LA CADUTA DELLA FOLGORE

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Iniziarono ad arrivare poco dopo le cinque del pomeriggio: i pochi fiorentini in circolazione poterono vedere una colonna di camion e blindati giungere a Porta Romana, e da lì avanzare nell'interno della città e attraversare i ponti sull'Arno. Su ciascuno dei mezzi si poteva vedere una bandiera italiana.

La Brigata Folgore era stata mobilitata il giorno prima, e i suoi reparti si erano radunati a Siena; il Ministero della Difesa aveva accolto con scetticismo il rapporto inviato dal questore di Firenze, e l'idea di una "invasione aliena" della città medicea gli era apparsa risibile. Nonostante questo, tuttavia, alla vista delle immagini della creatura uccisa dalla polizia, era stato deciso di non correre inutili rischi, e, in attesa di più accurate indagini, era stata preparata una forza di intervento per i casi di emergenza. Perciò, non appena la situazione di Firenze aveva iniziato a precipitare, i soldati con il basco amaranto si erano messi in marcia.

Dopo la strage in Piazza della Signoria si erano verificati, in pochissime ore, diversi altri fatti sanguinosi, ed esseri allucinanti erano comparsi in diversi luoghi della zona nord della città, mietendo ovunque numerose vittime. Il questore aveva immediatamente ordinato un coprifuoco, facendo in modo che la gente rimanesse in casa; il comandante della Folgore aveva assunto il controllo di Firenze, cominciando ad organizzare un'evacuazione di massa; il fatto che le creature non fossero comparse in nessuna zona a sud dell'Arno rendeva tutto più semplice: l'idea era di trasferire, il più in fretta possibile, tutta la popolazione nella parte meridionale della città, per poi procedere alla disinfestazione.

La Folgore, attraversate le vie pressoché vuote del centro storico, stabilì il proprio comando nella Fortezza da Basso, il che non era una scelta casuale: gli strani insetti erano apparsi molto pericolosi, e le poderose mura di quella vecchia roccaforte apparivano facilmente difendibili in qualsiasi situazione. Immediatamente ebbe inizio l'evacuazione: i soldati visitavano ogni casa, facendo salire le famiglie sui camion, che, scortati dai blindati Puma, portavano gli sfollati nel quartiere di San Frediano, dove era stato allestito un centro di raccolta, dal quale poi venivano inviati in tendopoli allestite poco fuori le mura e in tutti gli alberghi disponibili. Sorprendentemente, la cosa procedette senza intoppi: gli insetti parevano scomparsi all'improvviso, e per tutto il pomeriggio non ci fu alcuno scontro; alcuni soldati già iniziavano ad ironizzare sula situazione, ritenendo di esser stati mandati lì per le allucinazioni di qualche pazzo.

L'operazione fu fermata solo con l'oscurità: giacché tutto sembrava tranquillo, il Comando della Brigata Folgore aveva deciso di evitare il caos di un'evacuazione notturna. Buona parte dei soldati si ritirò nella Fortezza, mantenendo all'esterno solo alcune pattuglie. Tutto sembrava assolutamente tranquillo; ai numerosi fiorentini rimasti era stato ordinato di non lasciare la città da soli, e di aspettare la mattina seguente.

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Julian Grant camminava al fianco di Vasco Ceccherini, nella mezza oscurità del tramonto incipiente; si muovevano con circospezione, cercando di non farsi notare dalle pattuglie militari.

I due erano ancora assieme quando, nel primo pomeriggio, avevano sentito i primi spari, quelli provenienti da Piazza della Signoria. La guida, con un abile giro di telefonate, aveva presto saputo cosa stava accadendo e, nonostante la propria incredulità, aveva deciso di non abbandonare il suo giovane amico, il che aveva comportato lo spostarsi verso la zona apparentemente più a rischio.

L'americano, infatti, dimentico della lite di due giorni prima, si era convinto di due cose: la prima, di essersi seriamente innamorato di Serena, la seconda, di dover scoprire se questa stava bene; la visione dei mezzi militari e la notizia dell'evacuazione imminente non lo avevano minimamente smosso, e questo suo comportamento venne immediatamente supportato da Vasco, il quale non avrebbe mai lasciato una fanciulla in pericolo. Era stato proprio grazie alla scaltrezza del fiorentino se erano riusciti ad oltrepassare l'Arno senza dare nell'occhio, e se non si erano visti costretti a seguire gli altri sfollati. Il fatto di dover proseguire lentamente, tuttavia, aveva impedito loro di giungere a casa di Serena, in viale Calatafimi, prima che calasse la notte.

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