INCUBO
Il sabato sera all'Isolotto era un qualcosa di profondamente alienante: enormi palazzi moderni, più simili ad ospedali che a case, restavano occupati esclusivamente da persone che avevano passato i quarantacinque anni, mentre tutti gli altri si davano alla fuga: chi riparava sulle colline, alla ricerca di un clima più clemente, chi in centro, a mettersi in fila per inseguire l'ebbra turista di turno, e chi si gettava, spesso accompagnato dalla propria dolce metà, nei campi vicini a quei grandi e tristi quartieri della zona nord della città.
Erano quelle serate in cui l'evasione e il caldo facevano mettere da parte la cronaca, una cronaca nera che raccontava della scomparsa in massa degli animali randagi e di una ventina di misteriose sparizioni avvenute dalla fine della primavera ad allora. Quei decrepiti cinquantenni dell'Isolotto scorrevano sei canali televisivi ogni trenta secondi, e questo era il loro modo di misurare il tempo; le bibite gassate messe a raffreddare a temperature quasi polari avevano ormai rimpiazzato le Peroni gelate o il fiasco di vino rosso tenuto in ghiacciaia: la vita veniva ormai disegnata con forme di una nauseante banalità.
E forse fu proprio per questo motivo, dopo che ad un appartamento di via Martini fu demolita un'intera parete da un qualcosa di non identificato, che tutti si sentirono offesi da questa inattesa piega degli eventi di un sabato sera all'Isolotto. Il fatto che la Polizia avesse appurato che dei due anziani coniugi che occupavano quella casa non era rimasta traccia passò pressoché inosservato.
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"La Nazione" di un surriscaldato sabato mattina riportava a caratteri cubitali il titolo: "Proseguono le scomparse a Firenze". Julian Grant lo lesse distrattamente e gettò il quotidiano fuori dal letto; dal bagno proveniva un rumore di acqua che scorre: era Serena che si stava facendo una doccia.
- Cosa fai?- chiese il giovane dell'Iowa in un buffo italiano.
- Mi lavo i capelli... sai, ho fatto parecchio esercizio fisico!- rispose la ragazza scoppiando a ridere.
- Pensavo ti avessero rapita!- replicò Julian sarcastico.
L'acqua smise di scorrere e Serena si presentò fulmineamente sulla soglia della camera da letto, il corpo appena coperto da un asciugamano. - Non c'è niente da ridere! E' la mia città, e noi di mostri ne abbiamo già visti troppi!- e, detto ciò, afferrò i vestiti, indossò le scarpe da ginnastica e, con i capelli ancora bagnati, uscì dall'appartamento di via dell'Anguillara.
"Tasto dolente..." pensò il ragazzo, mettendosi entrambe le mani dietro la nuca sudata. Capì in quel momento che non era a casa propria, che l'Iowa era lontano, e con esso anche la mentalità americana, ormai abituata a scomparse misteriose e a eventi tragici. Da lui omicidi e serial killer non facevano molto scalpore, in Italia colpivano al cuore la massa della popolazione.. Inoltre, era la prima volta che lui e Serena avevano modo di litigare, e questo rendeva il tutto ancor più spiacevole.
Ma Julian, ricordandosi di una "lezione" di William, pensò che una donna che esce da una camera da letto senza neanche salutare non fosse poi una gran donna, e decise di mandarla a quel paese.
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Il Questore di Firenze Duccio Innocenti si versò l'ennesimo caffè della giornata, pur sapendo che non sarebbe servito a molto. In realtà era sfinito, e neanche cento litri di caffeina avrebbero potuto fargli passare il sonno. Lo confermò il prolungato sbadiglio che seguì la prima, lunga sorsata. Il cinquantenne Duccio, ormai, neppure si riconosceva quando si guardava allo specchio: sembrava invecchiato di quindici anni, e le borse sotto i suoi occhi iniziavano a farsi preoccupanti.

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Il giglio infranto
Science FictionCOLLINE DI FIRENZE, INVERNO: uno strano meteorite cade non lontano da Fiesole, lasciando uscire qualcosa che non sarebbe mai dovuto arrivare nel nostro mondo. ALCUNI MESI DOPO: Julian è un ragazzo americano, in vacanza studio in una delle più belle...