Più tardi in macchina, con mamma e Paul, l'atmosfera si era fatta molto
pesante.
Paul era entusiasta e non smetteva più di complimentarsi e farmi domande, e
parlava a ruota libera con la consueta grazia da elefante, senza considerare la suscettibilità della mamma che se ne stava chiusa in un silenzio ostinato.
«Chloe, non avevo mai visto niente del genere, sei bravissima! Quando hai fatto quelle note alte! E poi ballavi anche! Sembra così facile a vederti, ma chissà che razza di fatica deve essere. È veramente nata per il canto, vero Joce? Questa ragazza diventerà una stella! Di' un po' Chloe, ci saluterai ancora quando sarai famosa?».
La mamma sospirò guardando fuori dal finestrino.
«Eh Jocelyn?», incalzò Paul, convinto che non avesse sentito. «Vero che è proprio una cantante nata?»
«Certo!», rispose sbottando, «certo che Chloe è nata per il canto, è quello che mi hanno ripetuto tutti stasera, dal primo all'ultimo: "Signora chissà com'è orgogliosa di sua figlia, anch'io avrei voluto che la mia cantasse, ma è la negazione completa, da chi l'ha mandata? Dove studierà l'anno prossimo?". Sembravo l'unica a non rendersi conto delle capacità straordinarie di mia figlia! Ma chi la paga quella scuola eh? Loro? Avrei voluto rispondere alla preside: "Non ha mica trentamila sterline in tasca per caso? Perché io non le ho e mia figlia non si accontenta di una scuola qualunque! Vorrei vedere che farebbero al mio posto!».
Parlava come se non ci fossi.
«Magari qualcosa farebbero!».
«Non credo proprio, non quelli che contano su un solo reddito e pagano l'affitto. Non tutte le famiglie sono come quella di Gemma, anzi ti garantisco che la maggior parte sono come la nostra, o anche peggio perché hanno in media tre figli e un anziano a carico! E lì i ragazzi vanno a lavorare a diciotto anni!».
«Forse ai tempi tuoi... nel dopoguerra!».
«Io sono andata a lavorare a diciotto anni perché volevo essere libera e non dipendere da tua nonna e credimi, se avessi fatto le scelte che voleva lei, avrei ottenuto qualunque cosa, ma non rimpiango assolutamente niente!».
«Io dico che se tornassi indietro faresti altre scelte», incalzai.
«Per esempio?»
«Per esempio non sposare mio padre e rimanertene in Francia...magari lì le scuole costavano di meno!».
«Tutto si riduce a un problema di soldi, eh Chloe? Mai sentito parlare di
sentimenti per caso? Amore, amicizia, attaccamento, sacrificio per qualcun altro oltre che per se stessi...».
«Non dirmi che la tua vita di adesso ti da grandi soddisfazioni mamma».
Paul diede un forte colpo di tosse per cercare di troncare la conversazione che stava scivolando lungo una pericolosissima china.
Ma non servì.
«Sai che ti dico Chloe? Credo proprio che tu abbia ragione. Tornassi indietro non farei le stesse scelte. Ti avrei mollata a una tata e me ne sarei andata in giro per il mondo e ogni tanto ti avrei dato un colpo di telefono, quando me ne fossi ricordata. Sono proprio un'idiota ad aver rinunciato alla mia vita per pensare a te».
Paul a forza di tossire stava per strangolarsi.
«Nessuno te l'ha chiesto. Un figlio non dovrebbe significare annullarsi».
Si girò verso di me con gli occhi fuori dalle orbite.
«E questa dove l'hai sentita? Cosa ne sai tu di cosa significhi un figlio? E
soprattutto come ti permetti di parlarmi così?»
«Non capite, nessuno di voi capisce, a voi non importa niente del mio futuro,
tutto quello che riuscite a ripetere è che non ho altra scelta a parte quella di accontentarmi, proprio come avete fatto voi con le vostre vite mediocri».
«Adesso basta!», intervenne Paul frenando bruscamente. «Non permetterti mai più di parlare così né a tua madre né a me. Se fossi figlia mia ti avrei già dato un ceffone! Non ti azzardare a giudicare la vita di nessuno finché non avrai fatto la metà delle cose che ha fatto tua madre per te o per chiunque altro! Sono stato sufficientemente chiaro? Non sei più furba di noi solo perché sputi sentenze dall'alto dei tuoi sedici anni! E non rivolgerti a noi come se fossimo dei poveri deficienti che non hanno capito come si sta al mondo e aspettano solo di essere illuminati da te! Nessuno ti impedisce di fare quello che vuoi, ma questa cosa è materialmente impossibile, ficcatelo bene in testa!».
Ero pietrificata e rossa per la vergogna.
Un silenzio imbarazzante scese nell'abitacolo.
Grande e grosso com'era, quando si arrabbiava faceva davvero paura e io non ero abituata a provare timore di una figura maschile. Ma Paul mi aveva parlato come un padre e mi aveva rimessa al mio posto. E aveva fatto bene.
Mise in moto e ripartì.
Nessuno dei due mi parlò più fino a casa.
Appena arrivati, scesi dalla macchina entrai di corsa e mi precipitai verso la
mia camera, ma Paul mi richiamò a metà rampa di scale.
«Che c'è?», risposi controvoglia girandomi.
Mi rivolse un grande sorriso.
«Abbiamo avuto uno scambio di opinioni, e mi dispiace di avere alzato la voce, ma non si va mai a letto tenendosi il muso okay?».
Lo guardavo cercando di rimanere indifferente, ma sentivo le lacrime
bruciarmi gli occhi.
«Dai, vieni qui cantante e dammi un abbraccio forte!».
Scesi le scale lentamente con le mani in tasca come se mi stessero spingendo e
mi lasciai abbracciare.
Non ero abituata a essere trattata come una figlia e quasi provai gratitudine per
essere stata rimproverata in modo così duro.
Non volevo piangere, ma le lacrime scesero giù da sole, e fu quasi un sollievo. Poi si rivolse a mia madre che era già andata in salotto.
«Jocelyn vale anche per te!».
Mi prese per la mano e mi portò da lei.
«Su, adesso voi due fate pace», ci esortò.
Se era stato facile convincere me, non aveva ancora idea di che osso duro fosse mia madre.
«Paul, non sono una bambina io, e so bene come gestire mia figlia».
Certo che lo sapeva, non mi avrebbe parlato per un anno!
«So che sai gestire tua figlia, e nessuno meglio di te sa come farlo, ti chiedo
solo di non tenere la rabbia dentro perché non ti fa bene e non ti aiuta a trovare delle soluzioni».
Però! Il vecchio Paul ci sapeva davvero fare quando voleva.
«Dai mamma», dissi, «mi dispiace di avere esagerato».
«Va bene, va bene, porta fuori York adesso, sta scoppiando».
Era il massimo che ci si potesse aspettare da lei, ma era la prima volta che facevamo la pace venti minuti dopo aver litigato.
Paul stava decisamente portando un cambiamento favorevole alle nostre vite.
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R U mine?
FanfictionUn giorno ti svegli e sei un'adolescente, così dall'oggi al domani, ti ritrovi nel corpo di una sconosciuta che si veste solo di nero, si vede in sovrappeso e fa pensieri suicidi l'89% del tempo. E Chloe non fa eccezione. Innamorata del fratello del...