7 - Vulnerabile nel mio letto

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Quando la porta si chiuse con un suono sordo alle mie spalle, tirai un lungo respiro.

Avevo visto tanti uomini comportarsi così, sempre convinti di avere il mondo ai loro piedi, come se bastasse un sorriso compiaciuto e un atteggiamento sicuro per conquistarti. Eppure, c'era qualcosa in lui che lo distingueva dagli altri. Aveva qualcosa di diverso, di strano. Forse erano i suoi occhi, o il modo in cui mi aveva guardata. O forse il tono della sua voce, l'aria di sfida che alleggiava tra di noi, che mi aveva accesa e mi aveva fatto fremere.

Mi allontanai dalla porta e mi sedetti davanti allo specchio, fissando il mio riflesso. D'istinto mi misi le mani sulle guance, cercando di calmare il rossore con il freddo delle mie mani.

Ero sorpresa di me stessa. Avevo incontrato innumerevoli uomini eppure, nessuno mi aveva mai lasciato così così fuori equilibrio.

Mi sentivo una ragazzina alle prime armi, e questa cosa mi dava tremendamente fastidio. Non ero più una ragazzina da molto tempo. Sapevo cosa volevo dalla vita, e sapevo come ottenerlo. O almeno, così credevo.

Nella mia vita era sempre stato tutto sotto controllo. Avevo imparato presto a non cedere mai a ciò che gli uomini volevano da me. Ballavo per necessità, non per compiacere gli altri. Gli sguardi affamati e i tentativi di avvicinamento non mi avevano mai turbata più di tanto e, soprattutto, non mi avevano mai imbarazzata.

Ma la profondità del suo sguardo era qualcosa a cui non ero per nulla abituata.

In quello scambio di battute e frasi pungenti, il nero pece dei suoi occhi mi aveva ipnotizzato. Non riuscivo a distogliere lo sguardo, e quel pensiero mi disturbava più di ogni altra cosa. Io non mi lasciavo mai influenzare. Mai.

Un colpo alla porta mi fece sobbalzare, strappandomi ai miei pensieri. "Entra", dissi, sperando che non fosse di nuovo lui.

La porta si aprì lentamente, e comparve Megan con un'espressione divertita. Mi rilassai leggermente alla vista del suo viso familiare.

"Allora... chi era quel tipo?" chiese entrando, chiudendosi la porta alle spalle.

"Nessuno di importante", risposi, cercando di minimizzare. "Il solito."

Megan si avvicinò, appoggiandosi al muro con le braccia incrociate. Mi osservava attentamente, come se stesse cercando di leggere qualcosa in me che non avevo voglia di condividere. "Sicura? Mi sembrava diverso."

"In che senso?". Almeno se anche a lei era sembrato diverso allora non ero l'unica pazza.

Megan scrollò le spalle, ma non smise di sorridere. "L'ho visto di sfuggita ma, non lo so... mi sembrava di averlo già visto da qualche parte."

Feci una smorfia, forse invece ero proprio l'unica pazza. "Tu dici?"

"Giuro che aveva un'aria familiare. Comunque, era davvero un bocconcino."

Mi voltai verso di lei, alzando un sopracciglio. "Un bocconcino?"

"Certo tesoro. Capelli e occhi scuri, alto, tatuato, con il bicipite più grande della mia faccia. Te lo dico, ce l'ho qui", e indicò la testa, "so di averlo già visto."

Non riuscii a trattenere un sorriso. Megan aveva sempre questo effetto su di me, riusciva a sdrammatizzare anche le situazioni più strane. "Megan, vediamo centinaia di persone ogni settimana, se non ogni giorno. È normale che qualcuno ti sembri familiare, l'avrai già visto qui di sfuggita."

Lei sospirò, scuotendo la testa. "Forse hai ragione, ma comunque... ho avvertito una certa tensione quando sono entrata. Sai, quel tipo di tensione... se capisci cosa intendo". Per rendere l'idea iniziò a muovere le sopracciglia in modo buffo.

Purtroppo sapevo esattamente cosa intendesse.

Sentii una fitta allo stomaco. Era quello il problema. Quella tensione c'era, l'avevo avvertita, e non riuscivo a capire da dove provenisse. E soprattutto perché mi avesse colpita così tanto.

"Non c'è niente, Meg", tagliai corto, alzandomi di scatto. "Non lo rivedremo più."

"Ti sarebbe piaciuto?". La guardai interrogativa, non capendo a cosa si stesse riferendo.

"Rivederlo, ti sarebbe piaciuto?". Esitai un attimo, e lei se ne accorse, anche se cercai di riprendermi subito. Non ero brava a nascondere le mie emozioni davanti a lei anzi, non ero brava a nascondere le mie emozioni in generale.

"Assolutamente no, Meg, non è una cosa che mi interessa." Forse non volevo ammetterlo, ma una parte di me avrebbe voluto rivederlo, anche solo per capire se tutto quell'interesse era dettato dalla sua sfida.

Megan mi osservò in silenzio, poi scosse la testa con un sorriso. "Va bene, va bene. Ma sai cosa penso? Non succede niente se ti diverti un po'. Lasciati andare ogni tanto, sei sempre così concentrata, così... inquadrata."

La sua osservazione mi colpì più di quanto volessi ammettere. "Non è così facile."

"Lo so. Ma non devi dimostrare niente a nessuno se non a te stessa. Sei forte, lo so. Ma a volte essere forte significa anche permettersi di essere vulnerabile."

Quelle parole rimasero sospese nell'aria per qualche secondo. Aveva ragione, ma non ero pronta ad ammetterlo, nemmeno a me stessa. Vulnerabile... quella parola rimbalzava nella mia mente. Non mi piaceva. Vulnerabile significava esposta, significava perdere il controllo. E io non ero abituata a questo.

"Grazie per la perla di saggezza", dissi ironica, cercando di stemperare la tensione. "Adesso lasciami andare ad essere vulnerabile a casa, nel mio letto."

Megan rise, alzando le mani in segno di resa. "Okay, okay. Ma pensaci, d'accordo?"

Annuii, anche se sapevo che non l'avrei fatto. Non volevo pensare a quel ragazzo, né a quello che aveva suscitato in me.

Quella sera tornai a casa, cercando di lasciarmi tutto alle spalle. Ma la verità era che non potevo. C'era qualcosa in lui che mi tormentava, e non capivo cosa fosse.

Mi misi a letto e chiusi gli occhi, sperando che la notte mi portasse un po' di tregua, ma sapevo che, almeno per ora, non sarebbe stato così facile dimenticarlo.

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