𝟗.

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SILVIA'S POV

Sono passati solo pochi minuti da quando ho ricevuto il messaggio da Vera.

Dice di venire alla Continassa per vedere gli allenamenti allenarsi.

Quando entro, però, non vedo nessuna traccia di Vera.

La sua macchina non c'è, non c'è nemmeno il suo sorriso che mi fa sentire un po' meno fuori posto in questo ambiente che sembra sempre un po' troppo distante dalla mia realtà.

Dusan non c'è ancora nemmeno lui.

Mi guardo intorno, nervosa, ma non trovo altro che ragazzi intenti a riscaldarsi o allenarsi.

«Ei silvietta» mi saluta Andrea
«Ei» dico.

E poi iniziamo a parlare mentre ci scambiamo qualche pallonata.

Cerco di distrarmi, ma la tensione è troppo alta.

Non posso fare a meno di pensare a tutto quello che è successo tra me e Dusan, a come un tempo ero così vicina a lui, e ora siamo solo due estranei che si incrociano di tanto in tanto, quando la vita lo decide.

L'aria è fredda, ma il caldo che sento dentro di me è peggio di qualsiasi gelo esterno.

Poi, all'improvviso, una figura emerge dalla porta del campo.

È lui.

Non posso fare a meno di sentire un battito sordo nel petto.

Dusan.

La sua presenza, così sicura, imponente, è sempre stata un colpo al cuore.

Mi guarda per un attimo.

Poi si avvicina, a passo lento, come se ogni movimento fosse pesato e misurato.

Non dice niente, non c'è nemmeno un cenno di saluto.

Solo uno sguardo, il nostro.

Io e lui, nel silenzio.

«Vera é a pattinaggio» dice
«Ma che stronza!» sbotto.

DUSAN'S POV

Avevo dimenticato di quando Silvia sia schietta, ma chi glielo dice che ho chiesto io a Vera di dirle di venire qui, facendole credere che Vera fosse presente?

Beh di certo non io.

Voglio dire qualcosa, ma le parole mi si strozzano in gola.

La verità è che sono qui per cercare qualcosa, forse una risposta, forse un segno.

Ma non so nemmeno cosa.

SILVIA'S POV

La sua voce, quella di Dusan, ha un suono diverso oggi, come se il tempo avesse scavato qualcosa in lui, lasciando un'eco più profonda.

Sento la tensione farsi più forte tra di noi, una specie di muro invisibile che ci separa, ma che non riesco a ignorare.

Lo guardo, cercando di non mostrarlo, ma sono consapevole di come mi stia osservando, con quel suo sguardo che una volta conoscevo così bene, eppure adesso mi sembra straniero.

Mi accorgo che è tutto un po' più teso, come se non sapesse come affrontarmi, o forse come affrontare quello che c'era tra noi.

Non c'è mai stato un vero addio, solo un silenzio che ha preso il posto delle parole.

«Sai, quando abbiamo detto che dopo la rottura saremmo dovuti restare amici...non mi sembra che siamo proprio... amici, Silvia» dice finalmente, le sue parole dure come pietre.

𝐜𝐨𝐥𝐥𝐢𝐝𝐞||dusan vlahovicDove le storie prendono vita. Scoprilo ora