5. I'LL BE THERE FOR YOU

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Piper

Ah, New York.

Non c'era angolo di quella città che non mi piacesse. Era perfetta, in ogni sua sfaccettatura. Nonostante odiassi i taxi costantemente in corsa e per cui dovevi fare a pugni con la solita vecchietta a bordo strada per prenderne uno.

Il mio solito caffè con latte matcha era all'ordine del giorno. Non riuscivo a iniziare le giornate col piede giusto senza berne uno.

Andavo alla mia caffetteria di fiducia a Central Park e mi mettevo in coda mentre ascoltavo della buona musica dalle mie cuffie. Mi scattavo qualche foto per aggiornare i miei profili e sorridevo.

Mi bastava quello. Era a volte quella semplicità a farmi dimenticare quanto fosse infernale la mia vita.

Entrai, sognando già di sorseggiare la mia bevanda preferita. Tirai su il cellulare e girai la telecamera per scattarmi l'ennesima foto mattutina.

Sorrisi e il volto di qualcuno accanto a me mi fece sobbalzare. Rimasi col cellulare a mezz'aria quando mi resi conto che nello schermo del mio cellulare stavo osservando Hunter.

Lo abbassai e mi voltai. Non l'avevo immaginato, lui era davvero lì, accanto a me. Indossava la sua giacca bianca e celeste col nome della squadra di football della scuola e teneva le mani nelle tasche dei jeans.

Il ciuffo di capelli mossi gli ricadeva in parte sul naso e i suoi occhi color miele mi sorridevano, come se non fosse mai accaduto niente.

Non sapevo cosa dire. Come poteva essere reale?

«Non mi hai ordinato niente?» Cinguettò allegro, come era suo solito fare. Non lo avevo mai visto triste.

Sbattei più volte le palpebre. Cercai anche di darmi un pizzicotto.

«Hunter?»
«Sì, è il mio nome.» Sorrise. «Qualcosa non va?»

Dal momento in cui sei morto più di un anno fa, direi di sì.

Un brivido mi percosse la schiena. Strinsi il cellulare al petto e indietreggiai. «Sto sognando, vero?»

Hunter si strinse nelle spalle. «A volte i sogni sono più veri della realtà.»

«Tutto questo non ha senso.» Scossi la testa. «Non può essere vero, giusto? Tu sei andato via...»

«Non sono mai andato via, Pip.»

Quasi crollai al suolo quando lo sentii di nuovo chiamarmi in quel modo che tanto odiavo. Mi faceva sentire ridicola, ma quando era lui a dirlo mi veniva spontaneo sorridere.

Sapevo che probabilmente stavo solo delirando, o forse ero morta anch'io, ma mi era mancato. Da quando non c'era più, avevo iniziato ad avere paura di dimenticarmi di lui.

Se avessi scordato ogni nostro singolo momento insieme, non me lo sarei mai perdonato.

«Cosa c'è? Hai visto un fantasma per caso?» Ci scherzò su. Era come sempre. Ironico e fastidiosamente pieno di energia e positività.

Era esattamente come lo avevo visto l'ultima volta.

Il mio sguardo si perse verso il mio riflesso nella vetrina della caffetteria. Hunter era sempre lo stesso diciassettenne che amava la vita, io invece no.

Ero spenta, persa e il mio aspetto non era più quello della reginetta della scuola che amava sentirsi ammirata da chiunque la guardasse.

Sul mio corpo c'erano le cicatrici invisibili del vuoto che mi portavo dentro e qualche tatuaggio in più che rendevano il mio aspetto un po' più rude.

AFTER HIMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora