Un sogno reale

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1 capitolo inizio
La cittadina di Greyfield era un luogo che sembrava dormire anche in pieno giorno. Le case di mattoni grigi, le vie poco trafficate, e il cielo spesso coperto da una leggera foschia davano l'impressione che il tempo scorresse lì più lentamente. Ethan si sentiva a suo agio tra quelle vie tranquille, forse perché le sue giornate scorrevano lente quanto la cittadina stessa. Il ragazzo, con il volto sempre mezzo nascosto da un ciuffo di capelli biondi, trascinava i piedi verso la scuola, la testa un po' china, come se l'energia gli venisse meno ad ogni passo.

Ethan ultimamente stava avendo sempre di più un rapporto difficile con il sonno. Mentre gli altri si svegliavano riposati, lui si sentiva come se avesse attraversato un oceano di sogni senza mai toccare terra. Non erano solo i pisolini improvvisi che gli cadevano addosso come pioggia d'estate. I suoi sogni erano diversi: lunghi, vividi e pieni di ombre che non riusciva a spiegare. A volte si svegliava con l'impressione di aver lottato con qualcosa che si dissolveva all'alba.

Quel giorno, come spesso accadeva, arrivò in classe giusto in tempo. Gli occhi pesanti, la testa appoggiata alla mano, cercava di seguire le parole del professore che si susseguivano come onde lente e monotone. Ma prima ancora che se ne accorgesse, la sua vista cominciò ad annebbiarsi. Sentiva le palpebre pesanti, troppo pesanti per tenerle aperte. Cadde nel sonno in un istante.

Quello che vide nel sogno, però, non era il solito turbinio di immagini confuse: questa volta c'era una figura. Sembrava un guerriero, ma non come quelli dei film o dei libri che leggeva. Questo guerriero aveva l'aspetto di qualcuno nato da un'idea. Un'armatura scintillante, una spada che sembrava emanare luce, e occhi che lo fissavano con un misto di forza e calma. "Sono Morphix," sussurrò la figura, come se il nome fosse sempre stato lì, in fondo alla mente di Ethan.

Il suono della campanella lo riportò alla realtà con uno scossone. Aprì gli occhi di colpo, il cuore che batteva all'impazzata. Alcuni compagni lo guardavano, ridacchiando, mentre lui cercava di raccogliere i pezzi di quel sogno che sembrava così reale.

Era passato qualche giorno dall'incontro onirico con Morphix, ma Ethan non riusciva a toglierselo dalla mente. Da quel momento i suoi sogni sembravano più intensi, quasi come se il confine tra il mondo dei sogni e la realtà si stesse assottigliando. Stava ancora cercando di capire cosa significasse tutto questo quando, una mattina, si ritrovò fuori dalla scuola, di fronte a una situazione ben più concreta.

L'aria era fresca, ma Ethan sentiva il solito torpore addosso. Non se ne accorse subito, ma un gruppo di ragazzi si stava avvicinando, con un'espressione che aveva imparato a temere. Erano tre, i soliti bulli che prendevano di mira chiunque sembrasse anche solo un po' diverso, e in quella piccola scuola Ethan era sempre stato l'"anomalo" perfetto.

"Ehi, dormiglione," sibilò uno di loro, dando a Ethan una spinta leggera ma umiliante. Gli altri due scoppiarono a ridere.

Ethan sentì un'ondata di frustrazione, mista a quella stanchezza che ormai non riusciva più a ignorare. Provò a voltarsi, a ignorarli e a infilarsi in classe, ma il gruppo gli sbarrò la strada. "Cosa c'è, Ethan? Troppo stanco per difenderti?" lo provocò un altro.

Una nuova spinta, questa volta più forte. Il ragazzo perse l'equilibrio e, prima che potesse riprendersi, sentì una stretta alla testa, un formicolio che gli si irradiava in tutto il corpo. Le palpebre gli si chiusero come se avesse ricevuto un colpo. In quell'istante, Ethan perse i sensi.

Quello che accadde subito dopo nessuno riuscì a spiegarselo chiaramente. Una folata di vento – fredda e improvvisa – attraversò il cortile. I bulli, che poco prima ridevano, vennero scagliati all'indietro, come sospinti da una forza invisibile, finendo sparsi tra il muretto e un paio di alberi poco distanti. Quando Ethan si risvegliò, li vide sollevare lo sguardo verso di lui, confusi e impauriti. Uno di loro era addirittura rimasto appeso al ramo di un albero, senza riuscire a scendere.

"Che... cos'è stato?" balbettò uno dei bulli, mentre gli altri si allontanavano, senza più alcuna traccia della loro abituale sicurezza. Ethan si guardò le mani, ancora scosso. Non riusciva a credere a quello che era successo: aveva la sensazione che qualcosa di potente fosse emerso da lui, come se il guerriero dei suoi sogni, Morphix, gli avesse dato un assaggio del proprio potere.

Più tardi, quello stesso giorno, Ethan fu chiamato in ufficio dal preside. La sua testa era ancora confusa, ma cercò di mantenere la calma. Davanti a lui, il preside sedeva con una smorfia di disappunto. "Ethan, so che hai avuto alcuni problemi con il sonno, ma quello che è successo oggi... non è ammissibile. Tre ragazzi sono rimasti contusi, e dicono che tu li abbia spinti in un qualche modo."

Ethan cercò di spiegarsi, ma le parole non uscivano. Non sapeva nemmeno lui cosa fosse successo davvero. Il preside, frustrato, lo congedò dicendo che avrebbe chiamato a casa e che si aspettavano spiegazioni dai genitori.

Quella sera, il telefono squillò. Ethan era seduto sul divano quando suo nonno, un uomo dai capelli grigi e dallo sguardo profondo, sollevò la cornetta e parlò a lungo con il preside. Quando la conversazione finì, si voltò verso Ethan con uno sguardo che il ragazzo non gli aveva mai visto prima: c'era serietà, preoccupazione, e qualcos'altro, qualcosa che sembrava addirittura rassicurante.

"Ethan," disse il nonno con voce ferma, sedendosi accanto a lui, "credo che sia ora che tu conosca qualcosa della nostra famiglia."

Ethan il Guardiano dei SogniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora