Chapter 8

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I Found You:

Giacevo a terra inerme, senza forze. La forza di gravità mi tratteneva a sè in una stretta soffocante e frustrante.
Istintivamente portai una mano alla tempia destra dove sentivo un dolore terrificante, insistente, che si articolava in tutto il corpo e pulsante come un tamburo. La luminosità di quell'angusto posto non era per nulla ottimale, non riuscivo a vedere ad un palmo dal mio naso. Come tamponai delicatamente la sorgente di quel dolore bestiale mi bagnai appena le dita e di impulso le portai al naso: sangue. Cercai di fare leva con le braccia per alzarmi da quel pavimento putrido e maleodorante, e fortunatamente dopo un po' di sforzi raggiunsi la parete vicina a me, mi girai e mi ci appoggiai con la schiena, rannicchiai le gambe e misi la testa sulle ginocchia. Improvvisamente un rumore di catene mi fece trasalire. Non mossi un muscolo, smisi pure di respirare per paura che chiunque fosse stato non mi avesse sentita. Udii nuovamente quel rumore e mi si gelò il sangue che scorreva velocemente nelle vene, poi lo individuai grazie alla piccola sorgente di luce della Luna lattea che trapelava da una finestrella alta sulla destra situata in fondo alla cella: si intravedeva una gamba. Ora ricordai, ero stata rinchiusa qui dopo il mio "bel salvataggio" degno di una perdente. Mi avvicinai quatta quatta a gattoni verso di lui. Mentre gattonavo sotto le mani, sui palmi, sentii dei filamenti abbastanza duri e ipotizzai che si trattasse sicuramente di paglia, infatti l'odore di quel luogo ricordava tanto una stalla. Per l'ennesima volta si mosse ed emise uno strano rantolio che proveniva dalla sua bocca, mi fermai sperando di essere protetta dall'oscurità che mi avvolgeva, poi quando si placò ripartii verso di lui. Ora lo vedevo, le sue mani erano incatenate al muro poco sopra la sua testa che poggiava dolorante sulla sua spalla sinistra. Trattenni il fiato, non potevo vederlo così, non ce la facevo, era più forte di me, così avanzai e notai inoltre, grazie alla poca fonte di luce, che aveva il viso conciato malissimo, era pieno di ematomi violacei e un angolo della sua bocca era sporco di sangue. Le lacrime partirono giù, non mi importava di fermarle, ora volevo assolutamente salvarlo. Gli toccai dolcemente una guancia e lui piano piano aprì gli occhi.

-E...le...c...tra.-

Un sorriso misto a lacrime salate mi spuntò sulle labbra e scostando una ciocca che gli ricadeva sugli occhi gli accarezzai il volto facendo il più piano possibile e lui mi venne incontro ricambiando: appoggiò la sua testa sulla mia mano come segno d'affetto.

-Che ti hanno fatto? Perché sei pieno di lividi?-

Continuavo a piangere mentre parlavo e lo fissavo negli occhi che solo guardandoli mi riportava indietro nel passato, al nostro primo incontro.

-Non piangere...non è...niente.-

Chiusi gli occhi pur di non vederlo in questo stato, poi mi gettai senza alcuna riserva verso il suo petto.

-Perdonami di non averti potuto salvare...-

Continuavo a piangere e per farmi calmare mi appoggiò la sua guancia sopra la testa mentre mi scusavo e riscusavo per non aver impedito che andasse a finire così.

-Electra smettila...di piangere...-

Parlava a fatica ed ogni sillaba che emetteva era come se fosse l'ultima. Mi ricomposi e lo guardai di nuovo in volto.

-Ti prometto che ora usciremo da qui!-

Mi alzai e notai che le ginocchia mi facevano un male tremendo.

-Sai...sei cre...sciuta molto...dall'ultima...volta ch...e ci siamo...visti...-

Sorrisi un po' imbarazzata, poi ritornai in me sgridandomi che non era ora il momento per arrossire.

-Sai com'è...anche tu sei cresciuto.-

Andai verso la porta in legno e ferro che era circondata da un fascio di luce rossastra, era la luce delle torce che penetrava dalle fessure. Appoggiai l'orecchio per udire se ci fosse qualcuno ma non vi sentì nessuno. Solo il silenzio mi rimbombava nelle orecchie.

Le Figlie Dell'OlimpoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora