Capitolo 5

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Marta, agosto, anno 2012

Se c'era una cosa che Lorenzo effettivamente odiava del suo lavoro, era sicuramente dare brutte notizie ai familiari dei suoi pazienti.
Si ricordava ancora quando un medico diede a lui, quella brutta notizia. E forse chiamarla brutta è anche riduttivo.
Lorenzo ancora ricordava il modo in cui sentì la terra mancargli da sotto i piedi, come percepì tutto il mondo pesargli sulle spalle, mentre la voglia di piangere e di urlare gli premeva nel petto ma la voce e le lacrime non gli uscivano. Nel corso del tempo iniziò ad incolpare la sua giovane età per quella reazione che a suo dire gli sembrava troppo esagerata, ma poi quando iniziò a lavorare capì che non era così. In quegli anni aveva visto uomini grandi e grossi buttarsi a terra disperati, donne piangere fino a perdere i sensi. Aveva sentito urla, singhiozzi, sussurri; aveva assistito a disperazione, dolore, impotenza. Perché era così che anche lui si era sentito. Impotente. Non poteva fare assolutamente niente, mentre qualcuno invece aveva potuto strappare via la vita ad una delle persone più importanti per lui.
Per questo poi la voglia di diventare dottore, per questo si era buttato nello studio, per questo aveva sempre evitato le relazioni sociali. Lorenzo non voleva più soffrire.
E se pensava al dolore gli veniva in mente Marta. Lei era il dolore. Riusciva a scorgerlo in ogni suo gesto, in ogni suo sorriso, in ogni parola che diceva e anche in quelle che voleva dire ma che non riusciva a pronunciare. Lo riusciva a percepire quando lo toccava, quando lo accarezzava, quando lo accoglieva dentro al suo corpo.
Non le aveva mai chiesto cosa l'avesse portata a fare quel lavoro, ma era sicuro che tutto quel dolore c'entrasse qualcosa.
Ed ecco che adesso si trovava a parlare con una coppia di mezza età, per dirgli che avrebbe fatto di tutto per salvare il loro bambino, ma che non poteva garantire niente. Si sentì quasi male per loro, per questo una volta dette quelle cose si congedò con un sorriso, cercando di ingoiare il nodo che gli si era formato in fondo alla gola.
Ci riuscì per poco, però, perché i ricordi di quel giorno gli tornarono in mente vividi e crudeli.

Lorenzo aveva diciassette anni, era un ragazzo spensierato, socievole e divertente. Amava le persone e le persone amavano lui. Viveva una vita perfetta, senza ripensamenti, senza rimorsi, senza pensieri.
Lorenzo aveva due costanti nella sua vita: la sua famiglia e Mattia.
Adorava i suoi genitori, suo fratello era quasi un idolo per lui e sua sorella era la luce dei suoi occhi. Ma Lorenzo viveva grazie a Mattia.  Era un rapporto strano il loro. Sapevano di esserci, ecco. potevano essere con milioni di altre persone, ma quando lo sguardo di uno incontrava lo sguardo dell'altro, loro si capivano. Le loro menti entravano in contatto e loro comunicavano.
Riuscivano a trovarsi anche nella confusione. In mezzo al casino più totale loro se si cercavano si trovavano.
Era capitato a volte, che Lorenzo avesse strane sensazioni o non si sentisse proprio bene: in quelle circostanze era sempre accaduto qualcosa a Mattia. E viceversa. Non erano due persone diverse, erano una sola persona. Nonostante le differenze fisiche, caratteriali e di gusti.
Molti li scambiavano anche per fidanzati, per due giovani innamorati omosessuali che vivevano il loro amore nell'ombra, ma a volte non erano così bravi a nasconderlo.
Sia Lorenzo che Mattia in verità erano attratti dalle ragazze, ma non avevano mai smentito quelle voci che circolavano. Ne ridevano insieme, a volte si dicevano "saremo proprio una bella coppia, ma mi stai troppo sul culo" e l'altro scoppiava a ridere "se veramente stavamo insieme sarei dovuto starti in culo." E poi ridevano di nuovo.
Successe che quel giorno Lorenzo si svegliò male. Psicologicamente, intendo. Non stava proprio bene. Si era alzato dal letto e aveva cominciato a pensare a cose brutte, mentre una sensazione strana gli attanagliava il petto.
Con il passare dei minuti e poi delle ore aveva iniziato a convincerci, cercava di ignorare la cosa ed andare avanti. Pensava a quella sera, quando finalmente avrebbe dimenticato tutto e sarebbe andato in un pub con Mattia. Pub che come sempre avrebbero scelto all'ultimo minuto.
Avevano una tecnica. Tenevano in camera di Lorenzo una cartina della loro città, su cui erano ben evidenziati i locali che preferivano. Chiudevano gli occhi e puntavano il dito. Una sera per uno. Il pub su cui finiva l'indice di uno dei ragazzi - o quello più vicino al luogo - era quello in cui sarebbero andati quella sera.
Lorenzo non vedeva l'ora, ma la strana sensazione ancora gli attanagliava lo stomaco.
Quel giorno aveva parlato poco con Mattia. Solo qualche breve messaggio per mettersi d'accordo sull'orario dell'incontro e il luogo. Un ci vediamo dopo, un ti aspetto.
Lorenzo ancora non sapeva che quel "ti aspetto" sarebbe durato tutta la vita.
Ad un certo punto del pomeriggio, il ragazzo sentì il petto squarciarsi. Ancora oggi sostiene di non aver mai provato sensazione più dolorosa.
Quindi, sentì il petto dividersi, strapparsi, lacerarsi. Sentì la testa scoppiare, il mondo girare.
In quello stesso momento, a Mattia  venne strappata la vita. Strappata dal suo corpo ma anche da quello di Lorenzo.

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