10: Rovine di Noi

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Dopo quella conversazione in biblioteca, la distanza tra me e Lewis sembrò farsi ancora più grande, come un crepaccio che si allarga lentamente, inarrestabile. Era come se avessimo finalmente preso coscienza della fine, e nessuno dei due avesse il coraggio di combatterla. Ogni volta che ripensavo a quel momento, sentivo un peso al petto che mi faceva mancare il respiro.

Eppure, nonostante quella consapevolezza, il pensiero di lui continuava a tormentarmi, apparendo nei momenti più inaspettati, come una ferita che non smetteva di sanguinare.

Chris si era accorto della mia distanza, anche se non mi aveva mai chiesto nulla. La sua pazienza era infinita, ed era il rifugio che avevo sempre desiderato. Era diverso da Lewis: stabile, tranquillo, sempre presente e premuroso. Ero riuscita a trovare un po’ di serenità con lui, ma anche quel sentimento sembrava fragile, minacciato da un passato che non riuscivo a seppellire.

Un sabato sera, Chris mi portò a una festa di amici, sperando di distrarmi, di farmi ridere un po’. E in effetti, per qualche ora, riuscì davvero a farmi dimenticare tutto il resto. Mi ritrovai a ridere, a scherzare, e per un attimo sentii che forse, finalmente, stavo riuscendo a lasciarmi tutto alle spalle. Ma fu solo un attimo.

Durante la festa, mi allontanai per prendere un po' d’aria, e fu allora che lo vidi. Lewis era lì, al di là della folla, in piedi vicino all’ingresso. I suoi occhi cercavano qualcosa o qualcuno, finché non incrociarono i miei. Il mio cuore perse un battito, e l’aria intorno a me sembrò farsi improvvisamente irrespirabile. Cosa ci faceva lì? Era una coincidenza o mi aveva seguita?

Senza riflettere, abbassai lo sguardo e mi voltai, tentando di sfuggire alla sua vista. Ma lui non esitò e venne verso di me, tagliando attraverso la folla. Non avevo via di scampo.

“Alison…” mormorò quando fu vicino, la sua voce appena udibile tra il brusio della festa. “Possiamo parlare, per favore?”

Volevo dire di no, volevo andarmene. Ma c’era qualcosa nei suoi occhi che mi bloccava, un’intensità che non avevo mai visto. Annuii, e lo seguii verso una zona più tranquilla, lontana dal caos della musica e delle risate.

Rimanemmo in silenzio per un momento, ognuno in cerca di parole che potessero riempire il vuoto che ci separava. Poi fu lui a rompere il silenzio.

“Non posso farcela, Alison. Ho provato a lasciarti andare, ho provato a convincermi che questa fosse la cosa giusta… ma non riesco.” La sua voce era un sussurro spezzato, come se ogni parola lo costasse uno sforzo enorme. “Non so come fare senza di te.”

Le sue parole mi ferirono e, allo stesso tempo, mi riempirono di una speranza che sapevo essere pericolosa. “Lewis, anche io… anche io ci ho provato. Ma non possiamo continuare così. Non possiamo restare intrappolati in questo ciclo infinito, facendoci male a vicenda.”

Lui scosse la testa, frustrato. “Ma se non stiamo insieme, è come se non fossimo noi stessi. E quando ci allontaniamo, siamo entrambi infelici. È assurdo, lo so, ma non so come vivere altrimenti.”

Mi avvicinai a lui, cercando di trovare il coraggio di dirgli la verità. “Lewis, non possiamo basare tutto su quello che siamo stati. Dobbiamo imparare a lasciarci andare, per quanto doloroso possa essere. Non posso restare bloccata in un passato che mi tiene prigioniera, e nemmeno tu.”

Le sue spalle si afflosciarono, la rassegnazione che lo avvolgeva era quasi palpabile. “Forse hai ragione. Forse… forse non eravamo destinati a restare insieme.”

Quelle parole rimasero sospese tra noi come una sentenza. Sentii il cuore spezzarsi, ma non mi permisi di cedere. Sapevo che era l’unico modo per mettere fine al dolore. Senza dire altro, gli appoggiai una mano sulla spalla, cercando di trasmettergli tutta la mia compassione e il mio affetto.

Poi, senza voltarmi, mi allontanai da lui, lasciando finalmente che quella parte di me che apparteneva a lui restasse lì, tra le ombre della notte londinese.

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