Capitolo 3

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Stefania

"Ma l'unico pericolo che sento veramente

È quello di non riuscire più a sentire niente"

(Fango – Jovanotti)

«Oh, guarda un po' chi si rivede» fingo interesse rivolgendogli un rapido sguardo per poi mettermi in bocca una grossa patatina. Uno sguardo fugace giusto per vedere quegli occhi brillanti e per notare un filo di barba scura più accentuato che lo rende molto più attraente rispetto a due giorni fa.

«Noto con piacere che sei contenta di rivedermi» regge il gioco facendo del sarcasmo.

«Sì. Contenta proprio quando ci si ha il mal di testa» sfoggio un falso sorriso con tanto di occhi dolci e battito di ciglia e riprendo a guardare le materie dalla bacheca.

«Lo sai che non fa mai male essere educati?»

«Ma non hai nessun paziente che ha bisogno del tuo aiuto?» ribatto.

«Il mio turno inizia tra un'ora»

«Allora cosa ci fai qui? Sei uno stalker o cosa?» assottiglio lo sguardo nella sua direzione.

Mi guarda stupito e divertito «No, no. Io non sapevo nemmeno che frequentassi questa università» ride.

«Allora cosa sei? Uno studente fuori corso?»

«Sono un dottore, dolcezza. Laureato a pieni voti. E sono venuto qui per incontrare il rettore» adotta nuovamente quell'aria da spavaldo mettendosi le mani nelle tasche anteriori dei pantaloni classici che guardo rapidamente e noto che gli stanno da favola. Deve avere un fisico pazzesco sotto questo completo che mi piacerebbe tanto dare un'occhiata ma... lasciamo perdere che è meglio.

Mi metto in bocca un'altra patatina e mi fisso nuovamente sulla bacheca.

«Ma stai sempre a mangiare?» chiede divertito voltandosi verso di me avvicinandosi di un passo.

Ora che ci faccio caso è pure parecchio alto, considerando che l'altra volta avevo i tacchi e adesso ho le scarpe ginniche, beh, ci saranno almeno venti centimetri di differenza tra me e lui.

«Sono napoletana. Mi piace mangiare» faccio spallucce continuando ad ingurgitare.

«Allora posso offrirti un bel caffè» azzarda e quasi strozzo voltandomi sbalordita verso di lui. Il tipo ci sta provando con me!

«Da buona napoletana dovresti accettare» aggiunge con un mezzo sorriso irresistibile ma la professoressa De Stefano decide di salvarmi in calcio d'angolo perché sento che grida il mio nome dall'altro capo del corridoio alle mie spalle. Mi volto verso di lei e la vedo che agita un braccio per attirare la mia attenzione. Lo agito anche io in risposta e infilo la busta di patatine nella mia super capiente borsa griffata. «Devo proprio andare» mi rivolgo al tipo con un sorriso dispiaciuto. Ma chiaramente sto fingendo. Non ho proprio intenzioni di accettare il suo invito. So bene dove vuole arrivare e di certo non voglio finire come le tizie che rimorchia ogni sera.

«Ci si vede... Stefania» mi saluta con uno smagliante sorriso contento di aver saputo il mio nome e si allontana.

Non perdo tempo per raggiungere la professoressa e mi siedo sull'apposita poltroncina difronte la sua scrivania, e per almeno mezz'ora mi riempie la testa parlandomi di quanto sia impegnativo il terzo anno ma che lei è disposta a darmi una mano. Mi passa addirittura alcuni libri di testo e alcune slide che ha fatto lei personalmente appositamente per me. Sono sbalordita di questo suo premuroso comportamento ma poi capisco a cosa è dovuto questo gesto così generoso.

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