Alle otto in punto ero pronto in salotto con una camicia bianca, un jeans nero strappato sulle ginocchia e le Converse nere, lo sguardo era fisso sull'orologio a muro di fronte a me e aspettavo con ansia.
La casa era riempita solo dal silenzio: Gemma era dalla sua amica Britney, mia madre era di nuovo a lavoro e sarebbe tornata alle quattro di mattina, per poi andare di nuovo a lavoro alle due. Quell'orario le consentiva di avere il venerdì libero e due giorni alla settimana in cui lavorava mezza giornata.
Il campanello squarciò il sottile velo di silenzio in cui mi ero avvolto, facendomi saltare il cuore in gola. Mi alzai di scatto dal divano e quasi corsi fino alla porta.
Quando la aprii un Louis con la maglia nera con qualche stemma a me sconosciuto, lo skinny nero e le Vans era in piedi fuori di essa con un sorriso sulle labbra.
"Ciao ricciolino mio." boccheggiai quando mi chiamò così, incapace di dire qualsiasi frase articolata. Cercai di calmare il nervosismo sospirando.
"Hey Lou," sorrisi dolcemente, "Vuoi entrare?"
"Oh, io non..." "Non c'è nessuno, non disturbi." lo interruppi, alzando gli occhi al cielo. Lui annuì piano, e fece qualche passo entrando in casa. Si guardò intorno, e osservò la cucina bordeaux, dello stesso colore dei tre divani in salotto messi a semicerchio attorno a un tavolino e di fronte ad una televisione.
"Ti piace?" mormorai dopo qualche secondo mettendomi accanto a lui, più che altro per avere una scusa per parlargli.
"È bellissima." commentò puntando i vibranti occhi blu nei miei, lasciandomi senza fiato.
"Grazie." sorrisi, e lui si avvicinò scoccandomi un bacio sulla punta del naso che mi fece arrossire fino alle orecchie.
"Vuoi bere qualcosa?" sussurrai col cuore in gola. Scosse la testa in negazione e sorrise senza coinvolgere i denti.
"Andiamo?" chiese esaltato, annuii.
Mi prese la mano e intrecciò le sue dita con le mie, aprimmo la porta e uscimmo.
"Quindi... andiamo da Gennaro's?" domandai e lui assentì.
"Ci andavo sempre quando ero piccolo con mio padre... Poi è morto, quando avevo sei anni, e ho continuato ad andarci con mia madre e le mie sorelline." mi spiegò e sorrise amaramente. Velocizzai l'andatura per adattarmi a quella di Louis.
"Oh, m-mi dispiace." sussurrai, svoltammo a destra.
"Non dispiacerti, piccolo." mi accarezzò il dorso della mano col pollice e camminammo fino alla pizzeria dove ci sedemmo ad un tavolo appartato.
Piccolo.
Mi aveva chiamato piccolo.
Si creò un clima familiare, divertente. Mi sembrò di conoscere Louis da una vita, tanto che parlavamo in armonia e ridevamo di fronte ad una pizza.
Facevamo battute, dicevamo stupidaggini e quasi mi dimenticai delle farfalle dello stomaco, ma lui s'impegnava a ricordarmelo sfiorando il suo ginocchio col mio; non ci badai molto, o almeno cercai di farlo. Non nego che con quel clima fu semplice rilassarmi.
"Senti questa, Haz!" ridacchiò, "Qual è il colmo per un astronauta? ... Avere gli occhi fuori dalle orbite!" e scoppiò in una risata isterica insieme a me.
L'unico suono più bello della sua risata erano le nostre insieme, e poi sembrava molto più piccolo quando rideva; era dolcissimo.
"Lou chi è il ministro dei trasporti cinese?" chiesi iniziando già a ridere, lui sorrise divertito.
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Bonfire Larry Stylinson
FanficTutto succede sotto le stelle dell'estate più bella e più calda, tutto succede con passione, confusione. Tutto succede, ed Harry non potrebbe esserne più felice. "Harry, Harry, Harry.", Louis pronunciava il mio nome piano piano piano, come fosse pro...