Capitolo venti

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Mia madre era seduta al tavolo in cucina e teneva una busta in mano.
Entrai per salutarla e mi rivolse uno sguardo che non le avevo mai visto prima. Mi fece paura.
«Ciao mamma!», le dissi sorridendo e attesi una risposta.
«Stamattina...», iniziò con voce grave, «ho ricevuto questa».
Sollevò la busta.
Riconobbi subito la carta intestata con impresse le tre righe di colore rosso. «La Royal Art School ti convoca ufficialmente all'audizione del 14
febbraio. Peccato che ti fossi dimenticata di dirmelo».
«Io te lo avrei detto mamma...», risposi con un filo di voce abbassando gli
occhi.
«Non ho dubbi. Ma ti sei anche casualmente dimenticata di dirmi che tua nonna ha garantito per il pagamento della retta. Non dirmi che non lo sapevi».
«Io... ti avrei detto anche questo mamma».
Mi rivolse uno sguardo carico di risentimento.
«Tu non hai idea della gravità di quello che hai fatto, della delusione che mi
hai dato e del dolore che sto provando».
Non riconoscevo più la sua voce.
Era un sibilo, un rantolo, il lamento di un animale ferito.
«Mamma io non volevo...».
«Zitta! Non parlare!», mi ordinò. «È la cosa più cattiva che potessi farmi. Sei
una bambina, egoista e crudele. Pensavi che non volessi accontentarti solo per farti un dispetto, perché non volevo che avessi una carriera nel canto! Non hai mai pensato neanche per un momento che per un genitore single con un lavoro da dipendente è praticamente impossibile mandare un figlio all'università? Con l'affitto da pagare, le spese, e i conti! E tu sapevi quali fossero i rapporti fra me e tua nonna, quanto mi fosse costato liberarmi dal suo controllo, dalle sue manipolazioni, e dai suoi giudizi devastanti! E tu hai avuto il coraggio di andare da lei a piangere miseria, "nonnina, la mamma è cattiva e non mi vuole mandare a scuola di canto, pensaci tu", e lei deve aver goduto come una matta nel sapere che ho fallito su tutta la linea, che l'uomo per cui avevo rinunciato a tutto se n'è andato con un'altra donna, che ho un lavoro mediocre e non posso mandare mia figlia alla Royal Art dei miei coglioni!».
«Ma...», tentai di intervenire con le lacrime che scendevano giù e il cuore a pezzi.
«Tu non hai la più pallida idea di quello che hai fatto Chloe! Tu mi hai pugnalato alle spalle, la persona di cui mi fidavo di più al mondo e per cui avrei dato la vita mi ha tradito in un modo infame e meschino! Proprio adesso che avevo accettato un lavoro nuovo che neanche mi piaceva, ma era pagato meglio, per riuscire con qualche sforzo a farti andare l'anno prossimo a quella dannata scuola!».
Mi sentii mancare il terreno sotto i piedi.
L'avevo ferita a morte con il mio egoismo e la mia superficialità.
Mia madre, la donna che adoravo, che stimavo e che non avrei mai voluto
deludere, adesso non voleva più parlarmi e aveva ragione.
Il dolore la stava trasfigurando, era fuori di sé e non c'era niente che potessi fare per rimediare.
«Mamma. Non ci vado all'audizione, ci parlo io con la nonna, le dico che ho
sbagliato e che...».
«No Chloe! Tu ci andrai eccome a quell'audizione e sei tu che, d'ora in poi, renderai conto a tua nonna e capirai cosa intendevo dire con pressione psicologica. Io mi chiamo fuori dai giochi, non ne voglio sapere più niente di te. Non cercarmi più, non chiamarmi più. Hai fatto la tua scelta da adulta responsabile e pagherai le conseguenze delle tue azioni».
Si alzò barcollando e si appoggiò alla porta con una mano sul petto. «Mamma!». Le corsi incontro per sorreggerla.
«Non mi toccare. Non-mi-toccare!».
Ero sconvolta.
Sopraffatta da una sensazione orribile di soffocamento e impotenza. Terrorizzata come un animale al macello.
Mi sentivo persa senza mia madre e fino a quel momento avevo sopravvalutato le mie capacità, pensando di potercela fare da sola.
Ora che anche Harry sarebbe partito, cosa avrei fatto?
Avrei chiamato mia nonna che avevo visto tre volte in vita mia e con cui non
avevo un vero rapporto? Per dirle cosa poi? Che la mamma si era arrabbiata, peggiorando ulteriormente le cose?
Chiamai mio padre.
Dopotutto era l'uomo che la conosceva meglio o che, almeno, avrebbe dovuto sapere come prenderla, ma tutto quello che ne ricavai fu un laconico: «L'hai fatta grossa questa volta, eh Chloe?».
Paul era fuori, ma sapevo che non sarebbe stato dalla mia parte, così chiamai Alice che era già al corrente di tutto e mi promise di parlarci l'indomani, "a palle ferme", come disse parafrasando.
Harry aveva detto che era stata un'idea stupida, e se solo avessi seguito il mio istinto e non l'impulsività di Gemma adesso sarei stata nel mio letto a ripensare a lui e ai suoi baci.
Lo chiamai lo stesso anche se era quasi mezzanotte.
Se voleva davvero esserci per me, quella era la situazione di emergenza peggiore in cui mi fossi mai trovata e avrebbe potuto dar prova di tutta la sua diplomazia.
«Tesoro, lo sentivo che era un pessimo piano. Mia sorella a volte vive in un film della Pixar, ma lasciami dire che è stata davvero un'idea del cazzo!».
«Adesso lo so anch'io, ma se avessi anche solo immaginato una cosa del genere ti giuro che mi sarei tagliata la lingua piuttosto. Credevo di aver trovato la soluzione, vedevo solo il risultato finale e non ho pensato neanche per un attimo alle conseguenze. Volevo raggiungere il mio scopo, ma mai e poi mai avrei voluto ridurre la mamma in quello stato. L'ho fatta ammalare...». E ricominciai a piangere.
«Piccola, calmati, adesso calmati, lo so che sei sconvolta, ma solo alla morte non c'è rimedio, tutto il resto si risolve e te lo dico con certezza. Ci vuole tempo e soprattutto molto tatto, ma si sistemerà. Adesso cerca di dormire. Domani pomeriggio ci occuperemo delle altre e poi penserò a come affrontare Jocelyn, dopotutto ci conosciamo da una vita, non si rifiuterà di parlare anche con me».
«Non la conosci quando è arrabbiata».
«Conosco il mio comandante, non è possibile che sia peggio di lui». «Buonanotte Haz e grazie».
«Buonanotte piccola, stai tranquilla, ci sono io adesso».
Di nuovo mi sentii circondata da quella nuvola d'affetto calda e sicura, avvolta
dalle sue grandi ali.
Se lui era con me, non ero più perduta.
******************************
La mattina seguente mi alzai che la mamma era già uscita.
L'idea che avesse accettato un lavoro che non le piaceva, per farmi studiare, mi provocava una pena infinita.
Lei sapeva dipingere e sarebbe diventata davvero brava se avesse continuato a studiare, invece aveva deciso di occuparsi di me e di mio padre col risultato che entrambi le avevamo spezzato il cuore.
Avrei fatto di tutto per tornare indietro.
Ma era una frase che cominciavo a ripetere troppo spesso.
Quando avrei smesso di ferire gli altri con tanta facilità?
Gemma arrivò in classe come al solito in ritardo e prese a scusarsi con me senza sosta.
Non potevo fare altro che dirle di lasciar perdere perché era stata comunque colpa mia, ma lei continuava a chiedermi di perdonarla, col risultato di farmi innervosire ancora di più.
Certo, parlava bene lei che aveva avuto sempre la vita facile... Cercai di scacciare quell'ultimo pensiero, ma per quel giorno preferii evitarla e concentrarmi sulla lezione.
Mia nonna mi chiamò il pomeriggio stesso.
«Bambina, ho saputo che quegli imbecilli hanno mandato la lettera di convocazione a casa di tua madre come avevo espressamente chiesto di non fare! Salteranno delle teste, stanne certa! Sei contenta? Tutto bene laggiù?»
«Felicissima nonna, sì tutto bene, anche la mamma... è contenta».
«Contenta? Sarà fuori di sé come minimo. Ma quello che non ho potuto fare per mia figlia nessuno mi impedirà di farlo per mia nipote. Se vuoi una cosa te la devi prendere! Questa è l'unica lezione che ho imparato dalla vita e francamente sono fiera che mia nipote mi somigli».
Non so se le somigliavo davvero, ma di certo non avrei subìto la pressione psicologica che aveva subìto mia madre, perché io e lei avevamo da sempre avuto un vero rapporto madre-figlia, mentre la nonna per me era in fondo solo un immenso portafoglio pieno, e questo mi rendeva impermeabile a qualunque tipo di ricatto morale.
Preferii non tornare a casa dopo la scuola e fermarmi da Harry con la scusa ufficiale delle tesine da scrivere e quella ufficiosa di passare un altro pomeriggio fra le sue braccia.
Fu di nuovo Anne che venne ad aprirmi la porta.
«Oh Chloe, ho saputo, come mi dispiace, Gemma mi ha detto...».
Il fatto che Gemma non tenesse niente per sé cominciava sinceramente a farmi
incazzare.
«Ti ha detto anche che è stata una sua idea?», risposi con un sorriso tirato. «Un'idea idiota su tutta la linea se posso permettermi, ma mia figlia negli
ultimi tempi non si sa dove abbia la testa. C'è qualcosa che posso fare? Vuoi che parli io con Jocelyn?»
«No, meglio di no, se ci parlano in troppi alla fine si irrigidirà ancora di più, è orgogliosa e testarda e in più adesso mi odia».
«Ma no che non ti odia! Vieni qui broncio!». Mi abbracciò forte, ne avevo davvero bisogno, ma mi fece sentire ancora più sola e vulnerabile.
La mamma mi mancava tantissimo e sapere di non poterle parlare e stare accoccolata insieme a lei a guardare The Vampire Diares con Trevor sulle gambe mi annientava.
Salii da Harry che mi abbracciò anche lui con uno slancio incredibile, come se non mi vedesse da mesi.
«Come stai tesoro?».
Feci spallucce.
«Risolviamo tutto vedrai, promesso, non ti posso vedere così, mi fai star
male», disse prendendomi le spalle, «dài, fammi un sorriso... anche finto».
Era impossibile fargli un sorriso finto.
Era talmente bello, dolce, solare e così preoccupato che mi faceva venire
voglia di fuggire con lui su un'isola deserta.
Dopo aver terminato le ultime due tesine in un'ora scarsa ed essere rimasti
sdraiati sulla moquette a baciarci e accarezzarci per altre tre, con l'orecchio teso ai movimenti di Anne per evitare di essere colti sul fatto, fu tempo per me di ritornare a casa e, per Haz, di tentare di aprire i negoziati con mia madre.
Si preannunciava la trattativa più ardua di tutti i tempi, ma se non risolvevamo presto la questione, le nostre esistenze sarebbero piombate in una spirale irreversibile di malintesi e dolore che avrebbe trascinato con sé tutta la nostra vita.
Aprii la porta e Harry mi seguì in casa.
Mamma e Paul erano in salotto, la televisione insolitamente spenta e loro seduti uno di fronte all'altra, ognuno sulla propria poltrona.
Paul ci salutò, ma la mamma non fece caso a noi.
Fu Harry a prendere la parola.
«Ciao Joce, ho riaccompagnato Chloe a casa e volevo salutarti, riparto sabato». Le ultime due parole mi fecero stringere il cuore.
La mamma si alzò e gli andò incontro ignorandomi.
«Ti trovo benissimo Harry, come sta andando, è duro l'addestramento?» «Non c'è male, ma mi piace molto, sono motivato, e quando è veramente dura penso alla mia famiglia e questo mi da coraggio».
«È bello sapere che ci sono ancora figli che pensano ai genitori», aggiunse sarcastica.
«Tu stai bene?», le chiese con quegli occhi verdi a cui non si poteva resistere.
«No. Non sto bene. Sto vivendo uno dei peggiori momenti della mia vita».
Me ne stavo appoggiata al muro e guardavo per terra, lanciando ogni tanto un'occhiata a Paul, che sedeva impassibile, senza raccogliere la mia richiesta d'aiuto.
Harry fece sedere mia madre accanto a sé e la guardò negli occhi con comprensione e dolcezza, come se non ci fosse nessuno di più importante al mondo.
«Ho saputo cos'è successo e voglio che tu sappia che è stata un'idea di Gemma, non di Chloe, e non si è resa conto del disastro che avrebbe provocato».
«Chloe sapeva perfettamente a cosa andava incontro».
«È vero, ma se ti metti nei loro panni, alla loro età non sanno calcolare veramente le conseguenze di quel che fanno, sono ancora immature, ingenue ed egocentriche e pensano solo a ottenere quello che vogliono. Non lo fanno con l'intenzione di ferire, ma solo con l'idea di realizzare quello che si sono messe in testa».
Lo guardai sbigottita facendogli segno di smettere di darmi contro, ma lui per tutta risposta mi fece cenno di andarmene.
Girai l'angolo e rimasi a origliare attraverso la parete di cartongesso.
«Se ci rifletti un momento, Chloe e sua nonna non hanno neanche un vero rapporto, ma per Chloe in quel momento lei rappresentava la soluzione ai suoi problemi, e non avrebbe fatto proprio niente se mia sorella non le avesse messo in testa l'idea di chiamarla. Immagina come deve essersi sentita la sera dello spettacolo, a scuola, quando tutti le facevano un mucchio di complimenti. Mia è ossessionata dalla Royal, è la sua ragione di vita. Le ragazze sono mortificate, Gemma non fa che piangere e Chloe dice di non voler mai più cantare se non fa pace con te. Capisco come ti senti, ma tu che sei una donna sensibile e hai un gran cuore, non potresti provare a darle un'altra possibilità? Hanno fatto una cazzata è vero, ma è finita lì, e tu sei più forte di tua madre. Puoi semplicemente chiamarla e dirle di annullare il pagamento oppure puoi lasciare che Chloe se la sbrighi da sola. A te non cambia niente: sei e rimarrai la donna forte e coraggiosa che sei sempre stata e che tutti noi amiamo e apprezziamo».
Ero indecisa se applaudire o lanciargli una scarpa.
Paul si alzò chiedendo se qualcuno voleva il tè e mi trovò con l'orecchio incollato al muro.
Mi afferrò per il colletto e mi trascinò in cucina.
«Lo sai che non si origlia, spia? E chi è quella specie di fotomodello che parla come un life coach? Sono due giorni che cerco di dirle esattamente la stessa cosa, ma ho ottenuto solo pianti e recriminazioni infarciti di "tu non puoi capire!". Io non ci so proprio fare con le parole vedi? È quello che ti dicevo e tua madre da me accetta solo consigli di cucina, per il resto non mi considera proprio».
«E allora io cosa dovrei dire? Non mi rivolge più la parola e se potesse mi cancellerebbe anche dal suo passaporto! Dobbiamo prendere atto che Harry ci sa fare ed è solo riuscito a toccare i tasti giusti».
«Sì, però che la smetta di toccare tasti, perché altrimenti mi iscrivo in palestra».
Anche se mi aveva dipinta come una ragazzina cretina e immatura che passava il tempo a televotare i cantanti di X Factor, era riuscito a minimizzare l'accaduto con classe e diplomazia ripristinando il giusto equilibrio delle cose e facendo sentire la mamma di nuovo importante e sicura di sé.
Ero ammirata.
Harry era veramente un mediatore nato.
Ma con lui avrei fatto i conti più tardi.
Mi salutò dopo il tè, con un bacetto rapido sulla guancia al quale risposi con un pizzicotto discreto su quel sedere d'acciaio.
Più tardi andai a parlare con mia madre.
Il trattamento Styles aveva funzionato e lei aveva un viso più disteso e
presentabile.
Sembrava anche più giovane.
Non mi aspettavo baci e abbracci, ma almeno un punto da cui ripartire senza
che dovessi trovarmi una casa dove stare.
«Mamma», le dissi, «so di aver sbagliato, ma sono perduta senza di te».
Mi guardò con uno sguardo severo, ma più propenso alla trattativa.
«Spero che tu abbia capito la gravità di quello che hai fatto Chloe e che ti serva
da lezione per tutta la vita, perché le persone che si amano non si tradiscono e se lo fai le metti in condizioni di dubitare di tutto quello che c'è stato prima. Ferire qualcuno che ti vuole bene come un genitore è come uccidere una parte di te stessa».
Mi stava parlando di nuovo e questo era già un successo, ma adesso temevo la lunga lista delle punizioni.
Mi sedetti sulla sedia e aspettai che arrivasse al dunque.
Detestavo la suspense, era come, dopo un'esibizione, aspettare applausi o fischi.
«Ho riflettuto molto attentamente e ho deciso che tua nonna in fondo ha tutto il diritto di regalarti quello che vuole e io non mi opporrò, ma in caso tu fossi ammessa sarà lei a occuparsi di te in tutto e per tutto finché non raggiungerai la maggiore età. E con tutto intendo ogni tuo bisogno economico e materiale. È questo che volevi no? E nessuno meglio di lei potrà assecondare i tuoi desideri. Ciò significa che dovrai giustificare a lei tutte le tue spese in maniera dettagliata, perché se non ricordo male la Royal Art è a Londra e vivere là costa, e ti garantisco che tua nonna è peggio di un esattore delle tasse quando ci sono in ballo i suoi soldi.
Lei al contrario di me è un'imprenditrice nata e verifica i suoi investimenti con la minuziosità di un ragioniere, e vedrai come ti marcherà stretta!». Rise sarcasticamente. «In questo modo io potrò tornare di nuovo a occuparmi di me e con i soldi che risparmierò, forse potrò anche tornare a iscrivermi alla scuola d'arte e smettere di avere una vita... come avevi detto? Ah sì, mediocre».
Sì, me la stava facendo pagare decisamente cara.
Mi stava dando in custodia alla perfida strega di Hänsel e Gretel.
«Dai, mamma, che cos'è, un affido congiunto? Adesso per ricaricare il
cellulare devo chiedere alla nonna?»
«Pensavi di cavartela con meno per caso? Pensavi che avrebbe aperto la borsa e arrivederci? Un po' troppo facile non credi? A questo punto la scelta è solo tua: prendere o lasciare. O stai alle sue condizioni o niente».
«Mamma, questo è un ricatto!».
«No, questa è una negoziazione fra adulti. Ti lascio la notte per rifletterci e domattina mi farai sapere».
Ritornai in camera e chiamai Harry.
«Cos'hai fatto Haz?», gli domandai disperata. «Le hai suggerito di farmi tenere in ostaggio dalla malvagia nonna che d'ora in poi mi controllerà con un collare elettronico?»
«Ma no, vedrai che non sarà così. Il mio piano è fare in modo che tua madre e tua nonna si riparlino e questo sarà un vantaggio per tutti. È chiaro che tu servivi da esca, ma una volta abboccato all'amo si dimenticheranno di te e riprenderanno in mano il loro rapporto».
«Riesci ogni tanto a non pensare in termini di strategia bellica?»
«Pensa invece che otterrai tutto quello che volevi: la scuola e la tua famiglia di nuovo riunita».
«Io vedo solo raddoppiare le grane che avevo prima!».
«Questo perché ti sei fissata sul problema e non sull'intero disegno: devi guardare all'obiettivo finale, senza farti distrarre da dettagli senza importanza».
«Mia nonna è un dettaglio senza importanza secondo te?»
«È il mezzo attraverso il quale raggiungerai il tuo scopo, almeno per il momento, e non durerà per sempre; una volta uscita dalla scuola sarai una cantante professionista, e non avrai più bisogno di tutori. In fondo sono soltanto due anni no?»
«Soltanto?», risposi scoraggiata.
«Ci sarò io a sostenerti».
«Davvero ci sarai?»
«Ci sarò, anche se fisicamente sarà complicato esserti vicino, potrai sempre contare su di me per ogni cosa. Questi due anni saranno molto difficili anche per me, devo fare una gavetta dura e pesante e mi manderanno in missione, ma ci sarò, in un modo o nell'altro ci sarò, e ci incoraggeremo a vicenda».
Sentirlo parlare così mi sembrava un sogno.
O un film.
Era tutto quello che avevo sempre desiderato dalla vita e adesso ce l'avevo: Harry si era innamorato di me e non avevo fatto niente perché accadesse.
Ero stata solo me stessa e lo avevo aspettato.
Ma tutti e due stavamo per partire per un lungo e impegnativo viaggio che ci
avrebbe tenuti lontani per troppo tempo.
Che razza di piani aveva in serbo il destino per me?
Realizzava i miei sogni, ma li complicava talmente tanto da farmi quasi desiderare di tornare indietro a quando erano solo fantasie?
Quello era diventare grandi. Adesso ne avevo la certezza.
Significava continuare a negoziare, rinunciare a qualcosa per ottenerne un'altra e fare costantemente delle scelte di cui prendersi le responsabilità. «Quando parti?»
«Domani sera».
Tuffo al cuore.
«E sai già quando tornerai?»
«Non lo so ancora, purtroppo».
«Settimane?»
«Forse un mese e mezzo. Vorrei esserci per la tua audizione di febbraio, e
cercherò di accumulare permessi».
«Vorrei tanto che ci fossi Haz».
E di nuovo avrei voluto aggiungere amore mio.
«Ti prometto che farò l'impossibile per esserci, amore mio», disse.
Non ci potevo credere, aveva detto amore mio per primo.
Brividi piccolissimi e veloci cominciarono a corrermi incontrollati lungo la schiena e senza pensare risposi: «Harry... io ti...».
Glielo volevo dire, volevo dirgli che lo amavo, che lo avevo sempre amato e
che avevo un disperato bisogno di lui, che l'idea di non vederlo mi faceva star male, che avevo troppe cose da raccontargli, che volevo fare l'amore con lui e volevo fosse speciale, che non potevo immaginare che non mi toccasse e non mi baciasse per un mese e mezzo, che volevo conoscere tutto di lui, le sue abitudini e le sue manie, che volevo vederlo appena sveglio, che volevo vederlo ridere, cucinare, arrabbiarsi, sbadigliare, ballare, riparare la moto, che volevo passare la mia intera vita insieme a lui perché, ne ero certa, eravamo fatti l'uno per l'altra.
Ma avevo paura che fosse ancora troppo presto.
Quindi dissi solo: «Harry io ti... ti ringrazio tanto per quello che stai facendo per me. Non dovresti, davvero, non dovresti, mi sento così in imbarazzo».
«Lo sai che mi piace risolvere i problemi! Specialmente quelli che non esistono davvero. Se tutti rispettassimo di più gli altri, sarebbe un mondo perfetto».
«Sì, ma allora non ci sarebbe bisogno della Marina!».
«Esatto! E noi due potremmo partire per un'isola del Sudamerica dove c'è sempre il sole e apriremmo un bar sulla spiaggia. Verresti?»
«Via da questo freddo polare e da questo grigio? Anche domani! Io cosa farei, pulirei il pesce che hai pescato?»
«Faresti quello che sai fare meglio: canterai nei migliori teatri! Tu sei nata per questo e chiunque volesse impedirtelo non avrebbe capito niente di te!».
Il suo ottimismo mi faceva sentire protetta e amata, mi ero talmente abituata a Harry e alle sue attenzioni in così poco tempo che non riuscivo a ricordarmi una vita senza di lui ed ero terrorizzata dall'idea di perderlo.
E questa sensazione di vuoto mi fece cominciare a capire il dolore di mia madre.
Un dolore sordo, spossante e infinitamente triste.
Non potevo fare altro che attaccarmi alle sue parole e fidarmi di lui come se ci buttassimo col paracadute.
«Ci vediamo domani pomeriggio. Passo a casa tua per salutarti».
Mi sdraiai sul letto per riflettere, come avevo fatto milioni di volte, ma non riuscivo più a riconoscermi.
Avevo perso qualcosa che non sapevo definire.
Non ero più spensierata come un tempo, quando mi bastava salire in bici e andare da Ella per sentirmi bene, e provavo in continuazione sentimenti contrastanti di euforia e paura, accompagnati da un'angoscia che mi stringeva lo stomaco quasi giorno e notte.
Mi preoccupavo per cose a cui prima non facevo caso -come per esempio i sentimenti degli altri- vedevo il mio corpo trasformarsi giorno dopo giorno in quello di una donna, provavo emozioni nuove, avevo voglia di condividere i miei pensieri con Harry e tutto ciò mi faceva capire che non ero più una ragazzina e che non lo sarei più stata, e soprattutto che avevo una paura folle di perdere le persone che amavo.

#spaziome
Scusate se vi ho fatto attendere molto, ma in questi giorni sono stata super impegnatissima. Sarà sicuramente difficile aggiornare adesso che sta per ricominciare la scuola! Leeet me cryyy. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, al prossimo aggiornamento.
LOOOOTS OF LOVE! :*

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