Capitolo 2

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Stefania


"E quelle che sanno spiegarti l'amore

o provano almeno a strappartelo fuori,

e quelle che mancano sanno mancare
e fare più male"

(Le donne lo sanno – Ligabue)

La domenica è il giorno più bello della settimana. Giorno in cui mio padre e mio nonno non lavorano e si dedicano solo ed esclusivamente a me portandomi al maneggio dove ci aspettano Cashmere e Achille, due purosangue inglesi che si aggregano a questa piccola ma unita famigliola.

Cashmere è il mio fedele destriero bianco che mi è stato regalato il giorno del mio sesto compleanno dalla nonna Elsa, madre di mio padre, che sfortunatamente ho perso cinque anni dopo. Ho tantissimi ricordi legati a mia nonna. Tutti legati all'estate, periodo in cui salivo da Napoli per passare le vacanze qui a Rimini. Ricordo che la nonna cucinava divinamente. Non posso mai dimenticare quei manicaretti fatti con amore e passione. E poi era la maga del cucito. Rattoppava e rammendava qualsiasi cosa, per non parlare poi delle mitiche babbucce di lana rosa che ancora conservo. E lei era perfetta. Sempre allegra e curata. Fiera di essere la moglie del più grande imprenditore della zona. E il suo profumo poi, così fresco e floreale per il troppo tempo che passava fuori in giardino tra i suoi fiori, le rose in particolare. E io rimanevo seduta su una piccola seggiola di legno nel bel mezzo del suo giardino ad osservarla: i capelli mogano legati in una bandana rossa e gli occhi azzurri che brillavano sotto la luce del sole mentre era insieme alle sue piante, così felice e sorridente, che parlava alle sue rose e si prendeva cura di loro come se fossero tutte figlie sue.

«Nonna, ma tu ci parli proprio come se fossero delle persone vere» chiedevo ridendo riparandomi gli occhi dalla forte luce del sole per focalizzarla meglio dalla mia piccola seggiola mentre mi guardava e sorrideva.

«Certo, tesoro. Ricorda: le piante e i fiori sono come gli esseri umani, forse anche meglio. Bisogna volerle bene e prendersi cura di loro, altrimenti appassiscono e muoio»

«Perché, possono anche morire?» avevo dieci anni all'epoca.

«Sì, piccolina mia. Loro vivono proprio come noi e voglio bene a queste rose come se fossero tutte figlie mie» mi sorrise «Mi sarebbe piaciuto molto avere una figlia femmina» aggiunse con una nota malinconica.

«Non vuoi bene a papà?» mi rabbuiai.

«Ovvio che voglio bene a tuo padre...»

«E non puoi fare finta che mia mamma sia la tua figlia femmina?» chiesi innocentemente. Sapevo che non scorreva buon sangue tra le due. Non si vedevano mai e ogni estate mi ci mandavano sempre da sola in vacanza dai nonni. E mio padre faceva tutto ciò che desiderava mia madre, addirittura allontanarsi dalla sua famiglia.

«E' tua madre che non vuole essere la mia figlia femmina» concluse con un debole sorriso e con una cesoia tagliò un'erbaccia emettendo un secco colpo.

Il roseto ancora oggi vive in quel giardino. Il nonno non può fare a meno di prendersene cura al posto della moglie e anche io di tanto in tanto mi rifugio in giardino perdendomi tra il profumo delle rose. A volte ci parlo come faceva lei ma chissà perché non mi rispondono mai quando ho bisogno di un consiglio, ma la cosa incredibile è che quando ci sono dentro, mi sento vicina a mia nonna.

Accarezzo piano la morbida criniera di Cashmere che resta beata sotto il mio delicato tocco. Le sussurro frasi dolci e complimenti e l'abbraccio calorosamente mentre passeggio accanto a lei lungo il perimetro del maneggio. Sono cresciuta praticamente con lei. Mi ha vista ridere, mi ha vista piangere liberandomi da tutte le sofferenze con lunghe cavalcate rigeneranti tra il fango e la pioggia, ogni qual volta avevo bisogno di un'amica con la quale sfogarmi di tutto quello che ero costretta a vedere e nascondere dentro di me per colpa di mia madre.

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