15 luglio 1949,
Oltre i miei sfoghi, necessito annotare anche ciò che sta succedendo nella mia vita. Ho bisogno di scrivere a caldo tutto e ragionarci su.
Forse mi sto cacciando nei guai, anzi ne sono più che sicura, perché questa mattina ho fatto qualcosa che non avrei dovuto fare: ho parlato con un investigatore. Ho numerosi amici a Provincetown e dintorni.
Ho raccolto diversi nomi in maniera molto discreta e poi alla fine, dopo un'attenta selezione, ho scelto quello che molti di loro considerano il migliore investigatore privato della zona.
Ho approfittato di un momento in cui Reginald ha portato Jane e Sean al mare, ho preso la macchina e ho guidato fino ad un'altra cittadina, affinchè fossi lontana da occhi indiscreti.
Io mi sono seduta su un divanetto di un cafè, lui dal lato opposto, schiena contro schiena. Non ci siamo seduti allo stesso tavolo e non sono riuscita nemmeno a guardarlo in faccia.
Ha pronunciato solo il mio nome e io ho risposto con un "sì" secco, dopodiché ho scritto il nome di mio marito sui tovagliolini posti a disposizione sul mio tavolo. Ho scritto anche quello che sapevo su Carl, insomma qualsiasi cosa potesse aiutarlo nella ricerca.
«Mi dica, cosa vuole esattamente?» Mi aveva chiesto, alla fine.
«Voglio che Carl sparisca dalle nostre vite.» Gli avevo risposto continuando a guardare il divanetto vuoto di fronte a me.
La tensione era palpabile, sentivo il mio cuore battere forte e mi sudavano le mani.
Lui non mi rispose neanche, semplicemente si alzò e andò via.
Rosemary Jones
«Se scoprissimo chi è questo investigatore, potremmo parlare con lui e... Jane?» Sean aveva letto il diario ad alta voce e quando staccò gli occhi dalle pagine per rivolgersi alla sorella, la trovò mezza addormentata sulla poltrona della sua stanza.
«Jane!»
Jane mugolò qualcosa e Sean la scosse, fino a quando non si risvegliò.
«Ma insomma che ti prende? Stiamo parlando di nostra madre e tu ti addormenti così?» Disse con tono sorpreso.
Jane si raddrizzò, stropicciandosi gli occhi e continuando a sbadigliare.
«Scusa... è da un po' che mi sento sempre molto stanca.» Sentiva un macigno sulle spalle e non riusciva a tenere gli occhi aperti. Sean si accigliò, scrutandola, quando bussarono alla porta.
Dopo che i ragazzi invitarono ad entrare, sulla soglia videro Irina con un vassoio.
«Gradirebbe una tazza di tè il signor Hawley?» Chiese con voce dolce. Jane voleva molto bene a quella ragazza minuta, sapeva che senza di lei le sarebbe pesato notevolmente di più stare in quella casa. Era fondamentale avere qualcuno di cui si poteva fidare ciecamente sotto lo stesso tetto.
«No grazie.» Rispose secco Sean.
«Io ne berrei un altro po', magari mi tiene più sveglia.» Aggiunse Jane rivolgendole un sorriso.
Irina entrò nella stanza e versò altro tè nella tazza quasi vuota di Jane.
«Per questa sera puoi andare a casa tua, Irina.» La congedò Sean. Irina gli rivolse un altro sorriso e uscì dalla stanza. «Ma quante ore lavorano qui? Siamo circondati da domestiche come se fossimo in epoca vittoriana!» Mormorò Sean.
«Qual è il problema?» Chiese Jane mentre si sistemava più comoda sul letto e prese tra le mani la sua tazza.
«Non sopporto tutte queste persone in casa.» Sbuffò Sean infastidito.
Jane non rispose, si limitò a riprendere il diario in mano e continuare a leggere quanto c'era scritto successivamente.
Lessero altre pagine di annotazioni sui successivi incontri con l'investigatore, sui sospetti riguardo Carl Pickett e sulla complicità di Reginald. Per non parlare poi dei numerosi appuntamenti clandestini con questo George.
Fino a quando Jane non si addormentò di nuovo.**
«Questo è quello che esporrai al Gala?» chiese Drew, tenendo una sigaretta accesa tra le labbra carnose.
