3) La prima mattina

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Morbido. Ecco la prima sensazione che provo quella mattina. Qualcosa di soffice contro il mio petto.

Sento un profumo di cannella, la cosa che amo di più. Cannella. Mia madre la metteva sempre nel cappuccino di mio padre. Diceva che la cannella porta fortuna nelle giornate di pioggia. Ma penso che la storia non valga durante i giorni di neve. Infatti nonostante quella mattina come sempre gli aveva dato la cannella, mio padre morì comunque. Slittò su una lastra di ghiaccio con la macchina durante una tormenta di neve e finì in un dirupo alto 40 metri. Da quel momento mia madre buttò la cannella, oltre che la sua vita, che continuò in una casa di cura bollata come "autolesionista" e "pericolosa".

Ma io continuo ad amare la cannella perchè in realtà sono sicuro che essa non c'entri nulla con tutta questa disgrazia della mia famiglia.

Qualcosa di morbido contro il mio petto, odore di cannella e una mano che mi sfiora dolcemente i ciuffi di capelli attorno ai miei occhi.

Poi un'altra mano mi sfiora il fianco e sento una voce che mi sussurra di svegliarmi.

Quando apro gli occhi mi ritrovo la donna più bella che abbia mai visto raggomitolata come il gattino che aveva un tempo mia zia Johanna sul mio fianco destro. Il suo seno meraviglioso contro il mio petto, i suoi splendidi occhi smeraldo che mi scrutavano e le sue mani soffici come zucchero filato che si intrecciavano attorno ai miei capelli come le spatole di un telaio con i loro fili.

-Buongiorno- dico cercando di fare finta di niente. Ma mi alzo al più presto per preparare la colazione. -A che ora hai la scuola?-

-La scuola? Ma cosa dici? Guarda che la scuola è cominciata due ore fa.-

Questa ragazza è matta. Vuole farmi passare non solo per un vecchio pervertito che si fa le ragazzine, ma anche per un tutore indegno che nuoce all'istruzione delle nuove generazioni.

Cerco di mantenere la calma   -Perchè non sei andata a scuola?-

-Non ho la macchina e tu dormivi.-

-E perchè non mi hai svegliato?-

-Perchè mi piaceva guardarti dormire.-

Si, è completamente matta. Non capisco se è una maniaca o mi sta prendendo per i fondelli.

-Ok ora ti accompagno a scuola e dico agli insegnanti che è stata colpa mia e..-

-No ti prego! Non voglio andarci! Per favore. Mia madre è in ospedale, lontana, non ho avuto più notizie. Non riuscirei a stare in mezzo ad una massa di gente falsa che non farebbe altro se non farmi finti auguri sperando così di alleviare il loro karma.-

-Non pensi di essere un po troppo piena di te ragazzina? Voglio dire, hai perfettamente ragione su questo, ma credi davvero di essere migliore degli altri?-

Pensavo di ricevere uno sguardo ricco d'astio, ma la sua fronte si abbassa verso il basso.

-Ehi....dai su stavo..stavo scherzando ok? Non volevo accusarti. Era solo per dire. Magari invece di pensare solo all'atteggiamento degli altri dovresti pensare anche al tuo di atte....-

Uno scatto di lei e mi ritrovo per terra prima di finire a dire la frase. E' una fottuta ragazzina ma non so come riesce a stendermi e legarmi le mani con un paio di manette che sembravano essere state prese dal baule personale di Jenna Jameson.

-Vuoi davvero vedere quanto sono migliore delle altre? Non importa quante donne tu abbia avuto, quante te ne sia portato a letto. Vuoi scommettere che riesco a batterle tutte?.-

Non riesco davvero a credere a quello che sta succedendo. Le mie mani sono legate attorno al piede del tavolo della cucina. Il pavimento in parquet lucido riflette l'immagine di quella piccola ragazzina non più alta di un metro e sessanta che con fare sensuale mi slaccia i pantaloni e cerca con la sua mano qualcosa che spero trovi in fretta.

Ma cosa sto dicendo?

Sto impazzendo anch'io. Non riesco a distogliere lo sguardo da quel volto così perfetto e così seducente. I suoi capelli mi sfiorano una parte della pancia scoperta dalla camicia sbottonata. Le sue labbra si posano sul mio ombelico mentre la sua mano destra scivola dentro i miei boxer.

Freddo. Ha la mano gelida e il mio membro pulsa sotto questa sensazione di freddo.

Emetto una specie di gemito  - Ti prego fermati! Non farlo. Sei troppo giovane. Non affrettare i tempi. Non con me! Ho vissuto troppo per te e tu troppo poco per me.-

Ma era davvero così? In 35 anni forse io avevo in realtà vissuto meno di quanto avesse fatto quella ragazza in 17 anni.

Però si ferma. Mi slega e si siede in ginocchio per terra mentre mi ricompongo.

-Tu mi odi non è vero?-   
 Ma che domanda sarebbe? -Ma no che non ti odio! Però non ti capisco. Siamo perfetti estranei, abbiamo una differenza di età enorme. Quando tu avevi 6 anni io ero già......-
Ero già cosa? Si un avvocato. Dunque? Non ero fidanzato, non avevo amici, una famiglia.

Ero già vuoto. E lo sono ancora.

-Io so chi sei Mason. Sei un avvocato in grado di piangere per una persona che non conosci. Un uomo che non riuscirebbe a lasciare una ragazza sola. Una persona con solidi ideali che gli impediscono di sfruttare una situazione a proprio piacimento. Oh andiamo! Non capita a tutti di essere abbordati da una ragazzina.-
Nel suo sorriso c'è qualcosa di più della malizia ora, c'è anche del conforto.
-Non preoccuparti, tutto quello che è successo rimarrà segreto. Ora vado a preparare la colazione.-

Mi stampa un bacio sulla guancia e inizia a sbattere le uova con una mestria che non avevo mai visto.

-Sono ottime! Ed anche il bacon! Potresti fare la cuoca sai?-

-No, non credo. Non è il mio sogno.-

-E qual'è il tuo sogno?-
Sento che in qualche modo esita a rispondere, così cerco di evitare il suo sguardo mentre penso a inghiottire un altro boccone.

-C'è una persona che mi piace.-

Il mio cuore fa un sussulto. Cosa cavolo ha? Non sono mica una quattordicenne che s'ingelosisce della sua fiamma che ha una cotta per un'altra! Come se mi importasse di chi frequenta questa ragazzina depravata.

-Beh allora dichiarati no? E' questo il tuo sogno? Metterti insieme a lui?-
-Oh no non punto così in alto. Vorrei solo che mi notasse. Che mi vedesse come una donna. Ma è troppo grande per notare una come me. Non accadrà mai.-
-Mai dire mai giusto?-

Era la frase di mia madre, ma penso di averla detta nel momento sbagliato. Accidenti. Ora le avrò inculcato qualche falsa speranza o roba simile.

Ma quando la guardo sul suo volto vedo dipinto il più bel sorriso che abbia mai visto. I lati della sua bocca si protendono verso i suoi occhi sfavillanti e lucidi per le lacrime. Nessuno potrebbe capire cosa io abbia provato di fronte a questa immagine.

Per la prima volta in 35 anni ho sentito il mio cuore battere così forte da rimbombarmi nella testa.

Le avrò anche dato una speranza vana, ma ne è valsa la pena.





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