Picnic ad Asgard

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Anno: 4001
Pianeta: Asgard
[Harry: 23 | Louis: 29]


Odiavo viaggiare da solo. Nonostante fossi una persona incline a non stringere amicizie o legami duraturi con le altre persone, ero comunque convinto che comunicare e stare a contatto con la gente fosse fondamentale. Mi piaceva condividere, ecco. Condividere esperienze, ricordi, conoscenze.

Era da due mesi, però, che mi ritrovavo a viaggiare senza alcun assistente, nella più completa solitudine. Cara, infatti, in una delle nostre avventure che seguirono la Biblioteca, aveva perso la memoria a causa di un brutto incidente e la sua famiglia mi proibì di vederla e di coinvolgerla ancora nei miei "assurdi viaggi spaziali" - come li avevano definiti loro.

Inutile dire che mi sentivo profondamente in colpa per quello che era successo alla ragazza, ma una delle regole fondamentali che un viaggiatore del tempo doveva sempre rispettare era "non ritornare sulla propria linea temporale per cambiare eventi passati della propria vita". Quindi, se anche anche avessi voluto, non avrei potuto impedire alla ragazza di essere coinvolta in quell'incidente. Ci sono infatti dei punti fissi nel tempo e nello spazio che non si possono cambiare e, evidentemente, dire addio a Cara era uno di quelli.

Non avevo nemmeno provato a reclutare altri assistenti coraggiosi e leali che mi accompagnassero nelle mie avventure, spaventato che qualcosa di brutto potesse accadere anche a loro. Tutti quelli che conoscevo facevano sempre una brutta fine, quindi forse era meglio che rimanessi solo.

Nel giorno del mio ventitreesimo compleanno decisi di lasciare al caso la mia destinazione, impostando il teletrasporto sulla modalità automatica: la località e il tempo che avrei raggiunto sarebbero stati un mistero fino a che non fossi arrivato. Fu così che mi ritrovai su un pianeta che non avevo mai visto prima, in un'epoca leggermente più moderna della mia. Il paesaggio era stupendo: il cielo aveva tre soli e due lune che rendevano l'atmosfera luminosa e brillante, alberi ed edifici moderni si intrecciavano tra di loro in armonia, arcobaleni spuntavano da uno stagno all'altro.

Era il posto ideale per trascorrere quella giornata così importante per me, peccato solo non avere nessuno con cui condividerla. 

Oltrepassai le mura di quella strana città e cominciai a passeggiare tra le vie popolate da dozzine di persone - o comunque esseri molto simili - quando tutto ad un tratto colpii per caso qualcuno.

"Oddio, scusa" dissi subito, voltandomi per assicurarmi di non aver causato danni.

Due occhi azzurri mi stavano fissando con malizia. Rimasi sconvolto, non poteva essere davvero lui.

"Guarda chi si vede" disse seducente il ragazzo di fronte a me.

Impietrito e incredulo, non lo degnai di una risposta. Erano passati sette mesi dalla sua 'morte' nella Biblioteca e, a meno che non fosse stata inventata una nuova tecnologia in grado di rendere reali i files virtuali, non poteva essere davvero Louis Tomlinson.

Lo guardai più attentamente. Era vestito da persona normale, questa volta: aveva un maglione grigio che gli stava largo, dei pantaloni neri decisamente attillati e uno zaino sulle spalle. Stava davvero bene con quegli abiti. Notai anche che sembrava avere un aspetto più giovanile rispetto alla volta precedente e così capii che non mi aveva mentito: il se stesso più giovane faceva davvero parte del mio futuro.

"Dolcezza, ti prego, contieniti. Sai che sono il primo ad amare le cose trasgressive, ma farlo davanti a decine di persone in una piazza non mi sembra proprio il caso" scherzò il ragazzo, notando che lo stavo squadrando da capo a piedi.

Oddio. Avevo capito bene?

Ritornai subito in me. "Come, scusa?" gli domandai sconvolto.

"Oh no, non dirmi che sei nella tua fase da santarellino! Non lo sopporterei!" esclamò scoppiando in una risata sonora.

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