La nuova scuola

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Fino a quel momento erano passati venti minuti, ed erano diretti alla sua nuova scuola, che Sayuri sperava fosse il più vicina possibile. Perchè? Beh, la cosa era facile da intuire...

POV. SAYURI.
"Allora? Chi le ha detto chi, o meglio cosa siamo, signorina Kazemasa?"

Ma allora proprio non capiva! Era da quando avevano ammesso di essere dei vampiri che continuava a domandarmelo. Ma come potevo rispondergli se non lo sapevo nemmeno io? In fondo, il fantasma che mi aveva fatto intuire qualcosa all'inizio non lo avevo nemmeno visto in faccia. Ma d'altronde, se anche avessi detto ai Sakamaki e a Yui (che era lì per lo stesso motivo, come avevo inizialmente ipotizzato) che a dirmelo era stato un fantasma mi avrebbero dato della pazza, oppure non mi avrebbero semplicemente creduto e mi avrebbero reputata una bugiarda. Ah, a volte la vita ti mette davanti due o più scelte, ma una sarà sempre "uccidi tutti" e un'altra sarà "buttati in mare".

"Vi ho già detto che non conosco il suo nome. Credere alle mie parole sta a voi. Io vi sto dicendo la verità fin da quando ci conosciamo."

"Allora, ce la descriva. Se è vero che non la conosce saprà almeno descriverci questa misteriosa persona."

E ora cosa rispondevo? Quello stupido fantasma poteva anche farsi vedere. Tanto loro non sapevano nemmeno quello che vedevo ogni santo giorno fin da quando ero bambina. Non potevano nemmeno immaginarlo. Dovevo inventarmi qualcosa... e magari alla svelta, o sarebbe sembrato sospetto...

"Ero persa per i fatti miei. Non stavo osservando gli altri passanti, e quando mi ha sussurrato quella frase e io mi sono voltata era già sparita. L'unica cosa di cui sono certa è che la sua voce era sicuramente femminile. Non posso dirvi di più, mi spiace."

Beh, sempre meglio di niente. E a quanto pare ci avevano creduto tutti. Tutti a parte Reiji. Evidentemente le mie parole non erano state del tutto convincenti con lui. Cercai di assumere un'aria il più sincera e dispiaciuta possibile, sperando che cedesse e per il momento accantonasse la questione. Evidentemente qualcuno dall'alto ascoltava le mie preghiere senza farsi pregare troppo. Reiji tirò un lungo sospiro e sollevò il capo.

"Va bene. Per il momento lasciamo stare. Ne riparleremo un altro giorno, con più tranquillità. Ecco, siamo arrivati."

L'edificio era molto grande, in stile vittoriano. I muri erano color crema, e sia fuori che dentro brillavano molte lampadine, accese per ospitare le lezioni del corso serale. Gli studenti si stavano già radunando nell'atrio quando entrammo tutti insieme. Al nostro ingresso tutti si girarono verso il nostro gruppo. I ragazzi guardavano alternativamente me e Yui (venendo poi immediatamente fulminati con lo sguardo da Ayato, che le cingeva la vita con il braccio, possessivo e geloso), mentre le ragazze guardavano un po' tutti i fratelli Sakamaki con la bava alla bocca. Ovviamente dal mio ingresso con loro le altre ragazze mi guardarono con malcelata invidia e curiosità, facendosi chissà quali strane idee su di me. Eppure a loro non sembrava importare minimamente di essere al centro dell'attenzione di tutti. Camminavano senza curarsi degli sguardi altrui, ignorandoli totalmente. Ad un certo punto si divisero: Ayato, Kanato e Yui andarono da una parte, Raito e Subaru da un'altra, Shu era già entrato in classe lungo la strada, sicchè rimanevamo ancora io e Reiji. Ah, se solo sapessero...

"Ah, Sayuri, se ti chiedono perchè sei arrivata insieme a noi, di che i nostri genitori sono vecchi amici, e che tuo padre è partito per lavoro lasciandoti da noi, è tutto chiaro?"

Wow, che efficienza. O questa era una storiella già collaudata, oppure Reiji aveva visto gli sguardi delle altre ragazze. Almeno la parte che era rivolta a me. Io di sicuro l'avevo notata. In questa scuola non c'erano spiriti, ne maligni ne normali, che potessero disturbare le lezioni. Nella scuola che frequentavo prima una ragazza di nome Chiharu Mikaze, poco prima che arrivassi io, era morta cadendo dalle scale, scivolando e rompendosi il collo. La sua anima non aveva voluto andarsene, restando confinata dentro la scuola a lamentarsi e a spiare tutti gli altri studenti, credendo ovviamente di non esser vista ne sentita da nessuno. Beh, a parte me, è ovvio. Un giorno, stufa dei suoi commenti sul mio ciuffo, chiesi all'insegnante di andare al bagno, e lei, non contenta di avermi già disturbato abbastanza, mi seguì anche lì. Colsi così l'occasione per intimarle di smetterla. Dire che era scioccata sarebbe un eufemismo. Sta di fatto che, a conti fatti, ogni tanto parlavo un po' con lei, le chiedevo cose che riguardavano la morte. E lei rispondeva alle mie domande, seppure in maniera brusca e scorbutica. Fu da lei che imparai molto di ciò che so sulla morte. Ora, molte di quelle nozioni si stavano dimostrando molto efficaci.

Mentre ripensavo a Chiharu, Reiji si fermò di fronte ad una classe, e si girò verso di me.

"Questa è la tua aula,  e anche la mia. Le lezioni cominciano alle 18.45. Visto che arriverai insieme a noi non dovresti essere in ritardo, a meno che tu non vada a scorrazzare in giro. Dato che non mi piace vivere con degli scansafatiche ritardatari vedi di non comportarti come tale. Sono stato chiaro?"

"Trasparente. Prometto di non arrivare in ritardo a meno che non mi senta bene. In quel caso potrai trovarmi in bagno o in infermeria."

Reiji mi osservava con lo sguardo da predatore. Non voleva mica mordermi a scuola, vero? Insomma, avevano comunque un'immagine pubblica da difendere, e di certo lui era quello che più di tutti temeva le conseguenze del fare gesti troppo avventati.

"Si, mi hanno informato della tua salute cagionevole. Almeno non sei anemica, il che per noi è un bene. Più tardi oggi vieni nel mio studio, voglio controllarti di persona. Magari riuscirò a creare una medicina per aiutarti."

Accidenti... Sapeva pure fare il medico? Ma quante cose sapeva?

"Ehm... Reiji?"
"Si?"
"Posso sapere quanti anni hai?"
"Ne ho 17, perchè?"
"Oh niente, mi chiedevo solo se per caso, con tutto quello che conosci no ti fossi già laureato un paio, forse tre volte."

Reiji spalancò gli occhi, visibilmente stupito. Fu solo un istante, però. L'istante dopo sul suo viso aveva un'espressione seria e un sorriso compiaciuto in volto. Sembrava quasi soddisfatto di sé.

'Mi dispiace deluderti, ma non sono laureato. Ho studiato molto quando ero piccolo, da solo. Studiando un po' di tutto ho imparato un po' di tutto. Quindi ora sono avvantaggiato sotto molti aspetti, tutto qui."

Detto questo mi lasciò lì sulla porta ed entrò in classe. Un bambino che studia medicina?! Ma chi è quello, per aver studiato tanto da bambino? Ma soprattutto, perchè?

Obbligo di perfezioneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora