•Capitolo XXXIV

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Dolore dolore e ancora dolore. Tutto ciò è estenuante.

Mi sveglio di soprassalto; c'è meno luce del solito e la mia vista è stranamente appannata, c'è qualcosa che non va.

— Alya! — urlo, massaggiandomi la testa; lei accorre preoccupata, mi guarda spaventata. — Sai che ore sono?

— Ma vaffanculo! — ringhia, liberando un sospiro di sollievo. —Esistono gli orologi, lo sai? — Alzo gli occhi al cielo. — Come siamo messi con la ragazza? — chiede ritornando calma.

— Ma, vedi tu... — sbuffo, alzandomi dal letto. — Tu le hai dato un calcio in faccia, io ormai sono fuori, trai le tue conclusioni.

— Cosa vuol dire che sei fuori? — domanda, nervosa. Io le racconto brevemente ciò che è successo. — Deficiente! L'abbiamo persa, cavolo! — Si sbatte un cuscino sul viso, mentre io sospiro sconsolata: è vero, non ho mai pensato alle possibili conseguenze del mio gesto e sono stata decisamente avventata. — Ora muoviti, andiamo a scuola, chiaro?!

— Agli ordini. — sbuffo, non riuscendo a trattenere il mio sopracciglio, che si inarca verso l'alto.

L'aria oggi è particolarmente frizzante, ma ciò non fa che aumentare il mio senso di inquietudine: è tutto troppo splendente, troppo raggiante e luminoso, e questo mi dà ai nervi. Dannazione! Perché oggi mi sento così diversa?

Osservando il cielo terso, mi accorgo come sia vuoto il mondo che mi circonda: l'aria fresca, pulita e nitida fa supporre che questa possa essere una normale giornata di primavera, ma in realtà è pieno inverno. Solo un'illusione.

Una fitta alla testa mi pervade.

— Mi stai ascoltando? — Un'Alya infastidita irrompe nei miei pensieri: tiene le mani sui fianchi e batte nervosamente un piede per terra.

— Ehm... no. Dicevi? — Non provo nemmeno a cercare una scusa, certa che mi avrebbe scoperto.

La stizza si dissolve improvvisamente sul suo volto, mi guarda spaventata. — Hai le labbra cerulee... e le tue mani stanno tremando...

— Cos... — Mi porto una mano di fronte al viso, ondeggia visibilmente. — va tutto bene! Sono solo un po' stanca, non ho dormito molto questa notte. Aumentiamo il passo? O arriveremo in ritardo, e non ho voglia di sorbirmi un'altra ramanzina dalla Mashall. — La prendo per mano e la trascino di peso di fronte all'entrata dell'edificio. Sembra visibilmente scossa, così cerco di intraprendere un nuovo argomento, ma non riesco a pensare a niente.

Solo sibili sconnessi nella mia mente.

C'è una connessione... ora la connessione è più forte...

— Basta, per favore basta... — sussurro, chiudendo gli occhi e prendendo un profondo respiro.

Non farlo, ti prego non farlo...

Quelle parole, espresse con così tanta malinconia, provocano in me un immediato malessere all'altezza del cuore.

— Non farlo! — urlo immediatamente, tremante. — Non puoi!

Gli studenti si voltano tutti verso di me, sconvolti.

— Ma che ha?

— L'ho sempre detto che è un po' strana...

Mi manca il fiato, appoggio le mani sulle mie orecchie e le premo disperatamente su di esse, mentre il dolore si sta espandendo inesorabilmente in me.

Credimi, per una volta è meglio che tu non ci sia.

— Vattene! Esci dalla mia testa! — singhiozzo, disperata. Alya mi guarda atterrita.

Due persone mi prendono per le braccia e iniziano a trascinarmi dentro la scuola, con studenti e professori che mi guardano tra il divertito e lo scocciato.

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