CAPITOLO 10: Scream.

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Ritornai a casa a piedi, non essendo riuscita a trovare Max.

A casa non c'era nessuno e così corsi in bagno.

Mi tolsi i vestiti e mi guardai allo specchio.

Andai di corsa in camera e continuai a fissare il mio riflesso e, senza notarlo, delle lacrime mi rigarono le guance.

<<Non potevo morire io? Avrei smesso di odiarmi e di farmi odiare; avrei smesso di vivere e tutto sarebbe stato perfetto.>> iniziai a parlare al mio riflesso, finché le lacrime divennero singhiozzi e mi accasciai vicino al letto.

Iniziai a colpire il muro; uno, due, tre, otto volte e ad ogni colpo perdevo sangue.

Iniziai ad urlare, urlare tutto quello che non sapevo di aver trattenuto, tutto quello che odiavo di me, tutto quello che avrei dovuto dire da tempo.

Le nocche continuarono a sanguinare e mi accorsi di essermi quasi rotta la mano.

Ma neanche questo mi bastava. Volevo sfogarmi, farmi del male per poi guardarmi e continuare a piangere.

Presi a pugni lo specchio finché non si ruppe, e con questo, anche le mie nocche.

Il sangue colava e io mi sentivo come una pazza.

Volevo di più, più sangue, più dolore esterno per non sentire quello interno.

Presi un coltello e iniziai a lasciare segni ovunque.

Quando mi sentì completamente bruciare, corsi in bagno e mi fiondai sotto la doccia.

I tagli ancora aperti mi procuravano dei dolori assurdi e le nocche ancor di più.

Uscì e mi avvolsi nell'accappatoio per poi fasciarmi le braccia e la mano destra, con le nocche che ormai chiedevano pietà.

Ritornai in camera e guardai l'orario sul telefono: le 3:50, quasi le 4.

Notai una chiamata persa e quasi mi rallegrai quando vidi il nome: Jonathan.

Lo richiamai e dopo vari squilli, rispose.

<<Vans, dove cazzo sei finita? Ti sto chiamando da giorni.>>

<<Jon, scusami, sai che non lo guardo mai il telefono.>>

<<Clara, hai pianto?>> mi conosceva fin troppo bene e a volte mi preoccupava questa cosa.

<<Jon..ho fatto una stronzata assurda.>>

<<Aspetta mezz'ora, solo mezz'ora.>>

<<Perché? Che succede tra mezz'ora?>>

<<Il tuo Jon manda a fanculo tutto e tutti e si trasferisce a Roma.>> un sorriso mi si stampò in viso.

<<Serio?>> non riuscivo a crederci.

Io e Jon siamo cresciuti praticamente insieme.

Stavamo sempre insieme e nulla ci divideva.

Uscivamo insieme, dormivamo insieme, mangiavamo insieme, era come vivere sotto lo stesso tetto.

E' stato l'unico a non andarsene, a restare, ad aiutarmi in questi attacchi di panico e riusciva a calmarmi.

<<Jon non scherza su queste cose, mia piccola.>>

<<Sto sul balcone, ti aspetto.>>

Sorrisi e attaccai dopo il suo "a tra poco, piccola."

Dopo 10 minuti sentì qualcuno salire le scale ed ebbi paura che fosse Max, ma quando vidi una figura alta e conoscente, gli saltai addosso e lo abbracciai.

Eccomi qua con un altro capitolo!
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Scusate se pubblico in ritardo, ma ho una connessione schifosa cwc
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Un abbraccio,

Ers.

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