La mattina successiva, Jane attese che Sean e suo padre andarono via prima di uscire dalla sua stanza. Non aveva intenzione di incrociare lo sguardo di suo fratello, non dopo quello che aveva letto ieri su sua madre.
George Palmer.
Quel nome le risuonava in testa suscitandole non pochi pensieri su quella faccenda.
Si cambiò in fretta e andò nel loft a Grand Street, come ogni mattina. Aveva bisogno di rimanere da sola e sapeva che William non sarebbe stato presente quel giorno.Con gesti automatici, aprì la porta del loft, si allacciò il grembiule e sistemò la tavolozza. Dopodiché si posizionò di fronte la tela, pronta a eseguire un nuovo quadro per un'altra commissione.
Mentre dipingeva si chiese se sua madre avesse peccato di adulterio. Avrebbe potuto scoprilo continuando a leggere quelle pagine, ma il limbo di pensieri contrastanti in cui navigava da un po' la destava dal farlo.
Si chiese come avrebbe reagito Sean se avesse letto quelle pagine. Intanto la mano si muoveva lungo la tela creando la bozza iniziale da cui partire per il quadro finale. La luce flebile ma presente di quella giornata la avvolgeva con candore mentre lei era in balia di quel flusso di pensieri.
Non si rese neanche conto quando la porta all'ingresso del loft si aprì e qualcuno entrò.
William varcò la soglia del loft con passo sicuro, ma la scena che poco dopo si trovò di fronte lo fece fermare. Jane era seduta su uno sgabello davanti la tela, la fronte era corrugata e il viso della ragazza era estremamente concentrato sul dipinto. La mano affusolata stringeva delicatamente il pennello e questo si muoveva come se fosse una parte prolungata del corpo. I capelli erano legati in una crocchia leggermente scompigliata, le gambe accavallate e la sua gonna a ruota rosa le ricadeva sulle gambe, coprendole. Il maglioncino bianco evidenziava la sua figura a clessidra. Il suo profilo, le sue braccia erano illuminate da raggi dorati che filtravano dalle grandi vetrate e la rendevano ancora più splendente ed eterea.
William ebbe un tuffo al cuore e poggiò la mano sul petto. Sarebbe rimasto a guardarla per l'eternità, se fosse stato possibile, si trovò a pensare involontariamente.
Si erano ritrovati entrambi a parlare spesso nelle ultime settimane e stavano scoprendo una piacevole compagnia l'uno dell'altra. Quella mattina non avrebbe dovuto esserci per impegni improrogabili, ma fortunatamente era riuscito a liberarsi presto e aveva deciso di andarla a trovare.
Scosse la testa e tornò alla realtà.
«Jane! Buongiorno.» la salutò con il suo atteggiamento sicuro, avanzando nella stanza.Jane trasalì, spaventata. Era talmente concentrata sul suo lavoro e persa tra i suoi pensieri che nemmeno si era accorta di lui. Si voltò verso William, ma poi lo sguardo ricadde subito sulla personcina che stringeva la sua mano. Jane sorrise a trentadue denti.
«Signor Harrington, lei è...»
«Le presento Coco, mia figlia.» Coco agitò la sua paffuta manina, salutando Jane.
La bambina era la fotocopia del padre, aveva i suoi stessi occhi scuri. Era una bambina molto bella.
Jane si alzò dallo sgabello sciogliendo il grembiule e si recò, sempre sorridente, verso la piccola che continuava a stringere la mano al padre.
«Ciao piccola!» La salutò, abbassandosi sui talloni.
«Ciao, come ti chiami?» Chiese Coco con un timbro di voce così dolce e delicato.
«Jane.»
«Cosa stai facendo qui?» Chiese ancora osservandola.
«Sto dipingendo, vuoi vedere?»
La bambina annuì e lasciò la mano del padre per afferrare quella di Jane, la quale la accompagnò alla tela che stava creando. Sulla tela erano abbozzate delle peonie colorate in primo piano e sullo sfondo un cottage immerso nel verde.
«Spero non sia un problema, Jane. Drew dovrebbe arrivare a momenti per prenderla.» Tentò di giustificarsi William stranamente impacciato, mentre le osservava entrambe.
«Vuole scherzare? Io amo i bambini.» Rispose Jane, prendendo in braccio Coco, la quale le sorrideva.
Si appoggiò allo stipite dell'arco e si lasciò sfuggire un sospiro divertito.
«Questa informazione non si addice al suo comportamento da zitella acida.» La schernì lui.
Jane gli lanciò uno sguardo.
«Perché non sono una zitella acida, gliel'ho detto più volte, signor Harrington. E, inoltre dovrebbe smetterla con questo appellativo. Lo trovo alquanto offensivo.»
«Ne sono consapevole.» Incalzò William sorridendo.
«Cos'è una tella acida?» Chiese la bambina incespicando le parole.
