Capitolo 25

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TW: violenza sessuale

La serata stava giungendo al termine, Jane andò alla toilette poco fuori la sala, dove regnava il silenzio e dove non c'era nessuno tranne lei. Si posizionò di fronte lo specchio e si tolse la maschera veneziana, il cui tessuto aveva iniziato ormai da un po' a pizzicarle la pelle e si tamponò con un po' di carta le guance.

In quel momento stava pensando davvero a tante, troppe cose.
Era felice, come non lo era da tanto. Era anche sconvolta, però, dalla grande informazione rivelata da Drew.
Stava iniziando ad abbracciare sempre di più l'idea di partire a Provincetown, ripercorrere i sentieri della sua infanzia e la sua adolescenza, rivivere dei ricordi dolci amari per ricollegare il presente. Era necessario. Evidentemente c'era qualcosa di molto più grosso dietro, altrimenti Drew non avrebbe prestato tanto interesse alla questione. E forse, andando a Provincetown avrebbe incontrato George Palmer o qualcun altro che conosceva Rosemary e avrebbero potuto aiutarli.
Negli ultimi giorni non era riuscita a leggere molto di quel diario, ogni sera era sempre la stessa storia: si addormentava. Era un sonno violento e travolgente e non riusciva a resistere. Quella sera però si sentì più viva che mai.
Pensò alle luci su di lei quando era sul palco, alla leggerezza che aveva provato mentre parlava davanti a tutti, come se la sua timidezza in realtà non fosse mai esistita.

Stava per riprendere la maschera e indossarla, quando un brivido le scese lungo la schiena: una presenza all'entrata del bagno la stava fissando. Jane alzò lo sguardo e dallo specchio riconobbe una figura, l'unica persona che non voleva vedere a quel gala: Carl Pickett.
William ed Andrew erano usciti un bel po' di tempo prima, avevano parlato con lui e poi erano tornati dicendo che se ne era andato via. Era andato tutto troppo liscio, in effetti.

Carl non aveva alcuna maschera, era vestito in giacca e cravatta come sempre, come se fosse appena uscito dall'ufficio. Jane si voltò, trasalendo.
«Jane.» la voce di Carl era nauseante e viscida. «Cosa ci fai qui?»
«Signor... Signor Pickett... io...» balbettò mentre la mente cercava urgente di trovare una rapida risposta a quella domanda. Nonostante fosse poco distante dalla sala dove c'era tutto il resto della folla, in quel momento le sembrava di essere l'unica persona rimasta sul pianeta. Rimase immobile mentre con lo sguardo lo seguì avvicinarsi a lei. Jane indietreggiò inconsciamente fino a toccare la ceramica del lavandino.
«Tuo padre sa che tu sei qui?»
Jane deglutì rumorosamente, stava tremando e non si sentiva più le gambe. Lui era ormai vicinissimo a lei, si posizionò di fronte e con il dorso della mano le accarezzò la spalla nuda. Quel gesto fece salire a Jane un conato di vomito che dovette far morire in gola.
«Ti hanno tagliato la lingua?»
«Se ne vada via.» Sibilò Jane con una risolutezza che non aveva mai avuto fino a quel momento.
Carl rise.
«Non sarà una donnetta come te a dirmi cosa fare.» Puzzava di alcol, Jane aveva le mani strette al bordo del lavandino, con la mente in panico alla ricerca di una via di fuga. «Sono molto arrabbiato.» Carl sottolineò l'ultima parola con gli occhi porcini che luccicavano di qualche strano desiderio.
Jane continuava a non dire nulla, stava solo pregando che entrasse qualcuno. Qualsiasi persona sarebbe andata bene.
«Una volta tornato in ufficio, mi sono reso conto di essermi scordato questa giacca qui e dentro ci sono dei documenti importanti. Pensa a quanto potevo essere furioso in quel momento.» Un ghigno sul volto diabolico. «Fortunatamente l'ho ritrovata, stavo per andarmene ma hai lasciato la porta del bagno delle signore aperta e ti ho visto. Era un invito, forse?» rise sommessamente, facendo sobbalzare su e giù la pancia. «Allora ... era un invito o no?» continuò, ma smise di sorridere e divenne serio guardandola dritto negli occhi.
Jane scosse debolmente la testa per negare.
«Sei una puttana difficile, vero?» Jane trattenne il respiro a sentirsi chiamare in quel modo, spalancò gli occhi e si sentì letteralmente prosciugare via tutta la felicità e le sensazioni positive che aveva provato fino a quel momento. Non aveva mai provato in vita sua la paura che la stava attraversando e temeva sempre di più che sarebbe potuto succedere il peggio.


