Il lunedì mattina, a scuola, sembravano tutti impazziti.
Almeno quaranta persone si ammassavano davanti alla bacheca in corridoio fra gridolini di sorpresa e risate.
Raggiunsi Gemma che stava sgomitando per infilarsi fra due ragazzi molto più alti di lei.
«Che succede?», le chiesi tirandola per la manica.
«È lo spettacolo di Natale, mettiamo su un musical!», rispose senza voltarsi. «Un musical?»
«Bello no?», rispose eccitatissima.
«E che musical sarebbe?»
«Cinderella!».
«Figo!», commentai ironica.
«E dai musona! Fingi un minimo di entusiasmo».
Al sentirmi chiamare musona mi venne un tuffo al cuore.
«No sono contenta davvero, guarda». Tirai gli angoli della bocca con le dita.
«Hanno già assegnato i ruoli?»
«Non ancora, ma ci hanno convocati tutti in palestra fra dieci minuti».
Mi voltai e vidi Dylan dietro di noi che fingeva di guardare la bacheca con le mani in tasca e lo sguardo spento.
Gli sorrisi e abbassai gli occhi, lui fece altrettanto e ci voltammo dandoci le
spalle.
Mi avviai verso la palestra strascicando i piedi, seguendo Gemma come se dovessi andare alla forca.
Un musical tutti insieme avrebbe significato ore e ore di prove e soprattutto ore e ore di socializzazione e io non me la sentivo né di entrare nello spirito natalizio, né in quello goliardico.
Arrivati in palestra ci mettemmo a sedere sulle scalinate aspettando l'arrivo di Mrs Horan.
Notai che Dylan si era seduto a distanza di sicurezza, cosa che un po' mi dispiaceva.
Perché non potevamo essere nemmeno un po' amici?
Gemma non la smetteva più di parlare e io non la smettevo di pensare a una possibile soluzione per frequentare la Royal, ma non ne vedevo.
Non legalmente almeno.
Se Harry mi avesse lasciato davanti alla porta anche un sacco pieno di soldi, sarebbe stato perfetto.
Entrò Mrs Horan, sorridente col suo solito tailleur grigio prossimo all'esplosione, seguita da Mr Tomlinson e Mrs Dobrev.
Il brusio cresceva contagioso fra le gradinate, Donna e Babi già pregustavano il loro ruolo da protagoniste, mentre io speravo mi dimenticassero.
«Un attimo di silenzio ragazzi!», cominciò Mrs Horan con un colpo di tosse «Quest'anno, insieme ai vostri insegnanti, abbiamo deciso di fare qualcosa di diverso dal solito spettacolo di Natale dove ognuno si esibisce per conto proprio e... non sempre in maniera decente», disse lanciando un'occhiata a un gruppo di ragazzi che l'anno prima aveva suonato un pezzo dei Red Hot indossando solo un calzino.
«Sarà una bella occasione, e per alcuni l'ultima, per vivere una bella esperienza tutti insieme, divertirsi e soprattutto mettersi in gioco, siete contenti?».
Si levò un applauso.
«E dai applaudi!», mi disse Gemma assestandomi una gomitata.
Finsi entusiasmo lanciando ogni tanto un'occhiata a Dylan che, come me, non
sembrava impazzire per la gioia.
Se non fosse stato così inflessibile da relegarmi un purgatorio, ne avremmo
riso.
Si alzò un coro sempre più incalzante di voci che reclamava: «I nomi! I
nomi!».
«Va bene, va bene! Calma! Dunque, come sapete non ci sono ruoli principali per tutti quanti, quindi la maggior parte di voi sarà inserita nei balletti e nei cori che saranno curati dal qui presente Mr Davies, il vostro insegnante di ginnastica, e da Mrs Dobrev, insegnante di musica.
Metteremo in scena Cinderella! In una versione rivisitata!».
«Per quanto riguarda i protagonisti, nonché il principe e la principessa ».
Si levarono fischi e applausi.
«Nella parte della Madrina ci sarà Erika Marshall». Altri fischi e applausi. «...Mentre nella parte delle due sorellastre di Cenerentola, avremo Babi Kossovich e Donna Grabowsky...».
«Babi e Donna non hanno la parte principale? Ahi Ahi Ahi! Non avremo le tute nuove quest'anno».
«Infine per il ruolo dei protagonisti...».
Lasciò la frase sospesa per aumentare la suspense.
«...Gemma Styles e Dylan Mike O'Malley!».
Dopo un attimo di silenzio, partì un fortissimo applauso.
«Coooosa? Io nel ruolo di Cenerentola?», mi gridò Nina nell'orecchio in un misto di
incredulità e panico.
«Per forza, sei uguale all'attrice e poi tutti ti amano. Piuttosto, chi è Dylan Mike O'Malley?».
La risposta non tardò ad arrivare quando mi voltai e vidi il gruppetto capitanato da Alex battere sulla spalla di Dylan che guardò dalla nostra parte aggrottando la fronte.
La mia migliore amica aveva un ruolo principale nel musical di Natale e doveva recitare la parte della fidanzata di Dylan, il mio Dylan.
Okay non era proprio mio come non lo era Harry, però era di me che era innamorato, cacchio!
Il brusio era diventato un fracasso infernale, tutti parlavano a voce alta, cantavano e fischiavano, Babi e Donna avevano già lasciato la palestra indignate, Gemma era in stato di shock, quanto a Dylan temevo potesse scoppiare a piangere.
«Silenzio, silenzio, per favore!», proseguì Mrs Horan, «non ho ancora finito... C'è ancora un ruolo che abbiamo voluto inserire, ed è un assolo sul brano "Love you like a love song" e sarà danzato e cantato dalla nostra Chloe Fray».
Un centinaio di teste si voltarono contemporaneamente verso di me.
Ero così stordita da quell'annuncio che ricordo solo la faccia di Gemma che mi guardava a bocca aperta, un centinaio di occhi sgranati e Mrs Horan che mi sorrideva annuendo, fiera della sua scelta demente.
Ebbi la certezza che non sarebbe stato un problema scegliere in quale scuola andare l'anno successivo, perché non ci sarei mai arrivata all'anno successivo.
Forse avrebbero messo una targa in mio onore.
Non potevo farlo, dovevo parlare alla preside, non potevo ballare e cantare un pezzo davanti a tutta la scuola.
Il frastuono assordante rimbombava nella sala, le grida eccitate superavano le nostre voci.
«Gemma, ma quella è matta!», le gridai cercando di farmi sentire. «Sì, è completamente suonata!», rispose. «Che facciamo adesso?»
«Cosa faccio io casomai, tu devi solo fare la fidanzata di Dylan». Mi resi conto in quell'istante che lei non sapeva che la nostra breve storia era già terminata.
«Oh ma è vero! Non ci avevo pensato, è il tuo ragazzo, dovresti farla tu la parte!».
«No stai tranquilla non è il mio ragazzo». Alzai le spalle.
«Ma voi vi eravate...».
«Sì, ma non era niente di importante, davvero, nessun problema...».
Non era un problema, è vero, ma mi dispiaceva tantissimo averlo perso. Era un ragazzo speciale e avrei voluto continuare a uscire con lui e divertirci senza niente di più, e non nascondo che avrei voluto continuare a essere corteggiata e riempita di attenzioni, ma non era giusto fargli credere qualcosa che non ci sarebbe mai stato.
Forse altre mie compagne lo avrebbero tenuto sulla corda ancora sei mesi e si sarebbero fatte ricoprire di regali, per poi dargli il benservito, ma mi sembrava una carognata incredibile.
Ciò non toglie che una bella fitta di gelosia l'avevo sentita.
«Chloe, dimmi la verità, cos'è successo fra voi due?»
«Niente, non me la sento di avere una storia con lui e gliel'ho detto». E questa
era la verità.
«Avrei preferito che mi dicessi che vi amavate perdutamente e che volevi tu
quella parte!».
«Preferiresti ballare e cantare un assolo?»
«Ma come le è venuto in mente?»
«Non lo so, ma devo chiederglielo, ho già avuto la mia dose di celebrità per
quest'anno».
Fummo circondate da un gruppo di ammiratori. Sembravamo due star assediate dai fan in cerca di autografi.
«Ma davvero canti, Chloe?», mi chiese una ragazza che non avevo mai visto
prima.
«Così sembra!», risposi cercando di smorzare l'entusiasmo.
«Anch'io cantavo quando ero piccola sai?»
«Ah sì?»
«Quant'è che studi canto?»
«Ma... da sempre credo».
«E studi qui?».
Guardai Gemma incrociando gli occhi.
«Vieni andiamo a parlare con la preside».
Mi prese per mano e mi trascinò via.
Mrs Horan stava avviandosi verso la porta, la raggiungemmo di corsa.
«Oh ragazze, allora, siete contente?», ci chiese con un gran sorriso.
«No, per niente, è una cosa pazzesca!», mi lasciai scappare.
Gemma mi diede un calcio.
«Chloe intende dire che...», riprese Gemma.
«Sì, che è pazzesco Mrs Horan!»,
ripeté arresa.
«Perché è pazzesco?», chiese pazientemente la preside continuando a camminare, mentre noi le trotterellavamo dietro come chihuahua isterici.
«Ma perché... non posso cantare davanti a... tutta la scuola!».
«E perché no?». Si fermò di botto.
«Perché io mi vergogno a cantare davanti a tutti!», protestai.
«E davanti a chi vorresti cantare allora?»
«Ma mi prenderanno tutti in giro e mi rideranno dietro, sono l'unica che non ha mai messo piede in un bowling, che non fuma, non chatta, e non si ubriaca, sono il disonore della categoria, anche mia madre mi detesta, questa per me sarebbe la fine!».
«Chloe!», rise Mrs Horan, «quest'anno so che stai attraversando una fase piuttosto difficile, hai mandato a quel paese un tuo compagno, hai picchiato Alex Broson e i tuoi voti sono imbarazzanti, ma so bene che ti piace cantare e può farti solo bene uscire dal tuo guscio, e sai come si dice? "Il ridicolo non ha mai ucciso nessuno!"».
«Mrs Horan...», intervenne Gemma, «io... non me la sento di recitare...», piagnucolò.
«Ma sentite un po' voi due!», disse esasperata con le mani sui fianchi, «so per certo che mi bucheranno le gomme della macchina perché non ho assegnato le parti ad altri studenti e voi che avete ottenuto i ruoli principali che fate? "Mi vergogno Mrs Horan, non me la sento Mrs Horan". Vi farà soltanto bene e ora andate in classe che siete in ritardo!».
La guardammo allontanarsi.
«E ora che facciamo?», le chiesi abbattuta.
«Scusate...», disse una voce dietro di noi.
Ci girammo di scatto.
Era Dylan.
Mi sentii come il terzo incomodo.
Si rivolse esclusivamente a Gemma guardandola negli occhi: «Non ho mai
recitato in vita mia e se non te la senti lo capisco, io sono terrorizzato». Le sorrise dolcemente.
Il vigliacco stava flirtando con lei. Davanti a me!
«Neanch'io ho mai recitato, mi ci faremo aiutare dall'insegnante di arte, vedrai, sarà divertente».
Come? Gemma aveva già cambiato idea?
«Dai, siamo in ritardo, andiamo in classe», la strattonai. «Ciao Dylan, è stato un piacere!».
«Tieni Gemma, questo è il mio numero, così ci metteremo d'accordo per le prove!».
La trascinai via mentre lei lo salutava da lontano.
Ero inviperita.
«Ma sei impazzita? Prima piangi perché non vuoi recitare e un secondo dopo ti fai dare il numero per le lezioni private? Ehi, ma lo sai che c'è la scena del bacio?».
Le puntai il dito davanti al naso.
«Tanto non abbiamo scelta no? E poi quel ragazzo è così gentile, ha la capacità di metterti a tuo agio, è dolce, educato... e riguardo al bacio... Tanto è per finta, no? Ma senti... come bacia?»
«Gemma! Io ti strangolo! Come puoi chiedermi una cosa del genere!».
«Ma dai, scherzo, e poi lui non ti interessa per niente, te lo leggo negli occhi!». E neanche quella era esattamente la verità.
Ma tutto mi stava sfuggendo di mano.
Entrai in casa e passai davanti alla porta della cucina per salire in camera mia, e attraverso la porta chiusa sentii le voci di mia mamma e Alice che parlavano sommessamente.
Mi fermai e mi misi in ascolto.
«Non so cosa fare, sono disperata...», diceva mia madre con tono triste.
«Ma non c'è un modo? Un prestito, suo padre? Te li darei io se li avessi te lo
giuro».
«Suo padre non può proprio aiutarmi di più e io non posso chiedere un prestito, non mi basterebbero quindici vite per rimborsarlo».
«Ma i sussidi, le borse di studio...».
«È comunque fuori budget capisci? Ci sarebbe il suo mantenimento a Londra e chissà quante altre spese e ti confesso che non mi va che la mia bambina si trasferisca lì da sola».
«La tua bambina è in gamba e ha la testa sulle spalle e tu alla sua età eri sicuramente peggio», la canzonò.
Beh, almeno avevo Alice dalla mia parte.
«Erano altri tempi!», sospirò.
«Erano gli stessi tempi, erano gli anni '80, mica il 1800!».
«Io impazzirei a sapere mia figlia lontana».
«Ma se Kevin è a Berlino da due anni!, che dovrei fare io?»
«Io non sono come te, e poi lui è un maschio, è diverso!».
«Tesoro, ti devi abituare, è tua figlia, ma non è tua proprietà, i ragazzi devono andare per la loro strada, sbagliare, cadere, rialzarsi, è così che funziona per tutti». «Sì, sì lo so, hai ragione, ma è così difficile...».
«Ma dimmi un po', tua madre non ti può dare una mano?».
Mi accucciai per terra, dato che la cosa si faceva interessante.
«No, no, Alice, mia madre va lasciata fuori, non la sento da anni ormai. È una donna terribile, autoritaria, invadente, manipolatrice, ti controlla psicologicamente e non ti lascia vivere, mi vengono i brividi solo a ripensare a quando vivevo da lei. Se non facevo quello che voleva era capace di tutto, mi chiudeva in casa per settimane, ascoltava le mie telefonate, non mi faceva uscire con le amiche, mi derideva davanti agli ospiti, pretendeva che le giustificassi ogni spesa, credimi, ci ho messo anni a superare la sensazione della sua presenza ossessiva. A volte ho ancora paura che lei mi controlli il conto in banca. Lo so è ridicolo, ma sono stati anni terribili».
«Capisco Joce. Il problema è che ne va del futuro di tua figlia...».
«Alice lei... quando abbiamo litigato l'ultima volta, per via di Jiles, disse che da quel giorno ero morta e che, non potendomi diseredare, avrebbe dato in beneficenza tutto quello che possiede e questo sotto consiglio dei suoi avvocati...».
«Però! Un bel personaggio tua madre, mi piacerebbe conoscerla!».
«Oh! L'adoreresti! Tutti l'adorano, è bella, elegante, sofisticata, conosce tutti, passa sei mesi in Kenya e sei a Firenze, è l'idolo dei salotti!».
«Caspita! Ma lei non ci pensa alla nipote?»
«Lei adora Chloe, ma non sopporta me e poi immagina cosa significherebbe chiederle un prestito... Sarebbe la fine, trascorrerebbe il tempo a umiliarmi e trattarmi da madre indegna. Credimi, l'idea di essere di nuovo sotto controllo come avessi cinque anni mi distruggerebbe il sistema nervoso... Il mio matrimonio è stato più una fuga da lei che... vero amore».
Decisi di non ascoltare oltre.
Temevo in un trauma che avrebbe ulteriormente aggravato la mia già fragile fiducia nei rapporti umani.
Questo almeno spiegava cosa mai ci avesse trovato mia madre in lui.
Entrai in camera mia di pessimo umore, mi sedetti sulla moquette e presi il libro di chimica infilando i piedi sotto il termosifone per riscaldarli.
Non riuscivo a concentrarmi, ero troppo confusa dalle novità: il musical, l'assolo, Dylan, la Royal, i miei, la scuola, le quattro tesine da consegnare, gli esami e soprattutto Harry che mi mancava come l'aria.
Pensai d'un tratto che non lo avevo ancora ringraziato per la bicicletta.
Cosa dovevo fare, mandargli un messaggio? Ero negata con i messaggi. Chiamarlo però mi terrorizzava, ma dovevo in qualche modo fargli sapere che gli ero grata per avermi salvato la vita.
Presi il cellulare e deglutii scorrendo la brevissima rubrica.
Appoggiai la sedia davanti alla porta per essere sicura di non essere disturbata- la mamma odiava le porte chiuse a chiave - e respirai a fondo.
Premetti il pulsante di chiamata augurandomi di trovarlo staccato.
Al quinto squillo, non senza un certo sollievo, non rispose, ma mentre
riattaccavo sentii la sua splendida voce pronunciare il mio nome. Disse: «Ciao Chloe!».
Non musona o altri nomignoli, solo Chloe.
Mi sciolsi.
«Harry, ciao, ti disturbo?»
«No, no, stai tranquilla, in questo momento sono in pausa, come stai? Ti sei ripresa dall'altra sera?»
«Sì, sto bene, me la sono vista davvero brutta, se non c'eri tu, magari adesso
c'erano dei volantini attaccati agli alberi con la mia foto!».
«Mi sa che saresti congelata prima! Mi sono preoccupato a morte quando ti ho
vista lì tutta sola».
Sentii lo stomaco contrarsi. Volevo riattaccare e ricordare quella come ultima frase, ma azzardai oltre.
«Mi dispiace per... la tua ragazza, sì insomma per Alexia».
«Non ti preoccupare, con Alexia è stato un tira e molla per mesi, non era la prima volta che litigavamo».
Adesso mi stava facendo una confidenza da adulti, mi sentivo lusingata. Però non era chiaro se dopo la litigata avevano fatto pace.
Dovevo indagare.
«Spero che abbiate fatto pace...».
«Sono certo che mi richiamerà quando tornerò, ma non uscirò più con lei». Evvai!
Adesso si trattava di trovare un argomento per proseguire la conversazione almeno per un altro minuto. «Quando torni in città?»
«Per Natale avrò un congedo un po' più lungo, sto facendo dei turni impossibili e mi auguro che i miei superiori mi diano qualche giorno in più».
«Sai... facciamo un musical a scuola, sarebbe bello che venissi a vederci, Gemma ha una parte principale e io... un assolo».
Che cacchio stavo dicendo? Mi si era scollegato il cervello? Volevo veramente che oltre a tutta la scuola mi vedesse anche Harry cantare e ballare?
Ero cretina o cosa?
«Davvero? Ma è favoloso! Spero proprio di esserci, mi metterò in prima fila ad applaudirvi, non ti ho mai sentita cantare, devi essere proprio brava».
Arrossii violentemente.
«Io brava? Non... non saprei».
«Sono sicuro di sì, sei una ragazza così determinata, vedrai che farai strada,
non ho dubbi».
Cos'era, uno scherzo? Stava tessendo le mie lodi? Perché non potevo registrare
la telefonata e usarla come suoneria?
«Ora esageri Haz, ho sempre e solo fatto questo da quando sono nata, a scuola sono una schiappa!».
«Ehi, non buttarti giù! Tutti gli artisti erano delle schiappe a scuola, a fare i
secchioni sono capaci tutti, credimi, i più bravi della mia classe erano dei totali idioti!».
Il classico ottimismo degli Styles.
Lo amavo a ogni parola di più.
«Non dovevi disturbarti a lavare la bici però!», risi nervosamente cercando di
cambiare argomento.
«Era impresentabile, non potevi andare in giro con una schifezza simile, non sei più un maschiaccio che fa a botte con tutti».
Oddio... non era esattamente così.
«Ti devo un favore!».
«Cantare per me un giorno, va bene?».
Se andava bene? Era il mio sogno, cantare per lui, con lui, per l'eternità.
«Sì! Io... adesso devo andare ci vediamo a Natale allora», tagliai corto in preda all'agitazione.
Riattaccai con un senso di vertigine.
Non mi stava più considerando una ragazzina, ma un'adulta e... come aveva detto? Piena di volontà e determinazione.
Ero scioccata.
Adesso non mi restava che cercare di concentrarmi sul test di chimica, impresa che risultò una missione impossibile.
La sua voce mi era entrata nelle vene e scorreva in ogni angolo del mio corpo.
Feci qualcosa che non avrei mai pensato di fare, una cosa da femminucce innamorate: presi un quaderno nuovo e trascrissi la nostra conversazione nel modo più fedele che riuscissi a ricordare.
E in fondo appiccicai il post-it che mi aveva lasciato sulla porta.
Se qualcuno lo avesse trovato avrei negato fino alla morte di averlo scritto io. Non mi accorsi nemmeno che la mamma stava cercando di scardinare la porta per entrare.#spaziome
Scusate il ritardo colossale, sono stati dei giorni pienissimi ma finalmente sono riuscita ad aggiornare. Cosa ne pensate? Harry e Chloe si sentono di nuovo, vi piacciono? E cosa ne pensate di Dylan e Gemma? Commentate e lasciate un voto, grazie a tutte.
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R U mine?
FanfictionUn giorno ti svegli e sei un'adolescente, così dall'oggi al domani, ti ritrovi nel corpo di una sconosciuta che si veste solo di nero, si vede in sovrappeso e fa pensieri suicidi l'89% del tempo. E Chloe non fa eccezione. Innamorata del fratello del...