La caduta della Bisanzio (pt.3)

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Dopo lo shock iniziale, cercai di non pensarci più - magari avevo sentito male e invece di prigione aveva detto... bè, non importava - e così io, l'ufficiale Calder e un soldato, che poi scoprii chiamarsi Ben, ci incamminammo per uno dei due corridoi, mentre l'altro gruppo formato da Lynda, Louis e tre ulteriori militari fu incaricato di ispezionare quello parallelo al nostro.

La giornata si stava rivelando pericolosa - non tanto per la mia incolumità fisica, ma più che altro per quella mentale. Avevo scoperto, nell'arco di pochi minuti, che il professor Tomlinson non solo era sposato con Eleanor, ma era anche stato in carcere. Stavo letteralmente impazzendo: quante cose mi aveva nascosto sulla sua vita nei nostri primi due incontri? L'avevo salutato ad Asgard con la sensazione nuova di sentirmi bene e al sicuro in sua compagnia e non avrei mai e poi mai pensato che potesse addirittura essere un pregiudicato. Avevo fatto l'errore di fidarmi solo perché aveva dimostrato di conoscermi bene, quando in realtà io non sapevo niente di lui. Che sciocco.

Ogni mio pensiero fu interrotto non appena arrivammo alla stanza dei comandi della nave. Eravamo stati fortunati: ogni schermo era ancora perfettamente funzionante e potevamo vedere sia il soldato rimasto a controllare l'Angelo Piangente, sia l'altro gruppo vagare ancora tra le stanze di quel relitto immenso. Lynda e Louis stanno bene, constatai un po' rassicurato e tirando un sospiro di sollievo.

«Ottimo. E ora cosa facciamo, Dottor Styles? Come combattiamo quegli esseri?» mi chiese seria l'ufficiale Calder.

«Prima dobbiamo scoprire come mai si trovano su questa nave e il motivo per cui nessuno se ne era reso conto» risposi sempre tenendo lo sguardo fisso su uno degli schermi che mostrava i due miei amici. Sembravano sempre più a loro agio insieme e cercai in ogni modo possibile di reprimere quell'accenno di gelosia che spuntava ogni qualvolta che interagivano.

«Oh, ma quello lo sappiamo già» mi rimbeccò Eleanor, portandomi al presente. «La nave spaziale Bisanzio è nota per trasportare reperti antichi da un pianeta all'altro. Evidentemente questo carico prevedeva il commercio di statue e tra queste si sono insinuati gli Angeli Piangenti, mimetizzandosi e aspettando il momento giusto per attaccare e trasportare indietro nel tempo le persone presenti. Immagino saranno stati affamati di energia temporale per provocare tutto questo» concluse come se fosse stata la cosa più ovvia del mondo.

Annuii e provai a concentrarmi per trovare una soluzione che escludesse l'esplosione della nave come modo per distruggere gli Angeli. Per quanto crudele potesse essere quella specie, infatti, uccidere era assolutamente fuori discussione e chi viaggiava con me lo sapeva benissimo.

«Okay, quindi siamo in mezzo ad un esercito di statue, mentre noi siamo addirittura divisi in due gruppi. Che idea geniale, a volte mi vergogno per quanto posso essere stupido.»

«La smetta di auto-commiserarsi e dia un'occhiata qua: il soldato che abbiamo lasciato di guardia all'Angelo è sparito e nel monitor non vedo nemmeno la statua» mi fece notare la ragazza, impassibile come sempre.

«Allora significa solo una cosa: siamo in trappola» le dissi, il cuore a mille.

«Ben! Sigilla la porta da cui siamo arrivati e vai di guardia all'altra uscita. Informami se vedi o senti qualcosa di sospetto» ordinò decisa all'unico soldato che ci aveva accompagnati. «E se ci raggiungono?» si rivolse poi a me.

«Toglierei il se

«Okay, e quando ci raggiungeranno che succederà?» riprovò scocciata.

«Ci ho già pensato, tranquilla.»

«E...?» quasi urlò, tanto era spazientita.

«E non avremo via di scampo: saremo intrappolati in un'altra epoca per tutta la vita. Visto? Ci ho pensato» cercai di sdrammatizzare, ma non funzionò perché mi fulminò letteralmente con lo sguardo.

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