Jane era intenta a terminare una tela molto grande raffigurante lo skyline di New York in piena notte. Non si voltò neanche, continuò a spennellare gli ultimi dettagli; il pennello danzava sui colori.
«Non ti piace?» chiese con tono neutrale.
Da quando Jane aveva confermato con estremo interesse la sua partecipazione al gala, aveva iniziato a dipingere più di prima, William le aveva consigliato di creare un dipinto che sarebbe stato il suo biglietto da visita durante quella serata dedicata a lei. Ci sarebbero stati tanti suoi quadri ovviamente, ma uno solo sarebbe stato esposto nell'ala principale, insieme a quegli degli altri due artisti.
«Banale. Deve essere qualcosa di più di un semplice skyline.» A quel punto Jane si voltò, il grembiule che usava per pitturare era ormai lercio, sporco di un mix di colori non identificabili. In una mano aveva il pennello gocciolante e nell'altra una tavolozza in legno chiaro sporca tanto quanto il grembiule.
Guardò Drew tuffarsi sulla poltrona Chesterfield posizionata di fronte a lei e continuando a fumare con sguardo impertinente.
«Da quando sei un esperto?»
«Non lo sono. Dico solo che se io fossi l'ospite d'onore di un gala, presenterei un capolavoro. Potresti dipingere me nudo per esempio.» Jane trasalì a quella frase, diventò rossa come un peperone e in tutta risposta lui rise fragorosamente, buttando la testa all'indietro e facendo uscire il fumo dalla bocca.
«Non è affatto divertente, sei un cafone!»
«È divertente farti arrossire.»
Jane si voltò, alzando gli occhi al cielo e valutò la sua opera dalla prospettiva di Drew: in effetti non valorizzava per niente il talento che possedeva. Doveva essere qualcosa di straordinario, che uscisse direttamente dall'anima di Jane.
Poi improvvisamente ripensò all'ultimo quadro che fece sua madre. Quel quadro strano, quasi in rilievo, pensò alla carta ammassata sul grembo di sua madre, il suo viso concentrato su dei colori scuri che non aveva mai usato sui suoi quadri.
E poi le venne in mente il diario, le vennero in mente le bugie, le venne in mente la morte.
Rabbrividii.
«Drew... hai... hai fatto ricerche su George Palmer?» chiese con la voce tremante.
«Sì, non me lo sono affatto dimenticato. Non ci sono tracce di lui negli ultimi mesi. Ma ho i miei contatti e ci sto lavorando ogni giorno.» Spiegò Drew con il tono della voce più basso.
«Perché? Perché un magnate dell'industria petrolchimica si dovrebbe impegnare a cercare informazioni del genere?» Chiese Jane scettica, tornando a guardarlo.
Drew le sorrise e spense la sigaretta sul posacenere accanto a lui.
Era sicuro che Hannah non le avrebbe detto nulla su di lui. Valutava molto attentamente a chi doveva dire che lui in realtà lavorava per i servizi segreti. Will entrò nella stanza con dei caffè in mano.
«Hai disturbato abbastanza Jane?» chiese rimanendo all'entrata e scrutando il fratello sbragato sulla poltrona, le gambe divaricate e le braccia distese su entrambi i braccioli.
«In realtà le ho dato un'ottima idea sul dipinto da creare per il gala: mi dipingerà nudo.» Jane si voltò, guardandolo fulminea; mentre a Will per poco non caddero i caffè dalle mani.
«Cosa?» chiese strabuzzando gli occhi, provocando una fragorosa risata a Drew. «Non è affatto vero!» incalzò immediatamente Jane, ancora più rossa di prima in viso. Will la guardò e riprese a respirare, realizzando che aveva quasi trattenuto il fiato per le parole assurde di suo fratello.
«Però sarebbe stato bello, peccato.» commentò Drew, rimanendo comodo sulla seduta.
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La pittrice di segreti
Historical FictionNew York, 1951. Jane Hawley si trasferisce insieme a suo padre Reginald e suo fratello Sean, dopo la morte della madre. Jane vuole sfruttare le occasioni che le offre la Grande Mela per realizzare il suo sogno, ma la realizzazione di un progetto che...