«Ti propongo una cosa: non dirò nulla a tuo padre che vai in giro ai gala in maschera in mezzo a persone che non sono neanche del tuo calibro, se tu in cambio... » Carl la guardò avidamente e scrutando ogni centimetro di pelle nuda che le lasciava quel vestito raffinato.
Jane trovò finalmente la forza di muoversi e cercò di scansarlo, ma lui le strinse un braccio bloccandola.
«Mi lasci!» Protestò Jane con voce tremante e gli occhi sbarrati. Sembrava una preda pronta ad essere sbranata, consapevole della morte che stava incombendo.
«Fammi divertire un po'.» Aggiunse lui sorridendo malignamente e stringendo ancora di più la presa della sua mano attorno al braccio della ragazza.
Jane stava per gridare, ma lui la troncò sul nascere, dandole uno schiaffo in piena faccia, tanto forte da farla cadere sul pavimento.
Un istante dopo lui si chinò su di lei, voltandola con la pancia in giù e bloccandole le braccia sulla schiena.
Lei iniziò a gridare aiuto con tutta l'aria che le rimaneva nei polmoni, mentre cercava di divincolarsi, ma la stazza di Carl aveva la meglio. Più gridava, più Carl con l'altra mano libera le schiacciava la testa a terra.
«Sta ferma e zitta, cazzo!» Le fece sbattere più volte il viso contro il pavimento fino a stordirla.
La stanza prese a girare violentemente e Jane iniziò a piangere, provando a gridare ancora e sperando che qualcuno venisse in suo soccorso. Non percepiva più il sangue nelle vene, né l'aria nei polmoni, né la vita nel suo corpo.
Lui le strappò un lembo del suo splendido vestito confezionato su misura. Si strusciò su di lei, premendole contro la sua eccitazione.
Jane era spaventata a morte e Carl non ne poteva più, così le prese la testa tirandole i capelli e le fece sbattere ancora una volta la fronte contro il pavimento.
A quel punto, Jane perse i sensi.

Il buio. Buio totale. Un sacco di carne buttato sul pavimento di un Museo con addosso un uomo che tentava di slacciarsi i pantaloni con movimenti rallentati per penetrarla contro la sua volontà. Questo era quello che diventava quando si spingeva troppo oltre a quello che le era consentito fare? Era per questo che suo padre era tanto rigido con lei? Il mondo era pieno di Carl Pickett?

Jane aprì lentamente gli occhi e nel suo campo visivo c'era del sangue, poco dopo realizzò che era il suo e le cadeva dalla fronte. Si sentiva la guancia bruciare a causa dello schiaffo datole poco prima. Un ronzio alle orecchie la accompagnò durante la sua ripresa, mentre il bagno girava su sé stesso. Poi sentì dei rumori. Dei rumori orrendi e disgustosi. Sentì delle mani toccarle il sedere. Sentì nuovamente la sua anima lasciare il corpo.
Carl Pickett era così ubriaco che non era ancora riuscito a sbottonare i suoi pantaloni per soddisfare il suo desiderio perverso, mentre continuava a mugugnare volgarità sulla ragazza.

La porta si spalancò.

William si gettò su Carl Pickett, scaraventandolo contro il muro accanto ai lavandini. Era rosso dalla rabbia, le vene sulle tempie gli pulsavano e una forza quasi sovrumana gli attraversò il corpo.
Jane intanto, riprendeva sempre più coscienza mentre il suono dei pugni che colpivano Carl le riempiva la mente.
Poggiò le mani sul freddo pavimento, sporco di gocce di sangue, e provò a sedersi, ma quello che vide continuava ad essere una visione orripilante.
William non era più un gentiluomo che le teneva la mano, che le sorrideva educatamente e che gestiva affari. In quel momento teneva Carl dal colletto della camicia, mentre gli infliggeva pugni a raffica, prima sulla faccia e poi sull'addome.
Era ancora di più spaventata e inorridita, per quei suoni atroci, per il respiro affannato di William, per Carl immobilizzato con la grande faccia sempre più rossa e gonfia.

Jane non riusciva a muoversi, né tantomeno a pensare.

William aveva perso del tutto la lucidità.
Un altro pugno e uno ancora, Carl era ormai tumefatto e sull'orlo di uno svenimento, il sangue schizzava sui muri e sul viso di William, mentre ricopriva anche le nocche.

Dopo un po', stanco come poche volte in vita sua, si allontanò dall'infimo essere, il quale si accasciò contro il muro ormai privo di sensi.

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⏰ Ultimo aggiornamento: 2 days ago ⏰

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La pittrice di segretiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora