Il Potere della Febbre

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Io e Jake siamo stesi sul letto sotto le coperte con un termometro in bocca. A differenza nostra, Charlie è più sana che mai dopo il brutto scherzo giocato da Chloe, così è andata a prendere la medicina per me e Jake a Niagara Falls. Mentre lei non c'è Jake finge di dormire mentre mi chiude le braccia attorno alla vita. Sento il suo respiro caldo sul collo, e questa sensazione mi rilassa. Come lui d'altronde. Quando Charlie torna, ci toglie i termometri dalla bocca e vede che segnano tutti e due trentotto e mezzo. Poi, butta la scatoletta dell'antibiotico sul letto e ribadisce : "Prendete una pastiglia prima di andare a letto e non fate sesso, altrimenti domani avrete una febbre da cavallo e non riuscirete a muovervi."
"Okay. Grazie Charlie" rispondiamo io e Jake in coro svogliatamente. "Non c'è di che piccioncini!" risponde lei accennando un sorriso come fa la nostra prof di Fisica. Quando esce dalla nostra camera socchiudendo la porta, mi giro a destra, e vedo il viso di Jake che con fatica riesce a muoversi. Questa febbre ci sta distruggendo tantissimo, ma almeno siamo insieme. Sono felice di essere nelle sue braccia, anche se ogni volta che succede, ho delle voci nella testa che creano solamente pensieri vittimistici. "Ma perché Jake ha scelto me? Perché non è rimasto assieme a Balthazar o non si è trovato qualcun altro?" e nonostante io odio veramente tanto pensare a queste cose dato che fanno di me un ragazzo insicuro, sembrano controllare la mia salute come gli strateghi i baccelli di Capitol City. Infatti, incomincio a tremare moltissimo nonostante io abbia caldo. Jake, accorgendosene, mi accarezza il braccio sinistro e mi da qualche bacio sulla fronte. "Ora capiamo perché" dicono queste orribili voci. "Sono molto fragile, e questo lo ha capito. Se mi dovessi rompere senza la sua presenza farei cose di cui me ne pentirei moltissimo. Lui è il rimedio di ogni mia sofferenza. E lui sembra essere la perfetta morfina quando i dolori mi affliggono" rispondo io scansando tutte queste vocine malefiche. Ma la febbre non vuole saperne proprio di calmarsi neanche con la morfina di Jake. Lui addirittura fatica a scostare le coperte. Siamo entrambi troppo malati per andare al ristorante, così Charlie e Thomas hanno ordinato delle pizze da asporto al ristorante. L'attesa per quel poco da mangiare è immensa, e quando arrivano io e Jake siamo ancora bloccati a letto incapaci di alzarci. Io sono veramente messo malissimo, continuo a tossire e le gambe sono abbastanza deboli. Con fatica riesco a mettermi una tuta e una felpa e anche ad alzarmi, ma Jake è costretto a portarmi in braccio fino in salotto. Mentre sono in braccio a lui guardo quel ciuffetto ribelle cadergli sulla fronte sudata. Vorrei spostarglielo, ma non faccio nulla perché non voglio rovinare quell'aspetto da bullo tenero che ha in questo momento. Una volta giunti in cucina mi fa scendere dalle sue possenti braccia e si mette a sedere sulla sedia che ho davanti. Lui mi fa cenno di sedermi sulla sua gamba destra, ed una volta fatto, mi mette un braccio attorno alla spalla. Poi, incomincia ad accarezzarmi e a baciarmi la testa, e io non faccio altro che sorridere. Siamo stanchissimi e non vediamo l'ora di ritornare a letto, così tentiamo di mangiare velocemente quella pizza che abbiamo preso in due siccome non abbiamo molta fame. Al contrario però, la mangiamo lentamente mentre ci teniamo una mano. Secondo un saggio di Scarlett Rose Murray (*nome inventato), due innamorati devono avere un contatto quando sono vicini, altrimenti si rompono in mille pezzi e ci mettono un'eternità a ricomporsi nonostante tutte le crepe che li sovrastano. E a parer mio questo riassume in poche parole la relazione tra me e Jake. Una volta finito di mangiare, noto che il labbro di Jake è rimasto un po' sporco, così prendo un fazzoletto e lo pulisco. All'inizio si prende un colpo, ma poi mi da una carezza sulla guancia. Charlie ci obbliga ad andare a sdraiarci sul divanetto siccome siamo troppo malati per aiutarla a mettere apposto. Quando il tavolo è lindo e pulito, Charlie mette le carte sul tavolo e una bottiglia di acqua con dei bicchieri di plastica in corrispondenza del tappo. Non avevo mai notato questo lato di Charlie. Tutte le volte che stavo da lei per più di tre giorni, si ostinava a cucinare e a pulire da sola nonostante i miei aiuti supplicati, oggi invece, ha fatto tutto quanto con estrema agilità e velocità. Dopo che anche Charlie si sdraia sul divanetto esausta, chiude gli occhi e dopo cinque minuti ci chiede : "Ehi, vi va una partita a carte?" "Va bene." risponde Jake. "Jeffrey? Thomas?" ci chiede lui. "Ci stiamo" rispondiamo in un flebile coro. Thomas si alza per primo e va a sedersi accanto a Charlie per lasciare due posti vicini a me e a Jake. Noi due, infine, ci alziamo dal divano e ci andiamo a sedere al tavolo. Charlie sorride, e accenno anche io un sorriso. Ha capito che sono felice e non si deve preoccupare. Ha capito che Jake è una bravissima persona e che non mi farebbe mai stare male. Una volta aperta la discussione su cosa giocare, optiamo per 'Solo' dato che è l'unico gioco che riusciamo a fare per la nostra stanchezza cronica dovuta alla gita di oggi. Stranamente, tutte le partite le vince Charlie, facendo arrivare al secondo posto Thomas. Di solito è il contrario, ma forse è stata la caduta di Chloe nel lago a mettere buon umore quei due. Dopo che finiamo di giocare l'ultima, Charlie rompe il ghiaccio chiedendo timidamente : "Ehi Jake...ci parli un po' di te? Ti abbiamo visto sempre come il figo palestrato della scuola, ma del vero te non sappiamo proprio nulla." Aggiunge. Mi giro verso Jake e vedo che la sua pelle ambrata diventa rossa sulle guance. Imbarazzo. Timidezza. Le sue caratteristiche simili alle mie. Per calmarlo prendo la sua mano e gli faccio cenno di iniziare. Non deve aver nessun timore. Di me si fida. Di loro si fida. Non si deve preoccupare assolutamente di niente. Lo vedo chiudere gli occhi mentre dalla bocca echeggia qualche parola. Poi quando li riapre incomincia a parlare di sé. Come se aprissimo un vecchio libro senza avere alcuna paura di vedere cosa vi è dentro : "Vengo dalla Norvegia. Avevo incominciato a studiare architettura quando ero al nono grado. Mi ricordo ancora che il motto della mia insegnante era che la perfezione serviva assolutamente nel lavoro di architetto, e che se mancava anche solo di un millimetro tutto andava a catafascio, rompendosi in mille pezzi come un vetro finissimo. La odiavo. Per ogni esercizio sbagliato dovevo rifare la tavola due volte, perché secondo lei immagazzinavo nel cervello l'esercizio corretto e non avrei più commesso in futuro l'errore che avevo fatto precedentemente. Sarò stato sveglio ore e ore a rifare proiezioni ortogonali e assonometrie per quella stronza. Dato che abitavo a Øyer, che dista più o meno due ore e mezza dalla scuola che frequentavo, io e i miei due compagni di classe convivevamo ad Oslo, ma mi son dovuto trasferire qui a Ottawa perché ci avevano sfrattato." "Come mai quindi ti sei trasferito qui?" chiede Thomas. "Quando vivevamo in Norvegia ho conosciuto i genitori di Jeffrey siccome stavano facendo una ricerca stranissima sui trichechi, e mi avevano detto che dove vivevano loro, a Ottawa, c'era questa scuola d'arte che costava molto meno rispetto a quella che frequentavo prima. Mi avevano detto che offriva molti più corsi tra cui il ballo, siccome mi avevano visto ballare in strada durante una festicciola. Così, dopo una settimana circa, io e la mia famiglia ci siamo trasferiti qui in Canada, e devo dire che appena ho varcato la soglia della scuola non mi ero trovato proprio bene come speravo. Purtroppo ero preso in giro da una stronza che si chiamava Harmony Lloyd. Arrogante e presuntuosa. Fortunatamente era finita al carcere minorile siccome mi aveva pestato facendomi andare in ospedale d'urgenza. Poi però, dopo tanti altri casini, è andato tutto bene." risponde. Su queste ultime parole però, vedo che il suo viso si irrigidisce un po'. "Scusatemi ragazzi, sono molto stanco ora, vado a letto." dice lui. Io lo fisso mentre va in camera e poi sposto lo sguardo su Charlie e Thomas. "Và da lui forza!" mi ordina quest'ultimo. Io mi alzo velocemente e corro in camera. Chiudo la porta e vedo che si sta togliendo i pantaloni e la maglietta. "Jackie, va tutto bene?" gli chiedo. Quando sente la mia voce si gira, e vedo che il suo volto è rigato dalle lacrime. Mi butto sul letto e lo abbraccio. Lui mi bacia la testa ma continua a piangere. "Hey dimmi cos'hai. Sfogati con me." Gli dico per tranquillizzarlo. "Sono stati troppo invasivi?" gli chiedo io. "No, no." Dice lui azzardando un sorriso mentre singhiozza. "Allora dimmi che cos'hai." Lo imploro. Vedo che esita un attimo per soffocare quelle ultime lacrime rimaste per poi confessare tutto : "Prima quando vi ho parlato di Harmony Lloyd......all'ospedale c'era anche Niño, il mio primo ragazzo...era nigeriano, talentuoso nel ballo, dolce, con due occhi azzurri..." Lo guardo, e vedo che esita prima di rispondere. Poi ad un tratto si rimette a piangere. "No Jake, non piangere. Ascoltami. Te lo aveva fregato Harmony?" provo a incalzarlo io. "No...se n'è andato. Aveva un tumore alle ossa che neanche la chemio riusciva a distruggere. L'ho visto andarsene via da me. Ecco perché sono molto iperprotettivo nei tuoi confronti e ho paura di perderti capisci? Ecco perché stamattina ho subito cercato le tue labbra..." continua lui singhiozzando. "Perché mi ami più di ogni altra cosa al mondo e hai il terrore che me ne possa andare?" Concludo azzardando io. Lui, facendo di si con la testa, mi abbraccia e mi accarezza a se. Gli bacio le mani per rassicurarlo ma sento che non ha ancora smesso di piangere. Mi giro e gli asciugo le lacrime con i pollici. Lo fisso nei suoi occhi neri e gli dico : "Ora ci sono io. E non me ne vado. Ok?" "Ok." risponde lui a bassa voce. Prendiamo la medicina e decidiamo che è ora di dormire dopo la giornata pesante di oggi. Mi spoglio anche io e ci rimettiamo nella stessa posizione della scorsa notte. Una volta sdraiato sento le sue braccia che si avvolgono al mio torace e subito mi addormento come se mi avessero iniettato una dose pesante di sonniferi. La febbre ha questo potere di farti avere freddo nonostante tu sia al caldo, anche se il calore febbrile di Jake sembra placare ogni cosa.

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