La Biblioteca (pt.3)

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C'era qualcosa nel dottor Tomlinson che mi infastidiva e allo stesso tempo mi affascinava. Era un mistero ed era nella mia natura amare e voler risolvere ogni tipo di situazione non propriamente chiara. E, ci avrei giurato, sarei riuscito a risolvere il mistero di nome Louis Tomlinson.

Ritornai al presente, focalizzandomi sulla situazione attuale: non avevamo teletrasporti funzionanti in quanto la Biblioteca, per qualche strano motivo, ce li aveva bloccati, erano morte due persone per mezzo delle ombre, che si erano poi rivelate essere minuscole creature che si cibavano di organismi viventi, ed eravamo tutti in pericolo, se non scappavamo via il prima possibile. Si stava praticamente rivelando essere una missione suicida.

Persi del tutto il controllo, entrando nel panico. Mi presi la testa fra le mani e cercai di cacciare indietro le lacrime che stavano cercando di uscire prepotentemente. Non volevo che gli altri mi vedessero crollare, nessuno mi aveva mai visto in quello stato.

L'archeologo si avvicinò ulteriormente a me, appoggiando la sua mano delicata sulla mia spalla. "Ascoltami, sei arrabbiato e intimorito e lo capisco, davvero. Ma ora come ora devi cercare di essere meno emotivo, dolcezza. Dobbiamo rimanere tutti lucidi se vogliamo uscire da questo posto vivi."

"Meno emotivo?" quasi gli urlai contro.

Sbuffò e mi guardò con esasperazione. "Sì. Ci sono ancora tre persone vive in questa stanza, concentrati su questo. Santo cielo, è così difficile lavorare con te da giovane!"

Sospirai e contai mentalmente fino a dieci per evitare di rispondergli male, una lite era decisamente poco conveniente e quindi da evitare, in quella situazione.

"Non fai altro che trattarmi come un amico, ma non hai ancora capito che io non mi fido di te, Tomlinson. Per niente" gli dissi prima di voltarmi per raggiungere Cara che era rimasta in un angolino ad osservarci in silenzio.

Mi sentii afferrare il braccio e mi girai di nuovo verso di lui, piuttosto infastidito.

"Styles, ascolta: un giorno sarò qualcuno di cui ti fiderai completamente, ma non posso aspettare che tu lo scopra, per cui te lo proverò."

Si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò una parola, una semplice parola che nessuno, nell'interno universo, poteva conoscere a parte me.

"Harry."

Si allontanò e mi guardò dispiaciuto, spostandomi gentilmente un ricciolo ribelle che era caduto davanti ai miei occhi.

Ero sotto shock. Come diavolo poteva sapere il mio nome? Avevo promesso a me stesso che non l'avrei mai detto a nessuno e in nessun caso, a meno che io non avessi, in futuro, deciso di...

No. No, no e poi no. Non poteva essere. Mi rifiutai di valutare quella opzione, non se ne parlava proprio.

"Siamo a posto, adesso?" mi chiese l'archeologo, dubbioso.

Non risposi, ancora spaventato da quell'uomo sconosciuto che sembrava sapere ogni singola cosa di me.

"Dottor Styles, siamo a posto?" calcò di proposito sul mio cognome, rifacendomi la stessa domanda di qualche secondo prima.

"S-sì. Siamo a posto" sussurrai piano.

"Bene."

Detto questo, assunse un'espressione glaciale e prese il controllo della situazione.

"Cara, tu e Styles andate avanti e cercate una via d'uscita o qualsiasi cosa che ci porti lontano da queste creature. Più luce c'è e meglio è: vedremo con maggiore facilità ombre strane. Io chiederò all'interfaccia come diavolo hanno fatto a raggiungere questo posto."

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