•Capitolo XI

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Concluse le lezioni, la mia bionda amica si affretta a trascinarmi in un negozio che vende costumi da bagno, come se non aspettasse nient'altro da tutto il giorno. Ovviamente non ci mette molto a trovarne uno per sé; è color del tramonto, evidenzia il suo corpo senza risultare inappropriato e le accentua le gambe e il fondoschiena.

— Sto bene? Insomma, non sembro ridicola? — domanda ad un tratto, osservandosi allo specchio.

— Tu scherzi! — la riprendo; come può pensare una cosa del genere di sé? — Sei bellissima — sorrido.

— Bene, ora pensiamo a te: prova questo, e... e anche questo, sì! — mormora eccitata, mentre mi passa una decina di costumi. Me li provo tutti, ma nessuno riesce a soddisfarla pienamente, fino a quando non indosso l'ultimo. — Oh mio Dio! Questo, aggiudicato! Sei favolosa! — sorrido scuotendo la testa, che eccentrica. Nonostante ciò, non posso fare a meno di guardarmi allo specchio: è grazioso, di un azzurro intenso e particolare. Il modello mi lascia soddisfatta, devo ammettere che Alya in queste cose ha gusto. Sorrido e ritorno a cambiarmi per andare a pagare.

— Contanti o carta? — domanda una commessa annoiata, intenta a masticare il suo chewing-gum come se fosse la cosa più interessante a questo mondo.

— Posso pagare con questo? — domando, tirando fuori un diamante. Le pietre preziose sono l'unica forma di pagamento che abbiamo. La donna strabuzza gli occhi, sollevando le sopracciglia disegnate, spiazzata. — È autentico, se è questo a cui sta pensando.

— È uno scherzo, ragazzina? — sibila.

— Come potrei mai? — domando scioccata, sembrando ferita nel profondo. — Aspetti, forse ho qualcos'altro... — mormoro, trafficando nella tasca dei pantaloni. Bingo! Ho un po' di banconote stropicciate che, sinceramente, non so come siano finite qui. — Queste? — domando speranzosa, facendogliele vedere.

— Perfette... — sussurra avida di denaro; osservando le sue pupille dilatate, realizzo quanto gli umani – o almeno buona parte di loro — siano attaccati al denaro. È triste.

E ora? Non ho idea di dove sia la casa di Derek.

— Ab, hai qualcosa... dalla tasca — farfuglia Alya. Inarcando un sopracciglio, porto la mano alla tasca: un foglietto fuoriesce da esso e, spiegandolo, scopro che è una cartina. Proprio al centro è disegnata un'enorme X rossa, cerchiata ed evidenziata come se fossi troppo stupida per accorgermene. Ma quando me l'ha infilato in tasca? Non me ne sono nemmeno resa conto.

— Non faceva prima a dirmelo a voce? — domando retorica, studiando con attenzione ogni incrocio presente.

— Vallo a capire... — sussurra Alya. — Oh, guarda, noi siamo qui. — afferma, poggiando l'indice dalla parte opposta della cartina. Fantastico, a quanto pare dovremo attraversare mezza città per arrivare a casa di Derek.

— Quanto manca all'appuntamento?

— Venti minuti — mormora, chiudendo immediatamente gli occhi come spaventata dalla mia reazione.

— Cosa?! Merda! — Non arriveremo mai in tempo.

— Tuo padre poteva lasciarci un'auto!

— Tu potevi evitare di farmi provare tutti quei costumi!

— Ma... no! Ho sentito la loro chiamata, non potevo rifiutarmi! — Direi che dopo questa perla di saggezza abbiamo davvero toccato il fondo.

— Ma che cavolo vuol dire! — grido. — Senti, ora faremo una sola cosa: correre! — Le prendo la mano e la trascino come un sacco di patate lungo la strada. Fortunatamente abbiamo già indossato i costumi, quindi possiamo evitare una tappa a casa. Non ho la minima idea di dove stia andando, trascinare Alya con una mano e tenere la cartina con l'altra è impossibile, quindi percorro le vie cittadine affidandomi solo al mio sesto senso.

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