LA BATTAGLIA DI FIRENZE

5 1 0
                                    

Il parco delle Cascine era irriconoscibile: tende e padiglioni mimetici ovunque, uomini in uniforme che si muovevano frettolosamente in tutte le direzioni, ognuno adempiendo ai propri compiti. Gli americani avevano impiantato il loro Comando Avanzato non lontano da viale Rosselli, presso la vecchia Stazione Leopolda. Quest'ultima, con i suoi ampi spazi coperti e non, era utilizzata come parcheggio e officina meccanica per i mezzi: all'interno del suo perimetro trovavano spazio numerosi carri da combattimento M1 e mezzi per la fanteria Bradley. Un'ampia fetta di parco era stata rapidamente disboscata per lasciare posto ad un eliporto temporaneo, e un regolare traffico di elicotteri Black Hawk rendeva ancora più movimentata la situazione.

Il gruppo di comando della 170ª Brigata era riunito sotto la tenda adibita alle comunicazioni radio, e qui, su di un tavolo, era stesa una mappa della città; sulle zone già bonificate erano state poste delle bandierine verdi. Il maggiore Patterson, per sua natura, avrebbe preferito trovarsi alla testa del proprio battaglione, ma, in una situazione confusa come quella, tutti i comandanti di reparto erano troppo impegnati a coordinare per partecipare all'azione; era perciò costretto ad osservare alcuni attendenti che spostavano, sulla mappa, le pedine, simboleggianti le varie unità, come in una partita di scacchi, mentre il suo diretto superiore, colonnello McKagan, vice-comandante della brigata, che parlava alla radio con il generale Shelby, intento, in quello stesso momento, a organizzare la sistemazione del comando principale presso il Forte Belvedere.

- Signor Generale, le nostre forze hanno già raggiunto la zona di San Lorenzo ad est e, a nord, quella di viale Redi. Per ora, la resistenza è scarsa, quasi inesistente; abbiamo incontrato solo poche decine di creature, che sono state immediatamente eliminate... no, Signore, nessuna vittima fino ad ora, le nostre perdite si limitano ad una dozzina di feriti- il colonnello tacque per alcuni istanti, in attesa di una risposta - Sì, abbiamo già raggiunto la Fortezza da Basso; alcuni dei miei stanno già portando via i corpi degli italiani... no, sfortunatamente può dire al Ministro che non abbiamo trovato alcun superstite.

A Patterson quella situazione non andava a genio: per aver sterminato la Folgore in pochi minuti quegli esseri dovevano essere molto numerosi, e l'improvvisa scomparsa della gran parte di essi era, a suo avviso, incomprensibile e inquietante.

Il colonnello, frattanto, proseguì: - Sì, signore, continueremo con il piano: la richiamerò se ci saranno novità...- e chiuse la comunicazione.

Dopo aver fissato per qualche istante la cartina, McKagan si rivolse ai comandanti di reparto:- Liscio come l'olio! Direi che entro ventiquattro ore avremo già posto fine al problema, così questi mangiaspaghetti si calmeranno! Benedetti italiani! Cucinano bene, e sanno fare tante altre cose, ma per la guerra non sono proprio portati. Mi chiedo come abbiano fatto a mettere insieme un simile disastro contro queste tre formiche...

Ma a Patterson l'ottimismo del suo superiore apparve un po' eccessivo; qualcosa non gli tornava, anche se non avrebbe saputo dire quale piega negativa avrebbe potuto prendere la situazione. Stava comunque per accendersi uno dei suoi tanto amati sigari, quando il terreno gli mancò sotto i piedi: una sorta di scossa di terremoto sembrò sollevare il parco, accompagnata da un rombo come di un tuono; gli ufficiali si ritrovarono a terra senza neanche capire perché.

- Merda!- urlò il maggiore Rossister del Quarto Battaglione Corazzato. Prima ancora che potessero capire cosa stesse accadendo, un concerto di urla di terrore si levò fuori dalla tenda, accompagnato da raffiche di mitra e un misto di altri suoni incomprensibili. Sembrava essere scoppiato il finimondo.

Gli ufficiali si precipitarono all'esterno, e ciò che videro gelò loro il sangue; nel campo, era in atto una vera e propria carneficina: una voragine si era aperta nel terreno, non lontano dalla stazione, e da essa gli insetti uscivano a migliaia. Quelli simili ad enormi formiche erano intenti a massacrare i soldati, mentre altri, ancor più giganteschi e simili ad enormi scorpioni senza coda, stavano demolendo la stazione; alcuni si erano già spinti fino all'eliporto, e avevano distrutto due Black Hawk quasi fossero stati di cartapesta. Il panico si era già abbattuto su tutto il campo americano, e solo pochi uomini sembravano cercare di reagire a questa situazione; gli altri tentavano, senza grandi risultati, di mettersi in salvo.

Il giglio infrantoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora