•Capitolo XXI

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— Ben svegliata, Principessa!

Sussulto e alzo il viso, con le palpebre ancora gravi di stanchezza. Di fronte a me scintillano due iridi celesti che mi fanno immediatamente sgranare gli occhi. — Mary? — farfuglio, con voce roca. — Che ci fai qui?

Lei ridacchia e si arrotola una ciocca di capelli lilla dietro l'orecchio. — È un vero onore stare qui con voi, Principessa! Vostra Maestà mi ha mandato qui per assicurarsi che il vostro ritorno fosse del tutto sicuro.

Sospiro e annuisco di fronte alla sua gioia incontenibile. Essere stata scelta da mio padre deve esserle sembrato un enorme privilegio. Cosa che m'interessa molto alle sette di mattina.

Vedo la testa di Alya fare capolino dallo stipite della porta. — Ehi Ab guarda che tuo padre... — S'interrompe quando osserva Mary già accanto a me. — Va beh, prepariamoci, dobbiamo andare a scuola.

Chiudo gli occhi e per un istante assaporo il silenzio nella mia mente. Quanto vorrei che questa quiete fosse reale! Le voci continuano a mischiarsi, confondendomi e disorientandomi. Alya, Thomas e Mary camminano poco dietro di me, immersi in un dialogo di cui ignoro l'argomento.

— Ab, tu che ne dici?

In realtà, adesso che ci penso, è strano che loro tre stiano dialogando pacificamente, visto che Mary non è mai andata a genio ad Alya, e viceversa. La prima – sostenuta un po' da tutti, a corte – trovava che fosse irrispettoso che una popolana come Alya non mi desse nemmeno del voi, e in senso lato la presenza della mia amica a palazzo.

L'arrivo di Alya, per quanto mi ricordi, visto che ero molto piccola, suscitò scalpore e disdegno: come aveva fatto una bambina di quattro anni, sola e indifesa, a entrare nelle grazie della famiglia reale senza muovere un dito? Molti pensavano a qualche piano diabolico, a quale mente manipolatrice ci fosse dietro tutto, e mentre io ridevo per la loro stoltezza, Alya piangeva per le umiliazioni subite. Soltanto qualche anno dopo la situazione si capovolse.

— Ehi! Ci sei? — Questa volta il richiamo di Alya è abbastanza forte da strapparmi dai miei pensieri.

— Ma va', è immersa nel mondo degli unicorni fatati — mi punzecchia Thomas. Vedo Mary stringere i denti come se per lei fosse una vera e propria sofferenza assistere a questo informale scambio di battute.

— Come? Cosa?

— Eh, buongiorno — mi canzona il mio amico. — Tutto bene?

— Sì, no... non lo so — farfuglio, mentre varchiamo il cancello di scuola. Sono così sovrappensiero che non mi accorgo fino all'ultimo momento di ricevere una spallata. Colta in contropiede, cado per terra.

Delle risatine si espandono poco di fronte a me. — Accidenti... scusa! — Alzo lo sguardo. Giselle... la vedo sghignazzare ancora quando mi dà le spalle, seguita da qualche altra ragazza. Si arrotola sull'indice un boccolo color caramello e io vorrei tanto che in questo momento prendesse fuoco. Mi mordo la lingua e mi rialzo da terra a tentoni.

— Ma come osi? — ringhia Mary, per poi rivolgersi a me: — State bene?

— Non ti preoccupare; per favore — continuo, — non mi dare del voi.

Lei alza il petto colma di orgoglio. — Scusate, ma non lo farò; nutro un profondo rispetto verso Vostra Altezza Reale, sarebbe irrispettoso darvi del tu.

Sospiro decidendo di lasciar perdere; spero solo che nessuno se ne accorga. Mi volto per dirigermi verso l'ingresso della scuola con un palese cipiglio sul viso: non sono nemmeno entrata in classe e la giornata sta già andando da schifo.

— Ti ha già dimenticata! — Giselle, poco dietro di me, mi urla queste parole a squarciagola e con la cattiveria che solo lei sembra possedere. — Non gliene importa più niente di te, non vedi come ti ha rimpiazzata?

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