Capitolo 5

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Il Chase Manhattan Building, dove si trovava l'omonima banca da cui prendeva il nome il grattacielo, era anche la sede della società finanziaria di Reginald Hawley. Reginald aveva deciso di prendere accordi con una delle banche più potenti di New York e, quindi, affiancarla in quello in cui la sua società era specializzata. Aveva creato la società molti anni prima a Northampton, ma solo grazie alla conoscenza di Carl Pickett tutto cambiò per il meglio o per il peggio, a seconda dei punti di vista. Carl Pickett, infatti, si trovava quasi tutti i giorni da Reginald, anche lui era a capo di una società finanziaria e si trovavano spesso a collaborare insieme.
Non lo aveva mai ammesso alla moglie e ai figli, ma solo grazie a quell'uomo ora Reginald si poteva vantare di vivere nell'Upper East Side e far parte dell'alta società.
«Buongiorno, Reginald.» Lo salutò cordialmente Carl entrando nel suo ufficio.
Reginald era al telefono con qualcuno, non appena vide Carl ricambiò il sorriso e chiuse in fretta con chi stava parlando.
«Buongiorno, Carl.»
«Come sta andando la tua prima settimana a New York?» Carl si accomodò senza invito alla poltrona di fronte la scrivania e tirò fuori una sigaretta dal taschino interno della giacca sartoriale.
«Molto bene, sono ancora alle prese con diverse assunzioni. Come vedi l'ufficio è praticamente vuoto, ma pian piano riuscirò a sistemare tutto definitivamente.»
«Non lo metto in dubbio.» Si formò un ghigno sul volto di Carl mentre inspirava la sigaretta e il fumo iniziava a farsi strada nell'aria. «Reginald... ho una proposta da farti...»
A quel punto Reginald alzò un sopracciglio e lo ascoltò con attenzione.
«Ho visto come i nostri figli si parlavano, domani passeranno una giornata insieme a Long Island, pensa un po'... Che ne pensi se facessimo sposare Christopher con Jane?» La voce di Carl era calma ma profonda, era una lama tagliente che si strofinava lungo la schiena, provocando i brividi.
Reginald strabuzzò gli occhi e prese nervosamente a muovere la gamba, mentre gli occhiali da vista gli cadevano sul naso aquilino.
«P- perché?»
«Andiamo, non pensi sia un'idea fantastica? Tua figlia, in fondo, quanti anni ha? Ventidue o ventitré? Ed è ancora nubile, se aspetta un altro po' nessuno se la prenderà in moglie... Christopher è suo coetaneo più o meno, conosci la sua famiglia-ovvero io- e sarebbe un ottimo genero.» Carl scrutava il volto di Reginald mentre continuava a fumare.
«Ne hai già parlato con tuo figlio?» Chiese Reginald insicuro sul da farsi.
«Certo, ma non devo chiedere il permesso a lui. Chris fa ciò che gli dico, come dovrebbe essere con tua figlia, no?»
«Non saprei...»
«Pensi che lasciarla vagare da sola per New York sia la soluzione migliore? Se trovasse un malintenzionato che la svergogni prima del matrimonio, sarebbe la fine per lei. Falla rimanere vicino a mio figlio, falli conoscere. Non devi obbligarla, ma spingerla solo sulla strada giusta.» Carl intrecciò le mani sulla pancia sporgente, mentre teneva la sigaretta tra le labbra.
In fondo, era ciò che voleva Reginald, voleva che entrambi i suoi figli si sistemassero, soprattutto Jane, che vedeva spesso e volentieri bloccata nel suo mondo irraggiungibile.
«E tua figlia?»
«Mia figlia Hannah sa trovarsi la sua strada... certo, sarebbe magnifico se ci fosse un doppio matrimonio, però intanto direi di pensare a Christopher e Jane, che ne dici?»
«Sì... credo, potrebbe essere un'ottima idea.»
«Detto questo, pensiamo agli affari veri... I contatti dell'Europa dell'Est hanno approvato i nostri contratti, dovremmo spedire al più presto i carichi.»
Disse Carl continuando a fumare e a rovinare l'ambiente di quell'ufficio pulito e nuovo di zecca.

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Christopher e Hannah andarono a prendere Jane e Sean alle dieci. Christopher aprì con galanteria la portiera della Cadillac Series 62 blu scuro, permettendo a Jane di salire.
«Buongiorno!» Hannah era sui sedili posteriori al fianco di Jane e le sorrise energica.
«Buongiorno a te.» Ricambiò il saluto con gentilezza. Non avevano più parlato della questione "William Harrington" perché non avevano avuto modo di incontrarsi, ma durante il viaggio si scambiarono entrambe delle occhiate frementi. Sapevano che alla prima occasione, una volta uscite dall'autovettura, avrebbero affrontato l'argomento.
«Oggi dove ci portate di bello?» Chiese Sean, mentre si accendeva una sigaretta. I suoi capelli biondo cenere riflettevano i raggi deboli che entravano dentro l'abitacolo.
Christopher sterzò per l'autostrada Long Island Expressway e presero il ponte, diretto al Queens, prima di raggiugere Long Island.
«Conoscete Victor Murphy?» Chiese Christopher stesso.
«No.» Risposero all'unisono Sean e Jane.
«È un Broker di borsa che frequentiamo da un po', ha una proprietà negli Hamptons dove ha indetto una mostra privata.» Spiegò Hannah, mentre accendeva anche lei una sigaretta.
«Ci state portando ad una mostra d'arte? Preferivo rimanere a casa!» Sbottò con un tono sarcastico – anche se non troppo – Sean. A quel punto Christopher rise.
«Sean, è una mostra privata. Ci sarà la zona ristoro composta da giochi d'azzardo e alcol a fiumi. Victor Murphy è un tipo molto particolare.» Rispose Christopher, mentre continuava a puntare gli occhi sulla strada di fronte a sé.
«Perché ci state portando in un posto del genere?!» Jane a quel punto scattò tra i due sedili anteriori guardando Christopher scioccata. Anche Sean sembrava sorpreso da quella scelta.
«Rilassati.» Disse Hannah con il suo solito tono leggermente annoiato.
«Volete vedere la New York turistica o volete vivere la New York che conta, fratelli Hawley?» Chiese Christopher lanciando uno sguardo di sottecchi ad entrambi. A quel punto Jane e Sean si scambiarono delle occhiate eloquenti e il loro silenzio fu la risposta.
«A voi la scelta.» Aggiunse Hannah sogghignando, sapendo già cosa avrebbero scelto.


La pittrice di segretiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora