PiperIl bagliore del sole mi attraversava lo spazio tra le dita delle mani. Mi coprivano il viso da lontano, mentre la mia chioma bionda era sparsa nel prato.
Gli occhiali neri, quelli che indossavo tutte le mattine a scuola, stavano ormai scivolando lungo il dorso del naso. Un po' storti, disordinati come me.
«Starà bene qui, ci prenderemo cura di lei.» Sentivo vociferare qualcuno, facendo riferimento alla povera anima distesa.
Mi ero già rotta altamente le palle di stare ferma ad aspettare e sorbirmi il modo pietoso in cui mi guardavano le persone.
«Per qualsiasi necessità, non esiti a chiamare mia moglie.»
Con la coda dell'occhio guardai mio padre lanciarmi l'ultima occhiata. Scosse la testa esausti prima di risalire nei sedili posteriori della sua auto.
Che si fottesse.
Non avevo mai avuto un bel rapporto con lui, nemmeno con mia madre in realtà. Ero la figlia non perfetta che rovinava sempre loro i piani.
Quella che non seguiva le regole e preferiva rovinarsi la vita piuttosto che dar retta alle loro indicazioni sul come non rovinare la reputazione di questa famiglia.
Tirai un sospiro di sollievo quando le ruote dell'auto iniziarono a girare, allontanandosi da me e la persona che ancora vedevo all'incontrario a causa della mia posizione.
Sembrò quasi che essere abbandonata dalla mia famiglia fosse una liberazione. Non che fossi tenuta in gabbia, anzi. Ai miei genitori non importava un bel niente di quelle che erano le mie giornate.
Interessava di me solo quando in qualsiasi modo potevo danneggiare la loro immagine.
Mi sollevai, portando con me una manciata di fili di prato e un retrogusto amaro di ciò che mi sarebbe aspettato di lì a poco.
Dal terreno sollevai le pupille lentamente, dietro gli occhiali, sull'edificio che avevo davanti agli occhi.
La Riverside Clinic.
Un posto apparentemente ben tenuto, all'avanguardia e quasi paradisiaco che nascondeva al suo interno un ammasso di ragazzi scaricati lì dalle proprie famiglie.
Quelle quattro mura contenevano un covo di rabbia e senso di abbandono che quasi sfiorava l'esplosione atomica.
Delle menti danneggiate messe assieme non creavano mai nulla di buono.
«Piper Castel.» Il mio nome mi fece tornare con i piedi per terra.
Subito guardai alla mia sinistra. Un uomo di circa quarant'anni mi stava osservando da dietro la mia spalla.
«Risparmiami la predica. So che fate i vostri soliti discorsi sul come riprenderò a vivere in questa clinica del cazzo. Voglio solo sdraiarmi nel mio letto.»
Lasciai l'uomo a bocca aperta. Probabilmente non si aspettava nulla del genere da una ragazza dai capelli cotonati, decolorati e un piercing al naso grosso quanto l'anello che portava al dito.
«Michael, piacere.» Forzò un sorriso, seguito da uno sbuffo già esausto. «Sarò il tuo referente e inizio già a capire che il tuo percorso qui dentro inizierà con qualche lezione sul come relazionarsi alle persone.»
Puntò i pugni nei fianchi. Si beccò subito un'occhiataccia da parte mia.
«L'importante è che questo percorso spirituale inizi con un caffè e sigaretta ogni mattina, per il resto non me ne frega un cazzo di voi sfigati.»
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AFTER HIM
Romance"A volte, per trovare la luce, devi prima perdere tutto nel buio." Piper, tormentata dalla colpa per la morte del suo ragazzo, viene costretta dai genitori a entrare nella Riverside Clinic, un luogo che ospita adolescenti spezzati come lei. Lì, inco...