l’orecchio con un gesto nervoso.

«Stiamo insieme?» continuò lei, le parole ora più fluide. «Perché a volte sembra che lo siamo… ma altre volte sembriamo solo due adolescenti alle prese con la loro prima cotta.» Un leggero velo di frustrazione trapelava dal suo tono, e le sue dita tremavano appena mentre portava la sigaretta alle labbra.

Bill rimase in silenzio, lo sguardo fisso su di lei. Quella domanda l’aveva colto di sorpresa, ma era qualcosa che anche lui si era chiesto, solo che non aveva mai trovato il coraggio di affrontarlo.

Miranda, delusa e infastidita dall'assenza di una risposta chiara, spense la sigaretta nel posacenere sul tavolo accanto a lei con un gesto deciso. Scrollò le mani per liberarsi del fumo residuo, poi si alzò senza dire altro. Il silenzio tra loro era diventato troppo pesante, e lei decise di non insistere. Rientrò in casa con passo lento, ma determinato, cercando di lasciare quell'imbarazzo alle sue spalle. Si rimise a letto, il corpo stanco e la mente stordita dai pensieri confusi. Nonostante tutto, l’esaurimento prese il sopravvento, e Miranda si addormentò quasi immediatamente, come se volesse sfuggire a quella realtà sospesa tra incertezza e desiderio.

Bill rimase sul balcone, lo sguardo fisso sulle luci lontane della città, il cuore appesantito dal senso di colpa. Si rese conto di quanto la sua risposta fosse stata mediocre, quasi una fuga dalle emozioni che nemmeno lui riusciva a definire. Anche se non lo aveva detto apertamente, si sentiva dispiaciuto per non essere stato in grado di darle ciò che cercava: una risposta sincera, qualcosa che potesse dissipare quel velo di ambiguità tra di loro.

Ma la verità era che nemmeno lui sapeva cosa provava. Il loro rapporto era diventato complesso, sfumato in quelle zone grigie che si creano quando i sentimenti si mescolano all’abitudine e all'affetto profondo. Lui, come Miranda, si trovava intrappolato tra il desiderio di definire ciò che avevano e la paura di cambiare qualcosa, di dare un nome a quel legame e magari rovinarlo.

La notte era fredda, e Bill si strinse un po’ di più nella sua felpa, cercando conforto in quel buio tranquillo. Rimase lì per qualche minuto ancora, immerso nei suoi pensieri, chiedendosi se sarebbe mai riuscito a trovare il coraggio di affrontare davvero quei sentimenti confusi.

𝐊𝐈𝐑𝐒𝐂𝐇𝐄 ✩  ᵇⁱˡˡ ᵏᵃᵘˡⁱᵗᶻDove le storie prendono vita. Scoprilo ora