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                                Capitolo 2

La notizia dell'incidente fuori dalla scuola si era propagata rapidamente, arrivando persino alle orecchie più lontane e curiose della cittadina. Era difficile da ignorare: Ethan, il ragazzo svogliato e sempre mezzo addormentato, era stato trovato disteso a terra, circondato da una scena quasi surreale. Gli alberi attorno avevano come "catturato" i bulli che avevano tentato di prenderlo in giro, sospesi fra i rami, incapaci di spiegare come ci fossero finiti. Nessuno riusciva a dare una spiegazione logica a quello strano vento che si era scatenato dal nulla.

La scuola, preoccupata e confusa, non volle correre rischi. Decisero di avvisare una parente di Ethan che aveva già offerto di occuparsi di lui in passato, una figura misteriosa che alcuni dei docenti ricordavano vagamente: sua prozia Rosmunda. La donna, famosa per le sue pratiche esoteriche, si mosse senza esitazione. Non appena saputo dell'incidente, si presentò a casa di Ethan con una determinazione glaciale, sfruttando il pretesto di essere stata contattata dalla scuola. Il nonno di Ethan la guardò con sospetto non appena aprì la porta, i suoi occhi grigi freddi e diffidenti.

"Non c'è bisogno che tu sia qui, Rosmunda," disse il nonno con tono tagliente, facendo intendere con chiarezza che lei non era la benvenuta. Ma Rosmunda, come sempre, aveva una risposta pronta e tagliente.

"La scuola mi ha chiesto di venire. A quanto pare, hanno ritenuto necessario il mio intervento." La voce della donna, ferma e autoritaria, riecheggiava nella casa come un vento gelido. Il nonno trattenne un sospiro, ma non poteva contrastarla apertamente.

Rosmunda entrò, il profumo intenso e pungente dei suoi incensi fluttuava con lei. Si muoveva con calma, osservando ogni angolo della casa con uno sguardo acuto, fino a fermarsi davanti alla stanza di Ethan. Il ragazzo era ancora provato dagli eventi degli ultimi giorni e, in qualche modo, affascinato e intimidito dalla figura enigmatica della prozia.

"Vieni qui, Ethan," disse lei in tono calmo, ipnotico. I suoi occhi lo osservavano con un'intensità inusuale, come se stesse cercando di penetrare la superficie per raggiungere qualcosa di più profondo, qualcosa nascosto.

Ethan, confuso e stanco, si avvicinò, incapace di resistere. Rosmunda gli poggiò una mano sulla fronte e iniziò a mormorare parole che sembravano provenire da un'altra epoca. In pochi istanti, Ethan scivolò in un sonno profondo, senza opporre resistenza. Fu allora che avvenne qualcosa di inquietante: la stessa folata di vento che aveva scatenato il caos fuori dalla scuola si sollevò nella stanza. La tenda oscillava freneticamente, oggetti leggeri presero a volare attorno, come se l'energia che Ethan custodiva stesse risvegliandosi.

Rosmunda sorrise. Quel vento era una risposta, un segno chiaro del potere che dormiva nel ragazzo, e per lei era una conferma. Ethan possedeva qualcosa di molto più prezioso di quanto chiunque avrebbe mai potuto immaginare: lui era l'ultimo di una stirpe di sacerdoti del sonno di Morfeo, una linea interrotta da secoli.

Ma il nonno di Ethan, allarmato dal rumore nella stanza, intervenne con passo deciso. La sua voce ruppe il silenzio con un'energia inaspettata, capace di spezzare l'incantesimo.

"Rosmunda, le tue visite sono terminate," dichiarò con forza. Gli occhi di Ethan si aprirono di scatto, confusi e sconcertati. La strana energia nella stanza si dissipò all'istante, come un'ombra fugace che si dissolve con la luce del mattino. Rosmunda lo guardò, frustrata e furiosa, ma nascose abilmente le emozioni dietro un sorriso di circostanza.

Si congedò con una leggera inclinazione del capo, gli occhi ancora fissi su Ethan, ma dentro di lei una certezza bruciava come una fiamma nascosta: Ethan era davvero un sacerdote del sonno di Morfeo. E lei non avrebbe permesso che il suo potere le sfuggisse.

Ethan il Guardiano dei SogniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora