9) Verità nascoste

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- Ehi ragazzina è ora di andare. Devo prepararmi per la cena. -
- Non ti sembra scortese cacciarmi così? - sorrido in modo sensuale ma sembra non farci caso.
È insopportabile come ami il suo lavoro, ma è anche questo che mi piace di lui.
Così prendo e vado in palestra.
Quando esco fuori è completamente buio. Le stelle non si vedono. Non ho mai visto un cielo stellato prima d'ora. A Chicago è veramente difficile con tutto l'inquinamento luminoso che c'è. Però mi piacerebbe tanto vedere le stelle una sera.
Magari con Mason, in campagna, dopo un picnic serale, e possibilmente mentre facciamo l'amore.
Durante la cena mia madre mi chiede : - Claire mercoledì c'è la riunione dei dirigenti scolastici, potresti prestarmi quel bracciale che ti ha regalato zia Betty al compleanno? -
- Si certo. - Ma quando vado a prenderlo mi accorgo di averlo dimenticato a casa di Mason. Accidenti.
- Scusa l'ho prestato ad una mia amica, domani me lo faccio ridare. -
- Questa mi è nuova! Vabbe domani riportamelo allora. -
Decido di passare a casa di Mason il giorno dopo finita scuola. Dovrebbe essere in pausa a quell'ora.
* Din don * Nessuna risposta.
Provo a chiamarlo al cellulare. Niente. Che cavolo.
Però tiene sempre una copia della chiave sotto lo zerbino. So che dovrei almeno chiedergli se posso entrare. Ma non risponde.
L'appartamento è molto diverso senza luce e nessuno dentro. È triste, solitario, vuoto.
Trovo il bracciale sul comò della camera. Me lo metto al polso per non rischiare che scivoli dalla tasca. Ma una perlina si stacca e rotola via. Accendo la luce per poterla trovare e vedo che è andata a finire in una stanza che non avevo mai notato. Si trovava proprio dietro il prolungamento di un muro tra la camera ed il balcone che si affaccia sulla Magnificent Mile.
La curiosità mi pervade. Entro ma inciampo e cado storcendomi la caviglia. Al tatto sento fogli ovunque, sparsi sul pavimento. Mi alzo con fatica e cerco l'interruttore strisciando sul muro. Quando accendo la luce effettivamente vedo carte buttate un po ovunque ma provenienti tutte da un unico scatolone lì vicino. Le altre scatole sono tranquillamente lasciate al proprio posto.
Tutti documenti di lavoro : cause, denunce, tutte relative all'anno 1993, l'anno in cui aveva iniziato a praticare. Me lo immagino, un ragazzino già tutto d'un pezzo, che difende i giusti, contro le iniquità a cui erano sottomessi. Pensare a tali cose mi dona un misto di tenerezza e orgoglio verso quel meraviglioso uomo del quale il mio giudizio non era mai stato sbagliato. Le sue firme erano ovunque, si prendeva la responsabilità di ogni azione. Non conosco bene l'ambiente ma so che quando si tratta di responsabilità non tutti hanno le palle di prendersele.
- In questi documenti manca la sua firma. - esclamo osservando delle carte poste in primo piano. Però vedo che c'è scritto il suo cognome. Il nome è diverso, c'è scritto James.
Data 2002.
È la difesa dei diritti di eredità della giovane moglie di un uomo.
E quell'uomo era mio padre.
I miei occhi non focalizzano più niente. Sono fissi su quel pezzo di carta. Il padre di Mason aveva difeso me e mia madre quando mio padre era morto.
È una coincidenza, solo una coincidenza. Devo allontanarmi da questa strana situazione, strane idee iniziano a frullarmi in testa, con possibili stravolgimenti alla Beautiful.
La caviglia mi fa male e mentre cerco di rialzarmi poggio la mia mano su una busta plastificata. Una busta arancione datata 1997.
Dentro ci sono delle foto. Mason che va a pesca, Mason che monta una tenda da campeggio, Mason che accende un fuoco.
Mason e mio padre.
Abbracciati e sorridenti.

* Clack * si apre la serratura.
Panico.
Ora scoprirà che sono entrata senza permesso. Vabbe ricaccerò la storia del bracciale, penso, ed in fretta e furia mi rialzo pur con fatica, spengo la luce e faccio finta di uscire con nonchalance dalla camera da letto mentre mi lego il ciondolo al polso.
- Oh Gesù! Mi hai fatto prendere un colpo. Tu che ci fai qui? -
- Scusa ho provato ad avvisarti ma non rispondevi al telefono. Dovevo prendere questo perché serve a mia madre. - Non è infastidito.
- D'accordo ma la prossima volta lascia magari la luce del corridoio accesa, così capisco che qualcuno è in casa e non temo di ritrovarmi davanti qualcuno all'improvviso. -
- S-si scusa hai ragione. - Mi trema la voce. Devo dirglielo o devo fare finta di niente? Io voglio sapere perché conosceva mio padre e me lo ha tenuto nascosto.
Mi giro per prendere la borsa e mentre non me ne accorgo si avvicina accerchiando la mia vita con le sue braccia. - Hai qualcosa da fare oggi? - mi sussurra nell'orecchio. Poi mi bacia il collo - hai un ottimo profumo sai? Odori di cannella. - Ora la sua mano accarezza il mio fianco destro alzando la mia maglietta e infila l'altra mano nei miei pantaloncini di jeans raggiungendo le mie mutandine.
Devo respingerlo, e devo farlo ora. Mi giro di scatto per dire qualcosa ma mi bacia appassionatamente. Mi solleva e mi appoggia al tavolo della cucina. Qui mi sfila i pantaloni e la sua lingua inizia a giocherellare con il mio sesso.
Il suo è già duro.
Lo facciamo selvaggio. Rapido, sia davanti che di dietro, io stesa sul tavolo e lui in piedi allungato su di me, mentre sussurra parole sconce al mio orecchio.
Vengo 4 volte e sfinita mi addormento.
Quando riapro gli occhi sono nel letto e fuori il cielo è rossastro. È il tramonto.
È tutto silenzioso ma dalla cucina arriva la sua voce.
- Oggi quindi? Si devo un attimo liberarmi da un impegno. Si che posso. No questa volta non mi sfuggirai, dobbiamo parlare urgentemente. Di cosa mi chiedi? Innanzitutto di tua sorella. D'accordo allora ci vediamo tra un'ora.-

Con chi stava parlando? Una donna? Un uomo?
- Ragazzina ti riaccompagno a casa.- Entra velocemente nella stanza e dopo aver acceso la luce bruscamente prende i miei vestiti e me li butta addosso.
- È la seconda volta che mi cacci. Ok il lavoro ma se devi scoparmi per poi buttarmi fuori per andare da un'altra delle tue puttane non ci sto.-
Mi fissa con uno sguardo serio.
-Pensa quello che vuoi.-
-Me ne torno da sola a casa.-
-Con quella caviglia? -
Come ha fatto a notarlo?
Mi riaccompagna fino al vialetto e quando scendo mia madre esce di casa.
Mette in moto in due secondi e sfreccia via come se stesse scappando.
-Claire ho una cena, non torno tardi. Chi era quello?-
- Era il tipo che è stato qui quando sei stata all' ospedale. Mi sono storta la caviglia e mi ha voluto riaccompagnare.-
Intanto è entrata di fretta in auto e mi risponde distrattamente -Non fidarti delle persone a caso.-
- Ma mamma è un amico dello zio Bran.-
Ha messo in moto e dal finestrino mentre guarda se passa qualcuno ridendo dice - Ma cosa stai dicendo Claire? Zio Bran è morto sei anni fa.-

La vecchia discarica appena fuori dalla città era un posto tanto tetro di notte quanto di giorno.
-Buonasera Bran.
Devi spiegarmi un po di cose.-
- Scusami Mas se non ti ho detto di Linda.-
- Non mi hai detto di Linda?! Tu mi hai detto che era tua sorella ad aver bisogno di aiuto! Cosa sarebbe successo se mi avesse incontrato eh?-
-Come sta Claire? -
- Perché non vai a chiederglielo?-
- Sai benissimo che non posso farlo. Sai quello che ho fatto.-
- Ma lei ha bisogno di te! E io....-
- Tu cosa? Come mai tutto questo interesse? Te la fai con mia moglie?-
- Non è più tua moglie dal momento in cui sei morto. E secondo te mi scoperei l'ex moglie del mio migliore amico?-
- Bhe però ti scopi mia figlia.-
- Intanto le sono più vicino io di quanto tu non lo sia mai stato.-
Mi afferra per il colletto e mi sbatte sul muro.
-TU CHE CAZZO NE SAI DI COSA SIGNIFICHI ESSERE COSTRETTI A GUARDARE LA TUA FAMIGLIA DA LONTANO PERCHÉ PER IL MONDO SEI MORTO! -
Le lacrime iniziano a scendere sulle sue guance.
- Mi dispiace- gli dico per la prima volta in 19 anni - tu non meriti tutto questo.-
- Io no. Ma John Lyonell l'assassino si.
Ma io so bene quanto lui che le cose non sono andate esattamente così.

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