«Niente di importante, piccolina. Vuoi dipingere anche tu?»
«Sii!» Esclamò Coco a Jane alzando le braccine in aria.
«Ottimo, così farà diventare mia figlia come lei.» Disse William con un finto tono infastidito, mentre incrociava le braccia al petto.
«E le andrebbe così male, signor Harrington?» Chiese Jane sfidandolo, mentre preparava un foglio di carta per la bambina.
«No, affatto.» Rispose sincero lui e a quel punto Jane alzò il viso ed entrambi ritornarono a guardarsi.
William le rivolse un sorriso appena accennato e Jane lo guardava seria, cercando di capire cosa provasse davvero il signor Harrington nei suoi confronti. A volte temeva di essergli antipatica, altre volte pensava che fosse un rapporto strettamente professionale e poi c'erano dei rari momenti come quello, in cui gli occhi castano scuro di William trasmettevano qualcosa di più profondo nei confronti di Jane, che fosse semplice affetto o una nascente stima non era dato saperlo.
William era sempre schivo ed era un perpetuo enigma nei suoi modi di fare e nei suoi mille impegni.
«Jane! Voglio i colori!» Disse con una vocina stridula Coco. A quel punto il contatto visivo dei due adulti si interruppe e Jane rivolse un sorriso alla bambina.
«Certo! Ho dei pastelli che puoi usare anche tu.» Così dicendo, si recò verso il tavolo accanto all'ampia vetrata e frugò nei cassetti dove William aveva provveduto precedentemente a sistemare tutto il materiale a lei necessario.
William entrò poi nell'ampia stanza mentre osservava Jane.
«Vieni Coco, siediti qui.» Jane la prese in braccio e la portò su una poltrona in pelle dietro il cavalletto e lasciò che la bambina si divertisse a disegnare e a colorare.
Jane sorrideva rapita da quella piccola creaturina dalle manine paffute, la lingua di fuori in un'espressione concentrata. Quando si voltò, William era a qualche passo da lei e teneva in mano delle banconote legate da un elastico.
«Questi sono suoi.»
William poggiò i soldi sul palmo della mano di Jane e indugiò per qualche breve secondo con le dita sulle sue.
«Sono cento dollari. Riuscirà a guadagnare molto di più, ma al momento non è ancora molto conosciuta, nonostante sto provando a farle un'ottima pubblicità.»
«È comunque più di quanto credessi, grazie signor Harrington.» Rispose Jane, sorridendogli. «Anche se continua a darmi della zitella acida, si meriterebbe gli acrilici sulla camicia bianca!» Incalzò e William ridacchiò.
«Siii! Sporchiamo il papà!» Esultò Coco, ascoltando Jane. Entrambi si voltarono verso la bambina che in silenzio era riuscita a raggiungere la tavolozza piena di colori e si era già sporcata tutte le mani.
«No, Coco! Devo andare ad una riunione molto importante, non posso sporcarmi.» William indietreggiò rivolgendo i palmi delle mani alla bambina che nel frattempo si avvicinava con aria minacciosa e con le mani gocciolanti di acrilico.
Jane intanto rideva e osservava curiosa e con un certo fascino la scena di un plurimiliardario dalla perpetua aria sicura che in quel momento temeva il colore giallo.
Fu in quel momento che qualcuno aprì la porta e li raggiunse con passo sicuro.
«Che scenetta commovente!» Andrew sogghignava a braccia conserte, avvolto in un lungo ed elegante cappotto scuro.
«Zio!» Coco appena lo vide lasciò perdere suo padre e corse da Andrew che intanto, notando le mani sporche di mille colori della bambina prese ad allontanarsi.
«Oh no! Coco, ti prego non posso sporcarmi!»
«E va bene, ci penso io.» Disse Jane sorridendo. «Vieni, Coco, andiamo a pulirci per bene.»
Coco continuava a ridacchiare, mentre Jane, la quale era abituata a sporcarsi di colori, le prese la mano e la portò al bagno vicino la cucina.
Una volta lontana Andrew si avvicinò a suo fratello.
«Carini.» Commentò sogghignando.
«Che cosa?» Chiese William infastidito.
«Voi... tu e lei.»
«Non so di cosa parli, Drew. Sono solo affari.» Sentenziò William con un tono sempre più aspro.
«Affari privati.... Molto, molto privati.» Andrew lo guardò sogghignando divertito. Le fossette si evidenziarono, mentre i suoi occhi blu si incuriosirono, bramosi di informazioni, che fossero non solo per lavoro ma anche per semplice curiosità su suo fratello.
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La pittrice di segreti
Historical FictionNew York, 1951. Jane Hawley si trasferisce insieme a suo padre Reginald e suo fratello Sean, dopo la morte della madre. Jane vuole sfruttare le occasioni che le offre la Grande Mela per realizzare il suo sogno, ma la realizzazione di un progetto che...